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Ranza e sciura

Ranza e sciura

Una ricetta di Giorgione

Per l’impasto: 500 g di semola rimacinata di grano duro, 12 g di lievito di birra, sale, acqua. per il ripieno: 150 g di salsiccia con i semi di finocchio, 150 g di salsiccia con il pepe, 1 cipolla, 1 pezzetto di Vastedda del Belice, 1 pezzetto di pecorino, vino bianco, sale, olio extravergine di oliva.

Ranza e sciura, ossia cruschello e fiore della farina che insieme venivano adoperati per realizzare un lievitato da forno strepitoso tipico di Chiusa Sclafani, ereditato dagli Arabi che durante la loro dominazione lasciarono qui questa ricetta. Oggi la ranza e sciura si prepara impastando la semola con il lievito di birra, il sale (avendo l’accortezza di evitare il contatto con il lievito) e l’acqua, fino a ottenere un impasto morbido e liscio che deve riposare e poi viene steso, condito, arrotolato e risteso. La ricetta tradizionale prevede l’uso delle sarde salate che noi sostituiamo con della salsiccia. Quindi, dopo aver preparato il nostro impasto e messo a lievitare, procediamo alla preparazione del ripieno. In una padella versiamo un goccino d’olio e sbricioliamo i due diversi tipi di salsiccia privati del budello; lasciamo sfrigolare. Puliamo la cipolla, la affettiamo in senso verticale e la facciamo andare in un’altra padella sul fuoco solo con un goccino di vino. A questo punto prendiamo l’impasto, lo stendiamo grossolanamente con le mani e ci sistemiamo sopra i pezzettini di salsiccia, la cipolla ammalvita e un bel giro d’olio; poi lo arrotoliamo su se stesso come a voler realizzare un salsicciotto, ungiamo una teglia da forno con un po’ d’olio, sistemiamo dentro l’impasto condito, e dopo qualche minuto di lievitazione lo spianiamo di nuovo con le mani e inforniamo a 250°C per una ventina di minuti. Una volta cotta, dorata e croccante, prendiamo la nostra ranza e sciura, la adagiamo su un piatto e grattugiamo sopra della Vastedda del Belice e un nonnulla di pecorino. Aggiungiamo un “giringiro” di olio a crudo e facciamo un test. “È completamente diversa dall’originale, ma è buona! Buon appetito!”.

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