La notizia del calo dei consumi degli alcolici è all’ordine del giorno e il mondo gli spirits non è immune da questa ondata. Eppure, tra un sorso di single malt tibetano e i sentori intensamente torbati e salmastri della distilleria Ardbeg, l’affluenza di persone e l’ampia forbice di età media che osserviamo sembrano raccontare il contrario. Almeno per il Whisky. Per Andrea Fofi, l’ideatore del festival, «mantiene il suo status di re dei distillati a tutti gli effetti perché, a parte alcuni prodotti “da battaglia” nella grande distribuzione, cadi sempre bene».
Arrivati alla 13esima edizione, il Roma Whisky Festival non accenna a fermarsi, anzi, secondo Fofi, il Whisky traina anche le nuove generazioni. «Negli anni abbiamo costruito uno zoccolo duro di grandi appassionati e abbiamo portato nuove persone ad approcciarsi a questo distillato. Ci sono tanti giovani che si avvicinano al Whisky, tanti ragazzi e ragazze che partecipano ai corsi di formazione, oltre che a questo evento».
Come è cambiato il festival in 13 edizioni?
Siamo partiti con il nome “Spirit of Scotland”, che poteva far pensare al solo il whisky scozzese. Con il passare delle edizioni ci siamo allargati e ci siamo approcciati a un trend che sta conquistando diverse aree che si posizionando sul mercato come Giappone, Cina, Israele, Cipro, e tanti italiani. Negli anni siamo cresciuti, e ci siamo tarati sul fatto che ci sono influenze da tutto il mondo.
In questo momento come sta il mercato del Whisky?
É un mercato che sta vivendo una forte offerta, ma una piccola restrizione della domanda. In Scozia continuano a nascere nuove distillerie, con warehouse pieni di whisky giovani che necessitano di anni invecchiamento, ma la domanda è più bassa. Il mondo degli spirits sta attraversando una fase di difficoltà, nel whisky in particolare, vale sopratutto per il segmento medio, più che il premium o la fascia bassa.
Rispetto ad altri distillati sta meglio o peggio?
Nel settore della miscelazione, nel bar, nell’hotellerie è in una fase di crescita, mentre un filo meno per quanto riguarda il consumatore finale diretto. L’appassionato poi è più orientato verso le collezioni, in quanto il segmento delle aste ha subito degli abbassamento prezzi.
Pensi che si tratta di un fase permanente?
Si tratta di un calo gestibile e ciclico come accade per tutte le cose. Penso che tra un po’ si tornerà, non dico alla normalità, ma quasi.
Come vedono i distillati le nuove generazioni?
Sono più attratte dagli spirits che dal vino. Penso perché sono di più facile approccio. Negli spirits c’è tanta offerta e nella miscelazione ti permette di sperimentare facendo si che l’approccio sia più semplice.
C’è stata un affluenza di giovani anche qui al festival?
Si, da un po’ di anni sia al festival il target del visitatore è sceso di età, ma aldilà del festival c’è un interesse di persone più giovani che se devono scegliere tra un distillato scelgono il whisky rispetto agli altri.
Di recente Gaja ha fatto una distinzione tra alcol da fermentazione e quello dei distillati. Che ne pensi?
Non ho avuto modo di leggere di questa cosa. Bere un vino è certamente diverso da bere un distillato a 45 gradi. Io però faccio un discorso -al whisky festival, al mio locale e al Roma Bar Show- di bere responsabile. Che vuol dire essere in grado di capire quanto puoi permetterti di bere e fino a che punto. L’uso continuo di assunzione di alcol non fa bene, che sia vino o distillato, tutto dipende da come lo si fa, a prescindere dalla gradazione alcolica.
Qualche novità per la prossima edizione?
Sono un po di anni che vorrei cambiare qualcosa. Come cambiare location per andare in una nuova zona di Roma. O studiare qualcosa che dia al festival un qualcosa di più che vada aldilà della semplice esperienza degustativa.
Sto pensando a un Whisky Festival 2 o 3.0, qualcosa che sia ancora più coinvolgente per il pubblico che viene. Mantenendo però l’atmosfera di un festival e non un trade show come è il Roma Bar show. Un momento di aggregazione per stare insieme e bersi un dram di whisky. Ci sto lavorando su.
E per quanto riguarda il Bar Show?
Questa è un’ edizione importante perché vede l’ingresso nel capitale Roma Bar Show dell’organizzazione Fiere di Parma che per noi sarà per i prossimi anni un partner industriale strategico per la crescita della manifestazione sopratutto in termini di b2b.
L’apporto di Fiere di Parma è la partecipazione di oltre 50 buyer internazionali da tutto il mondo che inviteremo per fare attività di b2b con le aziende. Oltre a questo, sicuro al 99,9, sarà l’ultimo anno al palazzo dei congressi. Il prossimo anno cambieremo location. Sto lavorando su due possibili alternative, ma per ora non posso dare la certezza di una o l’altra.
Come mai questo cambio?
Negli ultimi anni ci siamo sentiti un po’ “stretti”, vogliamo ingrandire l’evento e accontentare aziende che vogliono fare attività che in quella location non riusciamo a consentirgli di fare.
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