Bruno Vespa ci riprova. Da Manduria, in occasione dei festeggiamenti per i dieci anni dell’azienda Vespa-Vignaioli per passione, torna a parlare di vino e salute, dopo che le sue dichiarazioni al Gambero Rosso («Il vino fa male alla salute? Questa è una stupidaggine assoluta») avevano suscitato non poco scalpore. Il dibattitto pugliese, all’interno della masseria Li Reni, ha lasciato la parola ad un team di esperti, tra cui il nutrizionista Giorgio Calabrese (presidente del Comitato nazionale Sicurezza alimentare) e il cardiochirurgo Massimo Massetti (direttore cardiochirurgia al Policlinico Gemelli), oltre che il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella e il giornalista Michele Mirabella, storico conduttore della trasmissione di salute Elisir.
Se il messaggio finale è la difesa del comparto, le parole d’ordine restano comunque moderazione e responsabilità. «C’è una sola maniera per bere il vino. Si chiama moderazione», è stato il monito di Mirabella. «Per prima cosa – ha aggiunto Calabrese all’Agi – va precisato che il vino non è una bevanda, è un alimento liquido che nutre e che contiene degli antiossidanti che ci permettono di proteggere le nostre cellule, le nostre membrane, di non farle invecchiare. Inoltre, come ogni alimento ha dei minimi e dei massimi: due bicchieri per un maschio, uno per una donna». Capitolo a parte meritano i minorenni: bisogna avere il «fegato già adatto a poterlo metabolizzare. Non parliamo quindi di ragazzini, ma di adulti che, dai 18 anni ai 100 anni, lo possono bere, ma mai a digiuno».
cardiologo Massimo Massetti
Degli effetti sul cuore ha parlato il cardiologo Massetti: «Un consumo moderato di vino fa bene alla salute cardiovascolare – ha ribadito anche al Tgr Puglia a margine dell’incontro in masseria – favorisce la lotta all’ipertensione, dilatando i vasi sanguigni e riducendo il colesterolo». Che, a sua volta, è tra le cause di infarto e ictus. Massetti ha anche parlato degli aspetti non biologici, ma relazionali e del benessere complessivo legato al consumo di vino, ricordando che «le malattie cardiovascolari si sviluppano con maggiore frequenza nelle persone che vivono condizioni di difficoltà sociali e relazionali».
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