
Produzione, superfici, consumi, scambi commerciali. Da qui al 2035, c’è il segno meno per il vino europeo su tutte le voci. E questo accadrà in un contesto generale in cui ognuna di quelle voci provocherà effetti negativi sull’altra. Il quadro che emerge dall’outlook di medio termine, reso noto dalla Dg Agri dell’Unione europea, è molto complicato e aggravato dalle incognite della crisi climatica, che influirà pesantemente su vino e agricoltura nel prossimo decennio. I primi segnali erano già emersi nel report di breve termine (pubblicato la scorsa primavera) che per elaborare le proiezioni si basa, come anche quello di medio termine, sull’analisi di una serie di variabili macroeconomiche, climatiche, commerciali. E, naturalmente, a patto che il quadro politico-internazionale resti invariato.
Si parte dai consumi. Una maggiore attenzione della popolazione europea alla dimensione salutistica (spinta anche da campagne di sensibilizzazione come quelle molto recenti dell’Oms e della stessa Ue) e alle calorie assunte con gli alimenti, assieme all’affermarsi di nuove occasioni di consumo, soprattutto dei più giovani, determinerà molto probabilmente un proseguimento nel calo della domanda nel comparto vino nei prossimi anni. I consumi, secondo le proiezioni della Dg Agri, dovrebbero diminuire sensibilmente, ad esempio, in Paesi più maturi come Francia e Germania al contrario di altri nell’Ue dove il vino non è una tradizione: Repubblica Ceca, Svezia, Polonia. La crescente popolarità di vini più freschi e di facile beva (inclusi gli spumanti) ma anche dei drink a base vino potrà bilanciare solo in parte l’impatto del calo dei vini rossi. I vini no-low alcol cresceranno ma si stima con volumi che resteranno piccoli. Nei numeri, il consumo di vino in Europa dovrebbe scendere dell’1% all’anno tra 2024 e 2025, fino a 19,8 litri pro capite, rispetto a una media 2020-2024 di 22,3 litri. Nel complesso si passerebbe da 100,3 a 88 milioni di ettolitri consumati. Va detto, inoltre, che nel decennio 2014-24, il ritmo di decrescita è stato comunque maggiore: -1,8 per cento annuo. Per quanto riguarda, infine, i quantitativi di vino destinati ad altri usi (ad esempio per la distillazione) dovrebbero rimanere stabili intorno a 30 milioni di ettolitri.
alcol – giovani e consumi – foto Freepik
Attualmente, il 66% dei volumi di vino in Ue è destinato al consumo mentre il 20% viene esportato, secondo le medie calcolate dall’Ue tra 2020 e 2024. Il nuovo scenario da qui al 2035 porterà probabilmente le imprese vinicole a produrre meno vino in Ue per un -0,7% annuo, fino a quota 140 milioni di ettolitri, rispetto ai circa 151 milioni attuali. E questo al netto delle incognite meteorologiche e climatiche. Tale trend dovrebbe determinare, a sua volta, una diminuzione delle superfici vitate: dagli attuali 3,2 ai 3 milioni di ettari, con una flessione annua di circa 0,7 per cento entro il 2035.
Rovato (Bs) Franciacorta, vendemmia
Dopo un decennio in progressione (+0,6% annuo tra 2014 e 2024), le proiezioni per l’export di vino europeo sono stimate in flessione dell’1,2% annuo, dagli attuali 30,5 a quota 27 milioni di ettolitri entro il 2035. La Dg Agri, nel suo report, ricorda come dopo il crollo durante il periodo Covid, l’export di vino europeo abbia subito un forte rimbalzo nel 2021 e 2022, ma anche come le nuove tendenze dei consumi e l’eccesso di giacenze in alcuni dei grandi mercati clienti (come gli Stati Uniti), abbiano determinato un calo dei volumi scambiati, che si prevede continueranno a scendere. Sul fronte import, infine, la disponibilità ampia di vino nell’Ue determinerà un calo entro il 2035, per una percentuale annua del 2,7 per cento.
Guardando all’agricoltura nel complesso, l’Europa continuerà ad essere un esportatore netto di prodotti agroalimentari, contribuendo alla sicurezza alimentare globale, sarà autosufficiente per diverse materie prime (grano, orzo, carne, latticini, olio d’oliva e vino), ma resterà un importatore netto di mais e semi oleosi. Le incertezze future sono legate a fattori ambientali, con una crescita delle produttività agricola messa alla prova dalle pressioni del cambiamento climatico e dagli impatti sulle risorse naturali chiave, in particolare acqua e suolo, che limitano la crescita delle rese e provocano lo spostamento delle zone agroclimatiche verso nord, con sensibili contraccolpi sui metodi usati per coltivare.
<<<< Questo articolo è stato pubblicato su Trebicchieri, il settimanale economico di Gambero Rosso.
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