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"I vini no alcol stanno conquistando anche i consumatori italiani". Cantine Riunite scommette sul mercato interno

La manager della cooperativa emiliana, Francesca Benini, spiega come sta cambiando l'approccio anche nel Belpaese: "Il segmento dealcolati è stata la vera sorpresa del 2024"

  • 13 Febbraio, 2025

Se lo dice una delle più importanti cantine cooperative italiane allora bisogna crederci: il consumatore italiano si sta interessando ai vini dealcolati. Il punto di vista di Cantine Riunite & Civ sembra contrastare con lo sguardo degli analisti su un mercato italiano considerato tradizionalista nell’approccio al vino, ma evidentemente i cambiamenti sono più rapidi di quanto ci si possa attendere. Come spiega a Tre Bicchieri la direttrice sales and marketing, Francesca Benini, nell’anno appena trascorso, da un prodotto creato appositamente per l’estero (dove i mercati più maturi sono già in piena evoluzione) sono inaspettatamente arrivate grandi soddisfazioni sul fronte interno. Nel 2024, infatti, la società emiliana – che ha tra i suoi vini di punta il Lambrusco, il Pignoletto e il Prosecco – ha notato il superamento di un certo scetticismo verso tale categoria di vini. E, in questo 2025, gli obiettivi restano il consolidamento dei ricavi (280 milioni di euro quelli del bilancio chiuso a luglio 2024, che salgono a 700 con la controllata Gruppo italiano vini) e il proseguimento nell’innovazione di prodotto, con l’occhio attento proprio al segmento no-low alcol, su cui anche altri grandi brand nazionali stanno iniziando credere, come emerso nel sondaggio che il Tre Bicchieri ha pubblicato lo scorso 30 gennaio.

Come vi posizionate nel segmento dei vini no-low?

Abbiamo un posizionamento ben definito. La proposta è stata sviluppata in linea con l’identità dell’azienda, con due referenze che interpretano questa nuova tendenza. “Riunite Zero” è un rosso frizzante profumato e conviviale, che mantiene l’anima festosa del Lambrusco emiliano, mentre “Maschio Zero” è uno spumante bianco elegante e fruttato, perfetto per accompagnare i momenti più vivaci e conviviali.

Con quale strategia di mercato? 

La nostra scelta nasce da una ricerca specifica per i mercati esteri, dove la domanda di prodotti senza alcol è in forte crescita, e i risultati hanno confermato le aspettative. La risposta è stata molto positiva, con una performance che ha superato le previsioni in diversi Paesi.

E l’Italia?

La vera sorpresa è stata l’apertura del mercato italiano, inizialmente più scettico, che sta invece mostrando un interesse crescente per questa tipologia di prodotto.

Cosa è cambiato dal vostro punto di vista?

In Italia, l’approccio a questi vini è stato inizialmente più cauto, ma il 2024 ha segnato un cambio di passo. I consumatori si stanno aprendo a questa nuova modalità di consumo.

Un 2025 decisivo, quindi, in un senso o nell’altro?

Il 2025 sarà un anno chiave per comprendere il reale potenziale del segmento nel mercato domestico. La nostra cooperativa continuerà a investire in questa direzione, monitorando attentamente l’evoluzione della domanda e affinando l’offerta per rispondere in modo sempre più preciso alle nuove esigenze.

Guardando alla categoria nel suo complesso, che prospettive intravedete?

Le prospettive per la categoria no-low alcol sono decisamente interessanti, con dinamiche di mercato differenti tra l’Italia e l’estero. Nei mercati internazionali, la tendenza è già ben consolidata e il segmento sta registrando tassi di crescita significativi, soprattutto negli Stati Uniti e nel Nord Europa, dove l’attenzione verso prodotti a basso contenuto alcolico è in costante aumento.

Il no-low alcol può cannibalizzare il vino tradizionale o parliamo di consumatori diversi?

Si tratta di un fenomeno che non va letto in termini di sostituzione, ma piuttosto di ampliamento delle occasioni di consumo. Il no-low alcol risponde a esigenze differenti rispetto al vino tradizionale e intercetta nuovi target di consumatori, spesso più giovani, attenti a uno stile di vita equilibrato o semplicemente alla ricerca di alternative per situazioni in cui il vino classico potrebbe risultare meno adatto. L’introduzione di questi prodotti non ha l’obiettivo di sottrarre spazio al vino tradizionale, ma piuttosto di affiancarlo, offrendo una possibilità in più per momenti di consumo differenti. In questo senso, rappresenta un’opportunità per allargare il pubblico e fidelizzare nuove fasce di consumatori.

Il decreto nazionale del Masaf esclude Dop e Igp dalla dealcolazione. Giusto o sbagliato?

La questione è complessa. Da un lato, l’esclusione dei vini a denominazione dalla normativa sul no-low alcol garantisce la tutela dell’identità e del valore delle Dop e Igp, proteggendo le caratteristiche tradizionali che le contraddistinguono. Dall’altro, questa scelta limita le possibilità di innovazione per i produttori che operano all’interno di queste certificazioni e che potrebbero voler sperimentare nuove declinazioni dei loro vini.

Ci sarà spazio, a suo avviso, per una modifica delle regole?

Il dibattito è aperto e sarà fondamentale monitorare l’evoluzione della normativa e il confronto tra istituzioni e produttori, per trovare un equilibrio che possa valorizzare al meglio l’intero comparto, senza penalizzare chi vuole innovare nel rispetto della qualità e della tradizione.

Veniamo al mercato. Che strategie state adottando in questo 2025?

Il 2025 si è aperto in un contesto caratterizzato ancora da incertezza e da rapidi cambiamenti nei trend di consumo. Questo ci porta ad adottare un approccio prudente, ma senza rinunciare agli investimenti e alla spinta innovativa. La qualità e la capacità di interpretare le nuove esigenze dei consumatori saranno gli elementi strategici su cui puntare, con una particolare attenzione ai progetti dal forte impatto innovativo e alle collaborazioni di rilievo.

Con quali focus specifici?

Un focus importante sarà dedicato alle nuove generazioni di consumatori, con un’offerta sempre più mirata alle loro esigenze. L’innovazione di prodotto proseguirà con il consolidamento della categoria no-low alcol, che sta dimostrando di avere un grande potenziale anche in Italia, oltre che nei mercati esteri dove ha già registrato ottimi risultati. Continueranno, in parallelo, gli investimenti in comunicazione, per rafforzare la presenza dei brand nei diversi canali di vendita.

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La più autorevole guida del settore dell’enologia italiana giunge quest’anno alla sua 37sima edizione. Vini d’Italia è il risultato del lavoro di uno straordinario gruppo di degustatori, oltre sessanta, che hanno percorso il Paese in lungo e in largo per selezionare solo i migliori: oltre 25.000 vini recensiti prodotti da 2647 cantine. Indirizzi e contatti, ma anche dimensioni aziendali (ettari vitati e bottiglie prodotte), tipo di viticoltura (convenzionale, biologica, e biodinamica o naturale), informazioni per visitare e acquistare direttamente in azienda, sono solo alcune delle indicazioni che s’intrecciano con le storie dei territori, dei vini, degli stili e dei vignaioli. Ogni etichetta è corredata dall’indicazione del prezzo medio in enoteca, delle fasce di prezzo, e da un giudizio qualitativo che si basa sull’ormai famoso sistema iconografico del Gambero Rosso: da uno fino agli ambiti Tre Bicchieri, simbolo di eccellenza della produzione enologica. che quest’anno sono 498.

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