Il marchio Rinaldi, protagonista di questa puntata, è fin dagli anni del dopoguerra un punto di riferimento del Barolo tradizionale: una piccola produzione di alto profilo di una famiglia la cui storia è simile a quella dei Conterno e dei Mascarello. Il capostipite, Battista Rinaldi, era uno dei contadini che coltivavano i vigneti dei marchesi Falletti di Barolo prima di vinificare per conto proprio e di fondare nel 1890 l’azienda di famiglia.
Azienda che oggi è guidata da Marta, laureata enologa, formatasi alla scuola di Alba ma soprattutto a quella del padre, il mitico Beppe Rinaldi. I vigneti di proprietà hanno un’estensione di poco superiore ai dieci ettari: quelli da cui ricava il Barolo sono in tre cru, oggi ufficialmente riconosciuti con menzioni geografiche aggiuntive: Brunate, Cannubi San Lorenzo e Ravera. Due i Barolo attualmente prodotti: il Brunate e il Tre Tine, che hanno sostituito rispettivamente il Brunate Le Coste e il Cannubi San Lorenzo Ravera da quando è stato proibito di esporre in etichetta il nome di più di un vigneto.
Complessivamente, i prezzi che essi hanno ottenuto alle aste hanno subito una contrazione, rispetto al 2022, che sfiora il 12%. Ribasso che non stupisce, visto che ha colpito pressoché tutti i grandi rossi. Quel che colpisce però è che il calo, per i Barolo Rinaldi, è avvenuto alle aste di quest’anno: con le quotazioni del 2023, i 23 Barolo per i quali è possibile il duplice confronto (in tabella sono 16) non erano affatto in discesa, anzi avevano avuto un aumento del 7,83 per cento.
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