Tante volte invocato, il Tavolo del vino si è finalmente riunito per un confronto tra le principali sigle di settore e il sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali Gian Marco Centinaio. L’obiettivo? Discutere delle principali misure a favore del vino da adottare per superare la crisi legata alla pandemia: sbagliare destinazione sarebbe un vero boomerang. Ne è venuta fuori una netta convergenza sulla necessità di risollevare il settore e dare liquidità alle imprese che hanno sofferto della chiusura del canale Horeca, attingendo al fondo filiere, così come sul bisogno di spingere sulla promozione. Ma rimangono alcune divergenze, soprattutto sul tema distillazione.
Dal canto suo, Centinaio ha esplicitato che, in attesa di poter rilanciare con nuovi progetti (anche legati all’enoturismo e alla sostenibilità), per il momento si concentrerà sulla risoluzione dei problemi contingenti e con interventi che riguardano tre macrosettori: “aiuti alle imprese, promozione in Italia e all’estero, semplificazione e sburocratizzazione. Quanto prima” ha concluso “conto di aggiornare questo tavolo su misure e progetti. È il momento di tirarsi su le maniche e lavorare per dare al settore delle risposte nel più breve tempo possibile”.
Al centro del confronto c’è la destinazione del fondo filiere agricole in crisi di 300 milioni di euro inserito nel dl Sostegni. Nessun dubbio per Unione Italiana Vini, secondo cui le risorse dovrebbero essere destinate al rafforzamento del contributo a fondo perduto, all’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali anche per il 2021, allo stoccaggio (passando da 10 milioni a 20 milioni di euro) e alla sospensione dei pagamenti delle imposte e del versamento dell’iva sui crediti commerciali incagliati. A proposito di questo ultimo punto, infatti, l’associazione ha calcolato che i crediti delle cantine non incassati dal canale Horeca ammonterebbero nell’ultimo anno a 500 milioni di euro, di cui il 10% inesigibile, in quanto ascrivibile a esercizi che non apriranno più a seguito della pandemia. Come a dire, se affonda la ristorazione, affonda anche il vino.
Lo sa bene anche Federvini che nel suo intervento ha ribadito che “il settore del vino ha bisogno di vedere ripartire in sicurezza il canale Horeca e in generale il settore dell’ospitalità. Sono i nostri primi alleati” ha detto il presidente Sandro Boscaini “sono un canale importantissimo per i consumi di vino: non c’è una ricetta magica da proporre ma occorre agire con urgenza sia sul fronte finanziario per delle energiche iniezioni di liquidità, sia sul fronte fiscale per alleggerire tutte le situazioni critiche in particolare sul fronte dei crediti”.
Se su legame vino-ristorazione e sulla necessità di liquidità sono tutti d’accordo, rimane una diversità di vedute sul tema distillazione. Per Alleanza Cooperative, infatti, le priorità presentate al Tavolo vino, oltre allo stoccaggio, (con dotazione finanziaria più adeguata rispetto a quelle dello scorso anno), è una distillazione di crisi, che coinvolga solo i vini Dop e Igp e che sia praticata con prezzi congrui, al fine di poter esaudire un maggior numero di richieste.
“Bisogna puntare su interventi quali lo stoccaggio e la distillazione volontaria di crisi per dare risposte immediate al comparto” è il parere del presidente Copagri Franco Verrascina “quest’ultimo strumento, però, che non senza qualche difficoltà ha da poco iniziato a essere applicato a macchia di leopardo sull’intero territorio nazionale, va reso più agevole dal punto di vista normativo e va al contempo attualizzato, andando in particolare a individuare un prezzo adeguato al mercato che non vada a ledere la redditività delle imprese”.
Stessa posizione per Assoenologi che propone di adottare lo strumento della distillazione volontaria di crisi, dedicata esclusivamente ai vini Doc e Igt. “Dall’analisi sulle giacenze di vino” ha spiegato il presidente Riccardo Cotarella “si evidenzia un aumento che in alcune regioni, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, arriva a toccare anche il 10-11%. La distillazione volontaria è, quindi, dettata anche dalla necessità di prepararsi per l’imminente raccolto 2021 e per far fronte alla mancanza del canale di distribuzione Horeca”. Possibilista Federdoc: “Di fronte a una malattia che non conosciamo non so quale sia la misura giusta” ha detto il presidente Riccardo Ricci Curbastro “ma probabilmente un cocktail è preferibile. Fuor di perifrasi, tutte le misure – distillazione compresa – possono essere utili, tenendo però presente che le risorse sono limitate”.
Di tutt’altro avviso Unione Italiana Vini: “Il settore deve ripartire da liquidità e promozione” ha detto forte e chiaro il presidente Abbona “mentre pensiamo che la distillazione non sia adatta a questo particolare momento”. I motivi sono presto spiegati: da una parte un quadro delle giacenze che mostra sì, un aumento delle scorte dei vini del 3,6% rispetto allo stesso periodo del 2020, ma che apparirebbe in linea con l’incremento produttivo della vendemmia 2020 rispetto all’annata 2019. C’è, inoltre, da considerare un possibile calo produttivo come conseguenza delle gelate delle scorse settimane. E ultimo punto, ma non meno importante, la riapertura delle ristorazione sia in Italia, sia all’estero che potrebbe avere interessanti risvolti per la ripresa del settore.
Sulla stessa lunghezza d’onda Federvini: “Viste le premesse” spiega Boscaini “Non possiamo immaginare che la distillazione sia una delle misure prioritarie. Ma sgombriamo il campo da ogni equivoco: se in alcuni ambiti e per alcune situazioni specifiche a livello di Do e di Ig, quella è la soluzione che i produttori chiedono, incontrerà anche il nostro sostegno. Tuttavia, non può essere una richiesta generalizzata per le Do e le Igt italiane a livello nazionale, altrimenti ancora una volta attentiamo al valore delle nostre produzioni”.
Rilancia Fivi: “Non riteniamo che la distillazione sia una soluzione da prendere in considerazione” sono le parole della presidente Matilde Poggi “per il vignaiolo indipendente sono preferibili le misure dello stoccaggio anche dei vini imbottigliati, e la misura della riduzione volontaria delle rese” (questa al momento non è prevista per il 2021; ndr).
Tra i temi che mettono tutti d’accordo c’è, infine, quello della promozione: servono più fondi e più flessibilità per cogliere il rimbalzo dei consumi che arriverà dai mercati che hanno già riaperto, come ricorda Cia: “Bisogna lavorare su misure più strutturali, ampliando e integrando le varie forme di promozione, come l’Ocm vino previsto dalla Pac. Bisogna intercettare la ripresa dei consumi, che potrebbe arrivare prima su alcuni mercati internazionali come gli Usa, e investire sull’export con sostegni alla commercializzazione e promozione all’estero”.
La flessibilità dovrà riguardare sia i tempi, sia l’ampliamento dei mercati di destinazione, sia i mezzi con particolare attenzione a quelli informatici. Unione Italiana Vini, inoltre, torna a chiedere un aumento dei fondi, da 100 a 150 milioni in un momento in cui molti mercati sono in piena ripartenza, e si intravedono nuovi spazi di azione. Alleanza Cooperative insiste sulla “possibilità di aprire anche a misure, nell’ambito dell’Ocm promozione, rivolte al mercato europeo, almeno in questa fase così difficile”. Senza dimenticare: “la necessità di realizzare una campagna di promozione di tipo istituzionale del vino italiano, al fine di rilanciarne i consumi”. Per Fivi bisognerebbe rivolgersi anche al mercato interno: “Per sostenere il settore riteniamo che sarebbe utile una misura di promozione al consumo del vino italiano anche sul mercato italiano”.
a cura di Loredana Sottile
Questo articolo è tratto dal settimanale Tre Bicchieri del 29 aprile 2021 – Gambero Rosso
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