Un amico ristoratore mi dice: «Ma qui non beve più nessuno». Vino, intende, che l’acqua microfiltrata scende a fiumi. E come mai, chiedo. «Perché dice che fa male. E poi però si scofanano due piatti di patatine fritte, magari con una bella Coca».
Non vi invidio, amici della jihad salutista e politicamente corretta. È un mondo difficile, felicità a momenti: mangiare fa male, bere peggio, anche respirare comporta i suoi rischi e vivere è certamente il pericolo più grave.
Gli articoli di Beppe Monelli sono sul mensile Gambero Rosso di luglio, in edicola
La questione è questa. C’è un Governo, il nostro, che insiste nel dire che il vino è ottimo, fa buon sangue, guarisce miracolosamente da malattie cardiache e quindi se ne possono bere uno, che dico uno, due, che dico due, tre bicchieri al giorno. Naturalmente le cose non stanno così. Il vino è cancerogeno, perché l’alcol lo è. Lo dicono le più importanti ricerche. È la scienza, cari ministri e care lobby, e non potete farci nulla.
E quindi? Che si fa, non si beve? Noi si beve, eccome. Con moderazione, alternando qualche periodo di astensione felice (acqua del sindaco e kombucha allo zenzero) a qualche bicchierino del nostro Nebbiolo del cuore. Lo sappiamo, però, che fa male. Non facciamo finta che sia un toccasana per il nostro fisico, già debilitato. E sappiamo anche, perché ricordiamo il sommo Paracelso, che «sola dosis venenum facit» è la dose che fa il veleno. Anche il basilico è potenzialmente cancerogeno, ma per avere qualche danno dovremmo ingurgitarne due chili al giorno. Altro che trofie al pesto. E sappiamo anche che una vita sana va bene, ma se è troppo sana rischia di diventare infelice e quindi malsana.
Noi siamo moderati, tipo democristiani del cibo e del vino. E invece da qualche tempo, si diceva, è in corso una sorta di jihad senza spargimenti di sangue né umano né animale. I talebani del salubre hanno la stessa coerenza dei vegetariani che indossano comodi mocassini di cuoio. Se poi ai salutisti si aggiungono i seguaci del politicamente corretto, è la fine. Diventa tutto un meat, sugar, plastic, carbon free, con una folla di vegani, intolleranti al nichel, al lattosio, all’albumina, lattovegetariani, reducetariani, flexitariani, fruttariani, crudisti. L’avocado no, che ci teniamo alle foreste; il foie gras per carità, che si ingozzano le oche e le si fanno scoppiare come palloncini; il prosciutto no, che Giulia Innocenzi ve l’ha spiegato cosa fanno ai maiali (e poi occhio ai nitrati e ai nitriti); il tonno no, che contiene mercurio.
La pasta meglio prenderla senza sale, che sennò sale la pressione. Quella integrale, allora? Piena di pesticidi, come le verdure e la frutta. Il pesce crudo si potrebbe anche, se non fosse per l’anisakis sempre in agguato. Dolci, non scherziamo. Cosa rimane? L’acqua, si diceva. Ah no, anche l’iperidratazione è pericolosa per cuore, reni e cervello. E allora non ci rimane che parafrasare i cantastorie: il vino fa male, ma fa cantare. Lo accompagno, se permettete, con un po’ di pane, burro (mi scusino le arterie) e acciughe (una prece per il colesterolo).
<<<< Questo articolo è stato pubblicato su Trebicchieri, il settimanale economico di Gambero Rosso.
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