Baby Brunello, cugino della Docg, secondo vino di Montalcino: sono tante e diverse le “etichette” che possono essere date al Rosso di Montalcino. Per il Wall Street Journal, che in un recente articolo ne ha tessuto le lodi, si tratterebbe di un Brunello più economico per wine lover impazienti e attenti al budget. Non solo, infatti, a parità di vitigno, territorio e produttori, costa un terzo del Brunello (mediamente siamo sui 30 euro v/s i 90 del Brunello), ma è disponibile sul mercato molto prima del più famoso parente. Il disciplinare del Rosso prevede un anno di stacco tra la produzione delle uve e la messa in commercio. Per il Brunello, invece, deve trascorrere ne devono trascorrere 5 e comunque la vendita è consentita solo dal primo gennaio. Se da sempre l’invecchiamento decreta il prestigio di una denominazione, oggi in un mondo che corre veloce e che chiede sempre più freschezza e acidità, anche la “giovinezza” può essere un valore aggiunto. La crisi dei grandi vini rossi (a cui il Brunello pare al momento immune) resta un monito.
Fabrizio Bindocci, Presidente del Consorzio di Tutela del Brunello di Montalcino
Lo sanno bene a Montalcino dove, se la Docg continua ad essere la blue chip su cui scommettere, il Rosso potrebbe essere una scommessa per il futuro. Le analogie ci sono, come spiega Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio: «I due vini sono figli della stessa terra e in tanti casi degli stessi filari: i produttori di Brunello sono ovviamente gli stessi del Rosso, e sanno meglio di noi che il rischio concorrenza non si pone, perché i tratti distintivi sono altrettanto evidenti e non riguardano solo le tecniche produttive ma anche la percezione dei consumatori nei confronti di entrambi i prodotti».
Nessun timore, quindi, di un derby tutto montalcinese: «Siamo felici di vedere accomunato sul piano qualitativo il Rosso al Brunello al Brunello – continua Bindocci, per nulla infastidito dall’accostamento – si vede che le imprese sono sempre più brave. Devo ammettere che negli ultimi anni il Rosso di Montalcino ha dato un’accelerata decisiva sul piano qualitativo con sempre più soci del Consorzio che si stanno concentrando su una caratterizzazione di un prodotto versatile, capace di essere di pronta beva ma anche in grado di invecchiare molto bene. Accomunarlo al Brunello non è un problema, è un valore».
Uno scorcio dei vigneti di Montalcino
E di valore e di come sfruttarlo al meglio, da queste parti se ne intendono. Non è un caso che il progetto sia quello di allargare l’albo della Doc proprio per produrre più Rosso di Montalcino: «La Doc crescerà ancora: si impongono scelte importanti per il futuro», è la strada indicata da Bindocci. Guardando ai numeri l’idea non appare così peregrina: nella piramide rovesciata della denominazione il Rosso esprime in media tra 3,5 e 4,2 milioni di bottiglie l’anno e solo nel 2022 la domanda è cresciuta del 20%, sia in Italia che all’estero. «Noi siamo sempre stati conservativi rispetto al potenziale produttivo, da 26 anni non tocchiamo il numero di ettari vitati del nostro Brunello di Montalcino. Anzi è consuetudine diminuire volontariamente ogni anno le rese previste. Ciò non esclude però il fatto che, in un contesto di crescita della domanda, è forse necessario aumentare la massa critica della Doc per evitare che i clienti si rivolgano altrove».
A oggi, gli ettari vitati destinati al rosso sono 510 (contro i 2.100 del Brunello). La proposta è di incrementare di circa 320 ettari: senza tuttavia autorizzare nuovi vigneti, ma semplicemente pescando da quelli di sangiovese che al momento ricadono nella classificazione Toscana Igt. Per questi ultimi una “promozione”, che consentirebbe di non declassare più il Brunello a Rosso, come avviene in parte ora per poter avere subito prodotto da immettere sul mercato. Se, quindi, la somma totale dei vigneti di Montalcino rimarrebbe sempre la stessa – 3.500 ettari – il potenziale del Rosso crescerebbe da 4,2 milioni di bottiglie a circa il 60% in più. Ma, come confidano alcuni produttori, non è detto che debba essere utilizzato tutto: una delle principali vocazioni di Montalcino è, infatti, quella di produrre meno. Il Brunello, per esempio, produce il 70% di quello che potrebbe. E fino ad ora non si può dire che la strategia sia stata sbagliata.
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