«Colpevole, ma solo verso minori e donne in gravidanza, assolto per gli altri capi di imputazione (112, 590, 589 co. I e IV del codice penale) perché il fatto non costituisce reato». C’era attesa per la sentenza di condanna o assoluzione del vino: imputato finito sotto (finto) processo per i suoi effetti sulla salute. Il rinvio a giudizio era stato disposto dall’Ordine dei medici e degli odontoiatri della Provincia di Milano. Il verdetto, invece, è stato pronunciato la sera del 18 settembre dalla giudice Nunzia Gatto (già Avvocato Generale della Procura di Milano), incaricata di presiedere il processo che si è tenuto nella sede di Confcommercio, con tanto di arringhe e testimoni chiamati a sostenere l’impianto accusatorio o smentirlo.
L’accusa era rappresentata dal magistrato Eugenio Fusco, che in estrema sintesi ha concluso la sua arringa con «A differenza di quanto si dice, il Vino non ha effetti benefici». Tra i testimoni dell’accusa, il neurologo Andrea Arighi che ha puntato il dito contro il vino: «Il consumo eccessivo e cronico di vino comporta danni neurologici, sia a breve che a lungo termine. L’alcol, metabolizzato in acetaldeide, una sostanza tossica, causa stress e danni alle cellule nervose».
Il pediatra Alberto Martelli ha parlato di «numeri sui consumi di etanolo fra i giovani allarmanti». Ma qui arriva la prima attenuante: «Il vino sembra rientrare in questo fenomeno molto marginalmente perché i giovani abusano perlopiù di superalcolici».
A prendere le difese del vino, il cardiologo Stefano Carugo: «Il vino fa male al cuore? In assoluto no. Anzi, il resveratrolo esercita un’attività antiossidante ed antinfiammatoria che fa parte della dieta mediterranea assai cardioprotettiva». Da qui, le linee guida per un’assunzione equilibrata: «Non più di due bicchieri per i maschi (meglio se di vino rosso) al giorno e uno per le donne. In generale non più di 100 grammi di alcol a settimana. Per il gastroenterologo Luigi Saverio Belli, su organi come il fegato non ci sarebbero conseguenze, se il vino viene assunto con moderazione.
La sentenza si è metaforicamente rivolta al produttore piemontese Walter Massa, personificazione del vino nel processo andato in scena. Massa, conosciuto nel mondo come l’artigiano del vino da sempre legato al Timorasso e al suo territorio, è stato condannato a un anno e 6 mesi di lavori socialmente utili presso un’azienda di vino analcolico. «Ma – ha concluso la giudice – è assolto da tutte le altre ipotesi perché il fatto non costituisce reato».
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