Nessun cambio di rotta rispetto allo scorso anno: nel 2024 la crisi del vino in termini di consumi e prezzi è lungi dall’essere finita. Lo dice l’andamento dei fine wine, con tutti i principali indici Liv-ex in perdita: Liv-ex 100 in calo del 9,2%, Liv-ex 1000 (la misura più ampia del mercato) del 9,6% e Liv-ex Fine Wine 50 (legato alle aziende bordolesi) del 12,5%. Ma c’è una buona notizia: guardando l’Italy 100 emerge come il Belpaese sia quello che «ha resistito meglio alla tempesta (-4,1%)». La conferma viene dalla Power 100, dove Gaja e Tenuta San Guido si prendono la seconda e la terza posizione, facendo fuori Bordeaux e Borgogna (fuori dal podio). E a sorpresa, è una cantina spagnola – Vega Sicilia – a guidare la classifica.
Per l’Italia emerge un’immagine positiva di resilienza che «occupando 22 posizioni, nove in più rispetto all’anno scorso, tallona la Borgogna e Bordeaux». In particolare è evidente una scalata della Power 100 che continua da più di un anno. A registrare una delle migliori performance il marchio Gaja: 38esimo nella lista 2022, settimo nel 2023 e ora in seconda posizione della classifica. «Costruito con cura e costantemente nel corso di decenni, è ben noto e affidabile» in quanto «è uno degli 11 marchi del Power 100 il cui prezzo medio non è sceso nell’ultimo anno». Bene anche Tenuta San Guido che ha scalato ben 54 posizioni conquistando, quest’anno, la terza posizione: «una scommessa sicura in un mercato che va al ribasso». Sassicaia 2020 è stato il terzo vino più scambiato per valore e l’ottavo più scambiato per volume durante il periodo considerato per il Power 100.
Gaja e Sassicaia sono l’emblema del posizionamento italiano, dal momento che sono proprio la Toscana e il Piemonte a trainare l’Italia: Roagna (n.15), Giuseppe Rinaldi (n.18), Conterno (n. 20), Biondi Santi (n.23), Masseto (n.26) e Bruno Giacosa (n. 33) restano nella parte alta della classifica. Non mancano balzi in alto come Soldera Case Basse che risale di ben 154 posizioni (dalla 199esima posizione alla 45esima) o come Produttori del Barbaresco, che risalgono dalla 143esima posizione fino alla 55esima.
Per quanto riguarda la triade francese di Bordeaux, Borgogna e Champagne, il quadro è meno positivo. In particolare, il primo «nel mercato attuale, non è necessariamente la scommessa più sicura, in particolare per le annate recenti che hanno fatto crollare i prezzi di rilascio praticamente su tutta la linea». Per esempio, Château Lafite-Rothschild, «il marchio numero uno in termini di valore scambiato e volumi, i suoi prezzi sono, in media, diminuiti del 18,1%».
La Borgogna continua ad essere tra le regioni più rappresentate all’interno della classifica. «L’indice di Borgogna 150 è sceso del 14,7% nell’ultimo anno e del 27,8% dal picco di ottobre 2022». Invece, l’indice di Champagne 50 «è passato del 10,6% nell’ultimo anno», così come la sua quota commerciale «è scesa dal 14,4% dell’anno scorso all’11,4% di quest’anno».
Quello che emerge da questa visione di insieme del mercato del fine Wine nel 2024 si muove su due registri. «In primo luogo, l’attività è rimasta elevata: il numero di vini scambiati risulta costante. Lo vediamo nel Power 100: il conteggio degli scambi per la lista del 2024 è superiore del 7,9% rispetto alla lista del 2023. In secondo luogo, gli acquirenti tendono ad essere riluttanti a prendere in carico stock che non possono spostare rapidamente, con un conseguente calo dei volumi scambiati del 6,5%».
Rispetto all’anno scorso dove Bordeaux sembrava essere un investimento certo, «quest’anno sono i marchi che condividono molti tratti “bordolesi” – ma non il suo terroir – ad essere saliti in cima. Volume, liquidità, marchio storico e prezzi che invitano a stappare le bottiglie sono i loro biglietti da visita. Con il mercato ancora alla ricerca di un punto di svolta, è improbabile che i partecipanti cambino rotta».
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