Lo Champagne in trattoria, il Lambrusco al ristorante. Stappiamo il Sorbara per l’occasione speciale e il Blanc de Noirs per la rosetta con la mortadella. Cosa hanno in comune due vini così lontani sul piano geografico e culturale? A prima vista, poco o nulla. I prezzi, poi, sono lontanissimi, mentre le rispettive uve e territori non lasciano grandi margini per paragoni quantomeno plausibili. Certo, negli ultimi 20 anni è stato sdoganato il Metodo Classico anche tra il Tamaro e lo Spanna, ma non possiamo certo applicare confronti stilistici. I punti di contatto vanno cercati altrove. E li ritroviamo in una comune dimensione gioiosa che si portano dietro. Quella delle feste, della convivialità, delle tavole dove si fa sempre presto ad aggiungere una sedia o un bicchiere. E ve li raccontiamo nel mensile Gambero Rosso di Natale, in edicola.
Sono entrambi vini che strappano facilmente un sorriso. Nascondono una trasversalità di consumo e di abbinamento fuori dal comune, anche oltre la tavola, grazie alla carbonica ma non solo. Amano i cibi poveri, magari anche grassi, ricchi di proteine. Sono due vini che si portano dietro mondi e connotazioni ben delineati: è la loro forza. E che almeno in Italia si rincorrono, basti vedere la straordinaria concentrazione di importatori di Champagne nelle terre delle bollicine emiliane. Sono vicini e lontani.
Nelle pagine del Gambero Rosso di dicembre, in edicola, vi raccontiamo le numerose spinte all’interno di questi due macromondi. Ci sono i giovani produttori che hanno idee molto chiare in fatto di Lambrusco; dall’altra c’immergiamo in una frammentazione sempre più accentuata d’Oltralpe, tra realtà talmente potenti da mettere in discussione le regole del gioco e chi stigmatizza le mode, il Meunier a tutti costi e l’ossessiva ricerca del parcellare. Lo Champagne è la filatelia del nuovo millennio? Per farla breve, sono due vini che funzionano perché basta pronunciarli per sapere cosa ci attende. Creano aspettative ben precise, hanno una semplicità comunicativa che pochi altri vini denotano. E per questo attirano consumatori giovani. Se uno ha una dimensione popolare e l’altra elitaria, sono sempre più gli appassionati che amano mischiare i registri, gli stili e le occasioni di consumo. Anche nella ristorazione l’alto e il basso si mischiano di continuo, il top prende forza nel pop e viceversa. Linguaggi diversi si alimentano e si contaminano per fuggire alla noia di modelli fin troppo prevedibili. Lo Champagne è sogno, evasione, il Lambrusco ci riporta nella realtà, sempre all’insegna della leggerezza. E ci ricorda quanto ci prendiamo dannatamente sul serio in questo settore: produttori, giornalisti, chi vuole semplicemente bere. Nella vita ci vuole lo Champagne. E ci vuole il Lambrusco. Anche per passare delle gran feste.
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La più autorevole guida del settore dell’enologia italiana giunge quest’anno alla sua 37sima edizione. Vini d’Italia è il risultato del lavoro di uno straordinario gruppo di degustatori, oltre sessanta, che hanno percorso il Paese in lungo e in largo per selezionare solo i migliori: oltre 25.000 vini recensiti prodotti da 2647 cantine. Indirizzi e contatti, ma anche dimensioni aziendali (ettari vitati e bottiglie prodotte), tipo di viticoltura (convenzionale, biologica, e biodinamica o naturale), informazioni per visitare e acquistare direttamente in azienda, sono solo alcune delle indicazioni che s’intrecciano con le storie dei territori, dei vini, degli stili e dei vignaioli. Ogni etichetta è corredata dall’indicazione del prezzo medio in enoteca, delle fasce di prezzo, e da un giudizio qualitativo che si basa sull’ormai famoso sistema iconografico del Gambero Rosso: da uno fino agli ambiti Tre Bicchieri, simbolo di eccellenza della produzione enologica. che quest’anno sono 498.
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