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Il vino Prosekar, origini e caratteristiche dell'antenato del Prosecco

Simbolo del Carso triestino, lo spumante sopravvive grazie all'impegno di piccoli viticoltori, intenzionati a preservare una antica tradizione. Prodotto di una viticoltura eroica, sui terrazzamenti affacciati sul mare, ha qualità molto diverse dal noto Prosecco

  • 06 Luglio, 2024

Il Prosekar è il vino spumante simbolo del Carso. Nasce sui pastini terrazzati nella striscia di costa tra l’altopiano carsico triestino e il castello di Miramare. Fa riferimento a una viticoltura eroica, con terreni in pendenza di oltre il 30 per cento, sui quali la manutenzione deve essere costante. Viene prodotto prevalentemente con metodo ancestrale usando i vitigni a bacca bianca come glera, vitovska, e malvasia istriana. Dopo una leggera pressatura delle uve, il mosto fermenta in acciaio, conservando i lieviti indigeni. In seguito, la fermentazione viene bloccata tramite travasi per poi riprendere in bottiglia, senza aggiunta di ulteriori zuccheri o lieviti. La sboccatura è facoltativa, nel senso che c’è chi la effettua ottenendo un Prosekar limpido e c’è chi non la prevede, ottenendo un prodotto lievemente «velato» (il termine sloveno è «meglen»).

Rifermentazione in bottiglia e gusto dolce-amabile

Questo spumante rifermentato in bottiglia ha un colore giallo paglierino con riflessi verdolini, un gusto secco, dolce-amabile. Ha sentori di frutta a polpa bianca, crosta di pane e lievito, è fresco e beverino. Nel disciplinare della Doc Prosecco, pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione Veneto a maggio 2024 – e su cui si è acceso un duro confronto tra Consorzio Doc Prosecco, Associazione Prosekar e Associazione viticoltori del Carso – lo spumante Prosekar ha un limite teorico di 135 quintali per ettaro ma, come spiegano dall’Associazione Prosekar, le rese medie reali si aggirano tra 80 e 90 quintali per ettaro. Viene prodotto in piccoli appezzamenti vitati prevalentemente da aziende altrettanto piccole. Chi lo produce non può certo vantare grandi numeri, ma quantitativi molto limitati, con una stima realistica di 10mila bottiglie. Si tratta di un prodotto che può essere considerato un antenato dell’attuale Prosecco Doc, spumante (o anche nella versione frizzante) ottenuto da uve glera con metodo Charmat, che prevede una fermentazione del mosto in autoclavi in acciaio, a temperatura controllata, dopo essere stato chiarificato e filtrato.

Prosekar – bottiglia e calice – foto Associazione Prosekar

La prima citazione è del 1548

Prosekar significa «vino di Prosecco», con riferimento alla piccola frazione collinare a circa 9 km da Trieste, chiamata appunto Prosecco (Prosek in sloveno). La prima documentazione scritta del «vino di Prosecco» risale al 1548, nell’opera del botanico Pier Andrea Mattioli. Fino al Cinquecento, come ricorda l’Associazione Prosekar, veniva chiamato Ribolla, ma non aveva niente a che vedere con quella che oggi si conosce e che è un vanto della viticoltura del Friuli-Venezia Giulia. Numerose le citazioni del Prosekar nei secoli successivi, fino al 1873 quando Josip Vosniak (nell’opera Umno kletarstvo, ovvero Le buone pratiche vinicole) descrive minuziosamente il metodo di produzione e le uve necessarie per produrlo. Il Prosekar, che tradizionalmente viene presentato l’11 novembre di ogni anno, durante la Festa di San Martino (santo patrono di Prosecco), è stato in qualche modo rilanciato, riscoperto e valorizzato, grazie alla gran parte delle aziende locali e per merito anche dell’associazione omonima nata nel 2017.

Futuro incerto per una super-nicchia

Il confronto tra i produttori carsolini e l’ente di tutela della Doc Prosecco (gigante del settore vinicolo nazionale, che oggi supera ampiamente i 600 milioni di bottiglie) è sempre stato dipinto come il duello tra Davide e Golia. Ne ha parlato ampiamente il settimanale Tre Bicchieri del 4 luglio. Dopo più di dieci anni di discussioni, momenti difficili e scontri aperti, il Prosekar, da possibile vino fuori legge alla luce delle regole europee sulla protezione delle Ig, ora ha la possibilità concreta di diventare una nicchia nella grande Doc Prosecco. Il nuovo disciplinare della super denominazione veneto-friulana che lo inserisce tra le tipologie (ma non prevede una sottozona) è in fase di discussione. L’esito del necessario compromesso dipenderà da quanto e da cosa le parti in gioco (Consorzio e viticoltori locali) saranno disposte a cedere all’interlocutore. Ma non si escludono nemmeno eventuali ricorsi alla giustizia amministrativa. Da un lato, c’è un’identità da mantenere in vita e l’orgoglio dei viticoltori carsolini e, dall’altro lato, c’è un Consorzio di tutela che non può accettare, per legge, la presenza sul mercato di un vino che si chiami Prosekar, che non sia compreso (e tutelato) all’interno della denominazione Prosecco. Una via di mezzo andrà trovata.

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