All’indomani della firma ufficiale del decreto che consente di produrre vini dealcolati in Italia, i produttori colgono subito l’opportunità di investire su questa nuova categoria di bevande. Tra questi, il gruppo di Schenk Family Italia annuncia di voler spostare la produzione dalla Spagna all’interno dei confini nazionali.
«Con la firma da parte del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, del decreto per i vini dealcolati, per Schenk Family Italia si apriranno scenari molto interessanti sia sotto il profilo delle economie di scala, che ci permetteranno di investire di più sui mercati per far conoscere questi prodotti, sia per quanto riguarda la flessibilità, la velocità e la sostenibilità di produzione» dice Daniele Simoni ad di Schenk Family Italia.
Schenk Italia, non è nuova alla realizzazione di vino analcolico, con una produzione, delocalizzata in Spagna, che si aggira tra le 50 e le 80mila bottiglie di vini e bevande, commercializzate per il 25% in Italia. Tuttavia, «la necessità di esportare il vino per la dealcolizzazione e poi reimportarlo fino ad ora comportava costi e complessità che hanno penalizzato il settore» dice Simoni. Con il nuovo decreto si è aperta la possibilità di accrescere la competitività in questa nicchia e ridurre i costi. Un investimento in un mercato che però non è esente da sfide e ancora tutto da costruire in quanto, come ricorda Simoni, il volume dei vini dealcolizzati rappresenta una quota minima del mercato del vino, pari al 2-3% della produzione totale.
«La sfida principale sta nel capire se sarà possibile attrarre quei consumatori che, pur non bevendo abitualmente vino, magari per motivi sociali o per situazioni particolari (ad esempio, guidatori designati o donne in gravidanza), desiderano comunque condividere l’esperienza. Per far crescere realmente il settore in Italia, occorrerà convincere anche chi tradizionalmente non consuma vino a scegliere un’alternativa più naturale, come il vino dealcolato, rispetto a bevande più economiche e meno naturali. Sebbene la tecnologia consenta oggi di ottenere vini dealcolati di qualità sempre migliore, la differenza di gusto rispetto ai vini alcolici rimane significativa».
L’interesse verso questa categoria di prodotti è alto, come fa notare Simoni. «Alcuni mercati, come quelli della Danimarca, del Belgio, della Germania, della Francia e dei Paesi Bassi, dimostrano una crescente attenzione verso i prodotti a zero alcol, o a bassa gradazione alcolica, con un forte interesse a produrli localmente per essere più competitivi».
Un’affermazione che trova conferma nei numeri che registrano una crescita del mercato delle bevande no-low alcol a livello mondiale e di cui è previsto nel futuro un’ulteriore espansione. L’Istituto londinese Iswr ha stimato un aumento di 4 miliardi di dollari e un aumento del 4% in volume entro il 2028 nei principali mercati (Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Giappone, Spagna, Sudafrica, Uk, Usa).
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