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Il Governo si spacca sui vini dealcolati. Forza Italia incalza Lollobrigida e porta il tema in Parlamento

Interrogazione parlamentare da tre esponenti di Forza Italia per chiedere quali siano le intenzioni del ministro dell'Agricoltura in merito ai vini no alcol: "Senza riconoscimento, Italia svantaggiata rispetto ai competitor"

  • 23 Maggio, 2024

L’Italia è in ritardo sui dealcolati. Questa volta a sottolinearlo non sono né le aziende vitivinicole né le associazioni di settore, ma gli stessi alleati di Governo, attraverso un’interrogazione parlamentare firmata da tre esponenti di Forza Italia – Raffaele Nevi, Giandiego Gatta e Giovanni Arruzzolo – e rivolta al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Interrogazione con cui si ricorda come le giacenze 2022-2023 si siano chiuse con circa 45,5 milioni di ettolitri di vino, il dato più alto degli ultimi vent’anni, a dimostrazione di come alternative ai consumi di vino siano ormai un’urgenza. Non è la prima volta che il tema arriva in Parlamento: a maggio dello scorso anno era stato il Movimento5Stelle a sollevare la questione su iniziativa di Alessandro Caramiello. È la prima volta, però, che l’iniziativa arriva da un partito di Governo.

Il sollecito a Lollobrigida

«L’Italia non ha ancora attuato pienamente il Regolamento Ue 2021/2117 e questo crea evidenti svantaggi competitivi rispetto ai produttori Ue – si legge nel testo – Le associazioni hanno sollevato perplessità rispetto al decreto di recepimento, in quanto non consente l’elaborazione di questi prodotti all’interno degli stabilimenti vitivinicoli». I parlamentari si spingono oltre, ricordando che «sotto l’aspetto fiscale, un’azienda vitivinicola che dealcola è trattata come una distilleria, con dei costi e una gestione burocratica insostenibile per un’azienda: sarebbe opportuno – dicono – avere un sistema semplificato per poter gestire il rapporto con le accise».
Da qui il sollecito al ministro Lollobrigida per capire «quali iniziative intenda adottare per consentire l’elaborazione dei prodotti vitivinicoli dealcolizzati nell’ambito degli stabilimenti vitivinicoli nazionali in condizioni di parità competitiva con gli altri produttori europei». E, in particolare, se «non ritenga opportuno adottare sollecite iniziative di competenza per risolvere il problema della denominazione dei vini dealcolati e delle altre informazioni in etichetta necessarie a definire inequivocabilmente il prodotto».

Il paradosso italiano

A supporto della richiesta, vengono riportati i dati dell’International Wines and Spirits Record, secondo cui l’aumento delle vendite è del 7% tra il 2022 e il 2026, sebbene ad oggi si parli di un settore marginale: 322 milioni di euro. Il testo fa, inoltre, riferimento ad una recente analisi dell’Osservatorio Uiv, secondo cui il 70% del valore delle vendite dei prodotti low alcol negli Stati Uniti è tricolore, pur non godendo dei benefici proprio a causa dell’impossibilità di produrre e vendere questo tipo di prodotto. Paradossalmente, quindi, i produttori italiani che vogliono produrre vino dealcolizzato devono farlo all’estero.

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<<<< Questo articolo è stato pubblicato su Trebicchieri, il settimanale economico di Gambero Rosso.

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