Odiamo la flute. Mette tristezza. E per chi ha un naso importante crea anche un certo disagio. Facciamoci un bel regalo per il 2024: liberiamoci dai bicchieri a forma di flauto. Sembrano progettati da un ingegnere coreano che ha deciso di non farci sentire il sapore del vino. A volte è anche un bene. Se da un lato esaltano la carbonica e tengono bene la pressione, banalizzano oltremodo tutto il corredo aromatico, le sfumature. In breve, annullano il senso del vino, l’unicità, la poesia.
Ci puoi mettere dentro una Falanghina spumantizzata, un Cartizze, un Franciacorta Satèn, uno Champagne sboccato nel 1998 sotto un cielo stellato, all’interno suonerà sempre la stessa musica. Tra l’altro, diciamolo, non sono nemmeno belli a vedersi, stringono il vino come un cappotto con tre taglie di meno, sono poco capienti, danno un senso di limitatezza, costrizione. Non fanno sognare.
E, invece, le bollicine hanno bisogno di respirare. Di liberarsi per venirci incontro, per alleggerire le nostre giornate e le tavole di tutti i giorni. Non solo a Natale, quando è troppo tardi per il panettone o troppo presto per i regali, o il 31 a Capodanno quando la colonna sonora cade inesorabilmente sulla playlist trash di sempre. Quando ordiniamo uno spumante al ristorante chiediamo il cambio bicchieri nella metà dei casi. Vero, ci sono istanze un filo più urgenti, ma basterebbe così poco.
Eliminiamo la flute da tutti i luoghi di pubblico consumo. Quella sensazione da fialetta, da campione pronto per andare in laboratorio, davvero ci mette il broncio. Tra l’altro sono assai scomodi per brindare: a cosa serve la flute? Perché è così diffusa a livello mondiale? Non sappiamo dare una risposta a questo complotto pianificato contro gli amanti del buon bere.
Rufuggiamoci nel buon senso. Di base, allarghiamo il calice in base alla struttura dello spumante da stappare: su cuvée giovani e più in generale su tutti i prodotti da Metodo Italiano (es. Prosecco) va benissimo un tulipano dal bordo ristretto. Quando saliamo d’intensità e abbiamo cuvée con tanti mesi sui lieviti, allarghiamo la pancia del bicchiere.
Teniamo a mente che i Blanc de Noirs hanno mediamente più struttura e si sposano meglio con bicchieri più capienti, stesso discorso per rosé, riserve o vecchie sboccature dove la concentrazione è maggiore. Torneremo presto sull’argomento con casi concreti, la questione è seria e ne va del futuro per l’umanità. Di fatto, bicchieri e temperatura di servizio fanno tutta la differenza del mondo. Prima di chiudere, vi ricordate la vecchia buona coppa che prende polvere nella credenza dagli anni Ottanta? Facciamola tornare in auge, rispolveriamola per bene: fa tanto festa. E’ graziosa esteticamente e quel tocco vintage si abbina così bene al senso delle feste.
Foto cover di Kateryna Hliznitsova
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