Espianti dei vigneti sì, ma senza i finanziamenti dell’Europa. Al terzo giro di consultazioni del Gruppo di alto livello del vino, arriva la bozza di documento con le “raccomandazioni” della Commissione Ue che dà le linee guida per il futuro del settore vitivinicolo. Secondo il draft che il Gambero Rosso ha avuto modo di vedere, dovranno essere i paesi membri, quindi, a finanziare la misura, così come già fatto dalla Francia. Il documento finale sarà rilasciato il prossimo 16 dicembre.
Come si legge nella bozza, il Gruppo di alto livello raccomanda «di affrontare le situazioni di eccesso strutturale di offerta con finanziamenti nazionali», ma con i distinguo legati a «vigneti a elevato valore paesaggistico, come pendii, terrazzamenti, varietà con valore genetico o in aree con valore ambientale o dove la viticoltura è centrale e che sono a rischio di spopolamento». Lo stesso documento raccomanda che gli Stati membri vigilino sull’eventuale riduzione della superficie resa disponibile tramite nuove autorizzazioni di impianto, nelle regioni che abbiano beneficiato dell’estirpazione. L’obiettivo è «evitare l’aumento della superficie vitata nelle regioni e nei segmenti di mercato soggetti a sovrapproduzione, per dare ulteriore priorità ai vini con opportunità di mercato».
L’indirizzo della Commissione Ue in Italia ha subito trovato l’appoggio di Unione italiana vini, che più volte aveva alzato la voce sul tema espianti e sul rischio che, per portare avanti questa misura, venissero usati fondi europei strategici. «Bene bozza della Commissione Ue – è il commento dell’associazione guidata da Lamberto Frescobaldi – in questo modo si preserva il “pacchetto” dei fondi specifici destinati alle misure attive, come la promozione, di cui il settore necessita per affrontare la sfida ai cambiamenti di consumo e alle incertezze del mercato». Inoltre, secondo l’associazione «è fondamentale che il documento mantenga il focus sulla competitività del settore, che siano introdotte alcune flessibilità sulla gestione del potenziale e delle autorizzazioni e che, come proposto dal Masaf, sia per la prima volta introdotta la possibilità per i Paesi di salvare le economie dei fondi del Pns che potrebbero essere re-investiti nel settore».
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