Un team di ricercatori ha scoperto di poter individuare con precisione le prime avvisaglie di una patologia dell’uva, che ogni anno crea non pochi problemi alle colture, grazie a un particolare strumento scientifico sviluppato presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA nel sud della California. Una zona ormai famosa per i suoi vini pregiati, ma che, come altre aree del mondo dedicate a questa coltura, soffre la presenza di virus e batteri che spesso compromettono pesantemente la produzione.
Muffe che avvizziscono le piante, batteri che corrodono le radici, virus e altri agenti patogeni che distruggono, secondo le stime, dal 15 al 30% dei raccolti mondiali ogni anno. Se si prende in considerazione la sola industria vitivinicola statunitense, questa subisce ogni anno danni e perdite per 3 miliardi di dollari a causa di malattie virali come il famigerato Grapevine Leafroll-associated Virus Complex 3 (GLRaV-3). In due nuovi studi i ricercatori del JPL e della Cornell University si sono concentrati proprio su questo virus che viene diffuso principalmente dagli insetti: il GLRaV-3 riduce la resa e secca i frutti in via di sviluppo. Solitamente, questa patologia viene individuata attraverso un’intensa attività di screening vite per vite e costosi test molecolari e trattamenti, ma molto spesso è già troppo tardi per il raccolto.
“I am the eye in the sky, looking at you, I can read your mind” cantava in una celebre canzone Alan Parson, e anche se qui non si tratta di leggere la mente, lo scopo del progetto si può considerare non meno ambizioso. In questo caso, infatti, il team di ricerca ha voluto verificare se fosse possibile aiutare i produttori a identificare precocemente e dall’alto le infezioni da GLRaV-3 utilizzando un particolare spettrometro di nuova generazione della NASA chiamato AVIRIS-NG (Airborne Visible/InfraRed Imaging Spectrometer). Il sensore ottico dello strumento, che registra l’interazione della luce solare con i legami chimici, è stato già utilizzato per misurare e monitorare eventuali fattori di rischio come incendi, fuoriuscite di petrolio, gas serra e inquinamento atmosferico associato alle eruzioni vulcaniche.
Nel 2020 però, durante una mappatura di perdite di metano in California, la patologa vegetale Katie Gold, docente alla Cornell University e autrice degli studi in questione, con il suo team si è chiesta se questo strumento avrebbe potuto scoprire un’infezione delle colture in una delle regioni più importanti dello Stato per la produzione di uva. Da qui è nata l’intuizione e la messa a punto del nuovo sistema di rilevamento. “Come gli esseri umani, anche le piante malate possono non mostrare subito i sintomi esteriori, rendendo la diagnosi precoce la sfida più grande per gli agricoltori“, ha detto Gold. Nel caso del virus del fogliame della vite, può passare anche un anno prima che una vite mostri i segni rivelatori dell’infezione, come fogliame scolorito e disseccamento dei frutti. Tuttavia, a livello cellulare, lo stress è già in atto prima di allora e cambia il modo in cui la luce solare interagisce con i tessuti della pianta.
Il sistema di rilevamento è stato montato sulla pancia di un velivolo, e così facendo AVIRIS-NG ha monitorato circa 4.500 ettari di vigneti a Lodi, importante zona di produzione di uva da vino nel cuore della Central Valley californiana. Il team ha poi inserito le informazioni in modelli informatici sviluppati e programmati per distinguere le infezioni. Per verificare i risultati, i collaboratori del settore hanno inoltre ispezionato più di 120 ettari di vigneti alla ricerca di sintomi virali visibili, raccogliendo al contempo campioni per i test molecolari. In questo modo, utilizzando complesse immagini a infrarossi catturate dall’aereo, i ricercatori sono stati in grado di distinguere le viti di Cabernet Sauvignon che erano infette ma che non mostravano sintomi prima che i produttori potessero individuare la malattia.
“Se riuscissimo a individuare le malattie nelle fasi iniziali e a intervenire in modo mirato, potremmo utilizzare in modo più strategico le nostre risorse, ridurre la quantità di sostanze chimiche che immettiamo nell’ambiente e rendere queste operazioni più sostenibili, sia dal punto di vista ambientale che finanziario“, ha dichiarato la dottoressa Gold al Los Angeles Times. Sebbene però lo studio abbia avuto successo, Gold ha affermato che ad oggi non è logisticamente o finanziariamente fattibile implementare il progetto utilizzando una miriade di voli aerei sui vigneti di tutto il mondo. Ed è proprio per questo motivo che l’attenzione è rivolta tutta allo spazio. “Lo spazio offre l’opportunità di avere uno sguardo d’insieme sulla produzione. Non è qualcosa che riguarda solo un produttore, anche perché i vigneti spesso confinano tra loro. È un sistema che va gestito su scala regionale. E lo spazio offre questa opportunità perché copre un’area molto più vasta”.
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