La Puglia, oggi, offre un panorama di vini rosati che rappresentano una vera e propria categoria stilistica, costruita su identità varietale, scelte enologiche precise e un forte legame con il territorio. Il rosato pugliese, quindi, si sta affermando come prodotto consapevole, capace di misurarsi con i benchmark internazionali senza rinunciare alla propria identità. Un esempio che dovrebbero seguire tutti i produttori da nord a sud, perché solo così il rosato smetterà i panni di prodotto di “ripiego” o di vinificazione secondaria e si potrà tornare a quando, una decina di anni, fa sembrava che i vini rosati dovessero travolgere il mercato. Erano anni in cui la tipologia cresceva sia nei consumi, sia nella produzione, sia nell’esportazione facendo presagire una sorta di rivoluzione nei gusti dei consumatori. Poi qualcosa si è rotto: probabilmente lo stop della pandemia ha contribuito fortemente a resettare una certa tendenza e ha riportato la situazione alla classica scelta “bianco o rosso”, accantonando la terza via rosa.
Tornando alla Puglia e ai suoi rosati, è interessante notare come, per produrli, vengano utilizzate praticamente tutte le uve rosse più importanti della regione. Il negroamaro fa la parte del leone: dalle origini antichissime, sembra arrivato in Puglia con i coloni greci che approdarono sulle sponde della regione nell’antichità; la vinificazione in rosa di questo vitigno, noto per la sua intensità e profondità nei rossi, rivela una sorprendente eleganza: aromi di ciliegia fresca, melograno e erbe mediterranee si fondono con una struttura salina e una vena amaricante piuttosto tipica.
Poi, ovviamente, c’è il primitivo: alcuni ritengono che arrivi dalla Dalmazia; altri riportano l’origine del vitigno a un magnifico giardino-orto botanico degli imperatori austro-ungarici, dal quale sarebbero partite piante dirette in Puglia, che saranno battezzate primitivo, e piante dirette in California dove prenderanno il nome di zinfandel. L’unica certezza, sostengono gli storici, è che il Primitivo ha fatto il suo ingresso in Puglia attorno al ‘700; vinificato in rosato offre un’interpretazione più materica e avvolgente del rosé pugliese. Grazie alla sua naturale ricchezza zuccherina e al profilo aromatico intenso, dà origine a rosati di maggiore corpo, con note di fragola matura, lampone, rosa canina e una leggera speziatura.
Ma non mancano intriganti versioni di rosé con altre uve molto territoriali: è il caso del susumaniello, una delle espressioni più moderne e promettenti che sorprende per l’equilibrio tra acidità naturale elevata e finezza aromatica: profumi di ribes, scorza d’arancia, petali di rosa e spezie leggere e palato dinamico, con una trama fresca e una piacevole sapidità.
Ma anche del nero di Troia, una delle anime più strutturate della viticoltura del nord della Puglia: vitigno a bacca spessa e ricco di polifenoli, richiede una vinificazione attenta e precisa per ottenere rosati equilibrati e raffinati che si distinguono per il loro profilo floreale e speziato e mostrano buona acidità, tensione e una vena tannica lieve.
Chiudiamo infine con il bombino nero cui è addirittura dedicata una Docg nella tipologia rosé, la Castel del Monte Bombino Nero: si tratta di un’interpretazione elegante e fresca del rosato pugliese, capace di esprimere la delicatezza tipica dei vitigni a bacca nera dai tannini morbidi. Regala rosati di grande finezza, con profumi di fiori bianchi, agrumi, fragola e pesca bianca, arricchiti da una leggera mineralità. Al palato si distingue per la sua acida freschezza, con una trama setosa e un finale sapido.
Ed ecco i nostri consigli con le etichette che nelle guide Vini d’Italia 2025 e Berebene 2025 del Gambero Rosso. hanno ottenuto i punteggi più alti. Noterete che si tratta di grandi vini anche dall’ottimo rapporto qualità-prezzo. Una raccomandazione: lasciate in cantina questi vini per 3-4 anni, avrete delle grandissime sorprese, perchéi vini rosati, almeno quelli più strutturati (come i bianchi), invecchiano bene e migliorano col tempo.
Tra i vari vini proposti da Apollonio spicca Il 150 Susumaniello Rosato ’23, dai sentori floreali e di piccoli frutti rossi al naso, mentre il palato è immediato, gustoso e di piacevole beva. Sono i fratelli Marcello e Massimiliano Apollonio, quarta generazione della famiglia, a guidare da trent’anni questa azienda nata nel 1870. I terreni su cui sono situati i vigneti sono principalmente di tipo argilloso calcareo, dove troviamo i principali vitigni tradizionali salentini, soprattutto negroamaro e primitivo, ma anche malvasia nera, susumaniello, bianco d’Alessano, per una produzione d’impostazione tradizionale.
Il Kreos ’23 di Castello Monaci è un rosato da uve negroamaro di grande piacevolezza nei suoi toni floreali e di agrumi dolci. L’azienda gestisce un ampio parco vigneti aziendale diviso in tre tenute situate su terreni diversi: sabbioso a ridosso del mare a Masseria Flaminio nel Brindisino, dove sono coltivati principalmente vitigni bianchi, terra rossa ferrosa a Masseria Vittorio a Trepuzzi, in provincia di Lecce, dove troviamo soprattutto primitivo, e suolo argilloso e tufaceo nella tenuta di Salice Salentino, dove vengono coltivati vitigni rossi autoctoni e uve internazionali. Come sempre solida e affidabile la prestazione complessiva della Castello Monaci.
Il Five Roses Anniversario di Leone de Castris è uno dei rosati più prestigiosi d’Italia. La versione 2023 ha profumi floreali e di frutti rossi di bosco, mentre il palato è sapido, piacevole e di bella immediatezza. Leone de Castris è un nome storico della vitivinicoltura pugliese, visto che la famiglia è presente sul territorio dalla metà del Seicento. Sono ben 300 gli ettari vitati aziendali, coltivati con vitigni sia della tradizione che internazionali.
Delizioso il Menhir Rosato dell’azienda Menhir Salento della famiglia Marangelli, un punto di riferimento per la Terra d’Otranto. I vigneti di proprietà sono situati nei comuni di Minervino, Palmariggi e Bagnolo, cui viene affiancato un importante lavoro di acquisto di uve da conferitori che sono seguiti tutto l’anno dallo staff aziendale. I vitigni coltivati sono principalmente i tipici vitigni autoctoni salentini, per una produzione centrata sulla ricchezza di frutto e la precisione aromatica.
Il Metiusco Rosato di Palamà è un grande classico del nostro BereBene e la versione 2023 ha sentori floreali accompagnati da note iodate al naso, mentre il palato è ricco di frutto, sapido e di grande piacevolezza. La famiglia Palamà conta su 14 ettari vitati nel cuore del Salento costituiti da diverse tenute tra Cutrofiano e Matino, dove sono presenti principalmente vigneti con impianti ad alberello pugliese.
Il Primitivo rosato EstRosa ‘23 di Pietraventosa al naso propone profumi floreali con sfumature iodate, mentre il palato è sapido, di grande piacevolezza ma anche di buona spalla. Marianna Annio e Raffaele Leo gestiscono quasi otto ettari vitati all’interno della denominazione Gioia del Colle, situati su terreni calcarei e argillosi, ricchi di scheletro e di sali minerali, a circa 380 metri di altitudine.
Il Gelso Rosa ‘23 di Podere29 al naso evidenzia sentori floreali e di frutti di bosco, mentre il palato è fresco, scorrevole e di piacevole beva. L’azienda di Giuseppe Marrano, nata poco più di vent’anni fa, è costituita da 20 ettari vitati situati a circa dieci chilometri dalle saline di Margherita di Savoia, in un territorio in cui gioca un ruolo decisivo l’influsso marino e che vede presenti i vitigni della tradizione, con in primo piano il nero di Troia.
Il Torre Testa Rosato ’23 di Tenute Rubino è un Susumaniello rosato davvero brillante, che in assenza dell’Oltremé gioca il ruolo di primo piano nella gamma aziendale. Al naso evidenzia note floreali, di ciliegia ed erbe aromatiche, mentre il palato è fresco, sapido, nitido e di grande piacevolezza. L’azienda della famiglia Rubino conta su un ampio parco vigneti, suddiviso in cinque tenute che si distendono tra la dorsale adriatica e l’entroterra della provincia di Brindisi, fino a pochi chilometri dal Mar Jonio. Tra i vitigni coltivati, tipici del territorio, spicca il susumaniello, sul quale la cantina da anni sta realizzando un progetto di valorizzazione, per vini sia d’impostazione moderna che di forte identità territoriale.
Il Sessantanni Rosé ’21 di San Marzano Vini ha più un colore dorato che da rosé, ma è di buona materia nei suoi sentori di susina gialla. La cantina conta su 1200 soci conferitori. I vigneti sono situati soprattutto nei comuni di San Marzano, Sava e Francavilla Fontana, su terre rosse e suoli calcarei, impiantati principalmente con vitigni tradizionali e con un’ampia presenza di vecchie viti ad alberello pugliese. I vini proposti sono realizzati con l’ambizione di trovare l’equilibrio fra tradizionale ricchezza alcolica, impostazione moderna e piacevolezza.
Ottimo il Marilina Rosé ‘23 di Cantine Spelonga. ’azienda a gestione famigliare fondata nel 2001 a Stornara, nel cuore del Tavoliere Dauno, da Carmine e Maria Franca Spelonga e oggi guidata dalla figlia Marilina, che conta su 15 ettari vitati con in primo piano i vitigni della tradizione., dai profumi di agrumi, petali di rosa e frutti di bosco e dal palato saporito, immediato e di bella freschezza.
I vini prodotti da Francesco Liantonio dell’azienda Torrevento rispecchiano un approccio poco interventista che privilegia freschezza, equilibrio ed espressione dei caratteri del territorio. Il Rosato Castel del Monte Bombino Nero Veritas ’23 profuma di frutti rossi, humus, gelsomino e un palato fresco, sapido, di grande piacevolezza e lunghezza.
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