Secondo recenti studi sostenuti da opinionisti autorevoli quanto basta, le donne bevono vino per darsi un tono, ovvero per motivazioni meramente sociali e siccome l’alcol se consumato in eccesso è una brutta bestia, rischierebbero di cadere nella terribile piaga sociale dell’Occidente che si chiama “alcolismo” solo per sganciare un freno a mano tirato. (Vedi le affermazioni di Boralevi e Scorsone nel Tg2Post della settimana scorsa).
A parte il fatto che il consumo di alcol non mi sembra il centro dei problemi dell’Occidente in questo momento, io non la penso così e lo scrivo nel mio nuovo libro Wine not? Racconti di enofanatismo (Ed. Pendragon).
Siamo di fronte alla solita storia: noi donne consumiamo vino per questioni di inadeguatezza, per disinibirci. Secondo qualche opinionista (ripeto, autorevole quanto basta), beviamo per aprirci al prossimo; forse per stringere nuove amicizie e apparire brillanti, se non per vincere il pudore di confidare alle amiche che nostro marito non ci sfiora da anni e quando cede alla chimica non lo fa con noi, aggiungo io. Tutte sciocchezze.
I maschi e le femmine bevono per ragioni assolutamente identiche nonché per il sano piacere di assaporare un calice di vino buono e spesso per conoscerne le origini e la storia, perché il vino è un prodotto culturale, ricordiamolo a chi parla a vanvera! Il numero di donne sommelier professioniste di sala nei ristoranti è in aumento e questo per quanto mi riguardi è un ottimo segnale in un paese come il nostro che produce vino di alta qualità riconosciuta in tutto il mondo.
Tuttavia è vero che l’alcol disinibisce – oltre a rendere più disponibili – e migliora la percezione estetica del prossimo, ma è una condizione temporanea e reversibile, proprio come la sbornia. Tutti abbiamo commesso errori, ognuno è figlio del suo passato ma un conto è avere scheletri nell’armadio, altro è trovarseli dentro al letto. Ricordatevelo!
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