Siamo partiti dalle regioni più a Sud per scoprire le prime proiezioni per la vendemmia 2020 e le previsioni del Cnr sul clima delle prossime settimane. Dopo il passaggio al Centro Italia arriviamo nelle regioni del Nord.
Un po’ meno Prosecco Docg, Soave, Pinot grigio e Alto Adige, un po’ più Lambrusco, tanto Franciacorta mentre il Barolo conferma i volumi 2019. È questo uno spaccato del quadro che emerge dall’ultima parte del sondaggio a campione del Settimanale Tre Bicchieri tra alcuni dei più importanti distretti italiani del vino (18 quelli interpellati), nel periodo che precede l’inizio della raccolta 2020. Appartengono a quest’area geografica settentrionale sei delle prime dieci regioni, come si può evincere dai dati dell’Agea (basati sulle denunce di produzione 2019, vedi tabella), e da queste arrivano quasi 25 milioni di ettolitri su un totale italiano di 47,5 milioni.
L’emergenza economica, scatenata dalla pandemia da Coronavirus, ha frenato il mercato nel 2020 e le giacenze, secondo i dati diffusi dal report di Cantina Italia (Icqrf), non stanno scendendo con la velocità auspicabile dopo un 2019 tornato nelle medie. Di conseguenza, avremo un vigneto Italia che non rischierà fughe in avanti, come già si è visto nelle precedenti puntate, del Centro-Sud (in cui abbiamo coinvoto 20 distretti). Sono soprattutto i più grandi a fare i conti con gli effetti della flessione delle vendite, mentre il trend dei più piccoli è quello di resistere, di tenere e, anzi, di fare scorte per recuperare quanto perso nelle annate precedenti, come si è deciso, ad esempio, in Franciacorta. L’aspetto positivo sembra essere quello relativo allo stato di salute delle uve, giudicato nella media tra il buono e l’ottimo, con prospettive eccellenti per alcuni territori. Ma scendiamo nel dettaglio.
Come la Puglia lo è al Sud, il Veneto è tra i sorvegliati speciali del Nord. Per la prima regione produttrice italiana che, nel 2019 ha raggiunto quasi 11 milioni di ettolitri (di cui 7,8 mln a Dop e 2,4 a Igp), il 2020 sarà un anno di contenimento, tra riduzioni dei volumi, stoccaggi e riserve vendemmiali decise dai consorzi. Nella culla delle super-doc Prosecco e Pinot grigio, ma anche di Valpolicella e Soave, la qualità attesa è molto alta, come confermano le prime stime di Veneto agricoltura.
Spostandoci sui singoli territori, il grande distretto del Soave, in questo 2020, attende un carico di circa 450 mila ettolitri, meno dei 504 mila del 2019 e più dei 418 mila del 2018. “I volumi saranno in linea con le richieste di mercato”, racconta Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio di tutela che associa 2.870 viticoltori su 6.300 ettari vitati, con 47 milioni di bottiglie: “La stagione 2020 sta proseguendo senza grandi criticità e lo stato fitosanitario è ottimale. Si prospetta quindi un’annata positiva, in anticipo di qualche giorno. I grappoli di Garganega si presentano spargoli e allungati, prospettando una stagione piuttosto generosa. Per rispettare gli standard di qualità richiesti per la produzione del Soave, anche alla luce della riduzione delle rese approvata dall’assemblea dei soci, si dovrà operare una selezione dei vigneti migliori e il diradamento o declassamento ad altre denominazioni, per quelli che non soddisferanno gli standard richiesti”.
Grande prudenza, in vista della nuova annata, nell’areale del Conegliano Valdobbiadene Prosecco superiore, dove ci si prepara alla seconda vendemmia targata Unesco su 7.500 ettari (oltre 180 le case spumantistiche e 3.300 i viticoltori): “La cautela è necessaria in situazioni eccezionali come quella attuale” dice il presidente Innocente Nardi, che ribadisce l’intenzione di ridurre da 135 a 120 quintali per ettaro le rese, in funzione di un mercato meno vivace per via della crisi economica. “Stimiamo un calo di vendite tra 10% e 20% sul 2019, mentre nel 2021 prevediamo una flessione compresa tra zero e -5%”, aggiunge, ricordando che una parte di vino andrà stoccato, pari a 20 quintali ettaro per il base e 10 per le Rive, biologici e terreni iscritti all’albo veneto delle vigne, per un totale di 15 milioni di bottiglie. “Abbiamo tra 8 e 10 giorni di anticipo rispetto al 2019, le uve sono spargole, non ci sono gravi episodi di fitopatie e riteniamo ci siano le premesse per ripetere l’eccellente qualità del 2019”. Sul raccolto c’è, però, l’incognita della scarsità di manodopera straniera: “Con l’Est Europa sotto la lente di ingrandimento per i contagi da Covid-19, ci sarà bisogno di riflettere sull’introduzione dei voucher. Ricordo” conclude Nardi “che in vendemmia c’è necessità di 13-15 mila persone, soprattutto in vigneti non meccanizzabili”.
La Doc Prosecco dovrebbe attestarsi su 4 milioni di ettolitri di vino in questo 2020, leggermente sopra i 3,9 milioni di un anno fa. Qui, i produttori non intendono rinunciare al vino, né aderire alla riduzione volontaria delle rese. Il Consorzio presieduto da Stefano Zanette ha scelto di incrementare la qualità facendo a meno dei superi della Doc (di cantina e di campagna, per circa 1 milione di ettolitri), di vendere l’annata 2020 solo dal 1 gennaio 2021 e di fissare lo stoccaggio al 20% massimo sui 180 quintali/ettaro del disciplinare, percentuale che potrebbe essere ribassata se gli imbottigliamenti di luglio non saranno molto distanti dalla cifra (record) di 370 mila ettolitri del 2019: “Nel primo semestre abbiamo registrato un calo del 4%”, fa sapere Zanette, ritenendosi soddisfatto per una flessione tutto sommato contenuta, in periodo Covid, dei prezzi base, risaliti intorno a 1,55 euro al litro.
Le bollicine diventate fenomeno globale, quindi, sono particolarmente prudenti anche in relazione agli effetti di eventuali dazi negli Usa e della Brexit. Le scorte certificabili stimate al primo luglio ammontano a 1,48 milioni di ettolitri (dato diverso dai 2,6 mln di Cantina Italia, che fornisce un dato più grezzo senza distinzione tra vino potenzialmente rivendicabile e vino rivendicabile). Nei vigneti, i grappoli “sono belli e di grandi dimensioni, c’è stata una fertilità delle gemme inferiore e lo stato fitosanitario si preannuncia molto buono. A parte pochi episodi di peronospora” conclude Zanette “le uve sono sane e si prospetta una bella vendemmia”.
In Valpolicella, secondo prime stime dell’ente di tutela, la vendemmia “contrariamente alla maggior parte delle aree viticole del Veneto, si preannuncia abbastanza abbondante. La vegetazione è più che mai rigogliosa, indice di un’elevatissima capacità fotosintetica: si prevede quindi una maturazione ottimale in termini di accumulo zuccherino e dotazione di polifenoli e antociani”. Annata in anticipo di circa due settimane sulla media storica e situazione fitosanitaria senza criticità: “Le infezioni peronosporiche sono state scarse e tardive”. Il territorio dovrà fare comunque i conti con gli effetti della grandinata violenta che ha colpito soprattutto la Valpolicella classica a inizio giugno
Per la Doc delle Venezie, che tutela la grande Doc Pinot grigio, si prevede un’annata di produzioni inferiori alle medie. Albino Armani, presidente del Consorzio, ricorda che 2018 e 2019 avevano prodotto rispettivamente 1,4 e 1,24 milioni di ettolitri di vino: “Per questo 2020” sottolinea “oltre ai 130 quintali liberi dalla misura dello stoccaggio decisa dai soci, prevediamo una diminuzione rispetto a un 2019 già scarso. Nel dettaglio, in Veneto e Friuli la produzione scenderà tra il 10% e il 15% mentre in Trentino sarà nella media”. Lo stato sanitario delle uve appare ottimo e sono inesistenti i focolai di oidio e peronospora, fa sapere il presidente del Consorzio che aggiunge: “Con il Pinot grigio si gioca tutto negli ultimi 15 giorni. Inizialmente, sembrava una vendemmia anticipata ma ora l’invaiatura procede lentamente. Dopo il 17-18 agosto” conclude “inizieranno sia le aree più precoci sia i vigneti al secondo anno”.
Rsussiz. Vigneti
“Non sarà un’annata caratterizzata da grandi volumi”, afferma a Tre Bicchieri Giuseppe Crovato, alla guida del Consorzio Doc Friuli-Venezia Giulia, ricordando la decisione di ridurre le rese 2020 per il solo Pinot grigio da 140 quintali per ettaro a 130, con 10 quintali destinati allo stoccaggio. Nei 3.440 ettari vitati gestiti, lo scorso anno sono stati raccolti oltre 360 mila quintali di uve. Quest’anno, per alcune varietà come il Merlot non sembrano esserci grossi scostamenti sul 2019, anzi si potrebbe aumentare leggermente; per la Glera, a causa di una minore fertilità delle gemme, le produzioni dovrebbero essere “decisamente inferiori”. Meno omogenea la situazione del Pinot grigio, ma anche per questa varietà “la proiezione è di un raccolto leggermente inferiore rispetto al 2019”. Sul fronte meteo, le piogge di aprile hanno interrotto un periodo siccitoso e anche giugno ha registrato alta piovosità e temperature fresche. “Nonostante ciò, lo stato sanitario è soddisfacente. Sono al momento trascurabili i focolai di oidio, botrite e black-rot. L’attenzione resta alta sul mal dell’esca e si registrano attacchi di peronospora su vigneti con importanti accrescimenti vegetativi e in alcuni casi su biologici”, concludono i tecnici, che registrano un anticipo fenologico tra 7 e 10 giorni.
Graziano Molon, direttore generale del Consorzio vini del Trentino, descrive un quadro fitosanitario buono e parla di vendemmia contenuta, ma senza misure specifiche da parte del Cda dell’ente, che tutela oltre 10 mila ettari: “L’annata è in anticipo di 12-14 giorni. C’è stata una forte pressione della peronospora ma la difesa effettuata ha dato buoni risultati. Registriamo anche poca pressione dell’oidio. Per quanto riguarda la produzione” aggiunge “per Pinot grigio e Pinot nero sarà in linea col 2019 o leggermente inferiore; per Chardonnay e rossi in generale si stima un incremento tra 10 e 15%”. Pinot grigio (34%), Chardonnay (26%) e Muller Thurgau (10%) sono i vitigni più coltivati in provincia. Nel 2019, con 1,1 milioni quintali (annata nella norma), il Trentino registrò un -16,6% su un 2018 che fu abbondante.
In Alto Adige, dopo un 2019 a quota 500 mila quintali di uve, il 2020 dovrebbe scendere a 450 mila quintali, secondo le stime del Consorzio di tutela che, come è noto, ha scelto di tagliare le rese tra 15% e 30% sui 5.400 ettari. “Un aprile molto caldo e siccitoso ha anticipato il germogliamento e la fioritura è stata rapida, con bacche compatte nelle zone calde; in collina, invece, le bacche non erano così fitte. Poi, dal 20 maggio, per tutto giugno e fino ai primi di luglio, è arrivata tanta pioggia a dare vigoria alle piante, che ora hanno bacche grandi e compatte, facendo presagire una resa alta, ovvero ciò che non vogliamo” spiega il presidente Max Niedermayr. Per i viticoltori ci sarà quasi da dimezzare le uve in pianta: “L’unico modo per abbassare i livelli produttivi e aumentare la qualità”. Raccolta anticipata di 10 giorni e operazioni al via ai primi di settembre. L’incognita per i sudtirolesi è rappresentata dalla ripartenza del turismo dalla Germania, ora in forte calo. Si guarda ad agosto ma anche alla stagione invernale dove, va sottolineato, il consumo di vino è superiore rispetto alle medie estive.
In controtendenza con diversi distretti italiani, la Franciacorta, che lo scorso anno ha portato in cantina 225 mila quintali di uve (annata scarica), prevede un sensibile aumento della produzione, con il comitato tecnico che stima rese tra 100 e 120 quintali/ettaro. “Considerando che nelle ultime 7-8 vendemmie abbiamo prodotto poco (nel 2017 produzione dimezzata per le gelate; ndr), che le scorte sono molto basse e che i nostri vini non usciranno il prossimo anno” sottolinea il vice presidente del Consorzio Franciacorta, Francesco Franzini “abbiamo deciso di non ridurre le rese e di spostare le decisioni sugli imbottigliamenti al 2021, quando faremo le consuete operazioni di tiraggio”. Nelle colline bresciane, si potrebbero staccare i primi grappoli poco prima di Ferragosto: “Siamo molto soddisfatti dell’andamento vegetativo e di uno stato sanitario davvero ottimale: le piante sono ricche, i grappoli grandi e la sensazione è che, se il clima sarà clemente, avremo condizioni ideali”.
Più a nord, in Valtellina, il presidente del consorzio Aldo Rainoldi, con tutte le cautele del caso, visto che il Nebbiolo delle Alpi si raccoglierà tra oltre due mesi, descrive un quadro affatto negativo: “Registriamo un anticipo di maturazione tra 10 e 15 giorni, figlio di una piovosità regolare e di temperature non torride. Non abbiamo problemi di fitopatie e, pertanto, ci sono le premesse per un buon raccolto”. Lo scorso anno sono stati prodotti circa 43 mila quintali di uve e l’annata è stata generosa, come la 2018, con rese sugli 80 quintali/ettaro, al contrario del 2017 (-30%). “Il nostro è un territorio piccolo, abbiamo 830 ettari e le nostre giacenze erano già basse a febbraio. Se faremo un’annata di alta qualità e quantità, riempiremo le cantine di vino che sarà venduto nel 2023. Il Covid-19” conclude Rainoldi “ci preoccupa molto meno del global warming”. Il comprensorio è stato colpito il 23 luglio da una violenta grandinata, a macchia di leopardo, tra i comuni di Castione e Tresivio. Il Consorzio ha stimato danni superiori anche al 50%.
Il variegato distretto dell’Oltrepò Pavese (13,2 mila ettari vitati) non prevede riduzioni della produzione decise dal Consorzio di tutela. Il direttore generale, Carlo Veronese, sottolinea che le produzioni dovrebbero essere “in linea col 2019. Le uve” prosegue “sono in buono stato soprattutto rispetto allo scorso anno, che si caratterizzò per la siccità. La raccolta partirà a metà agosto con le basi spumante, per terminare a ottobre con le uve rosse nelle zone collinari”.
Nella regione che vanta l’87% dei vini a Dop, che lo scorso anno ha prodotto 2,6 milioni di ettolitri, la Giunta regionale è scesa in campo a sostegno delle aziende con contributi integrativi alla distillazione di crisi. Il distretto della Barbera d’Asti e vini del Monferrato (13 le Dop tutelate) lo scorso anno ha raccolto circa 650 mila quintali di uve: “Quest’anno dovremmo avere qualcosa in più, ma se guardiamo all’andamento del mercato, con –0,65% dell’imbottigliato al 30 giugno, dovremmo restare su quei quantitativi”, osserva il presidente consortile Filippo Mobrici. Il suo cda sta valutando l’idea di istituire la riserva vendemmiale e, inoltre, dovrà decidere il da farsi se il mercato si orienterà su vini a redditività più bassa. Nel frattempo, tra i 10 mila ettari vitati, tranne una sporadica presenza di peronospora, le uve sono “in una buona condizione sanitaria”.
I dirimpettai del Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani raccontano, con il presidente Matteo Ascheri, di una situazione generale “abbastanza buona, con viti ancora in piena vigoria che, però, potrebbero determinare un’invaiatura lunga e, quindi, una concentrazione inferiore. Le escursioni termiche ci sono e potrebbe essere una annata molto positiva sul fronte della qualità, anche se registriamo consistenti attacchi di peronospora e oidio”. Il Barolo dovrebbe portare a casa gli stessi quantitativi del 2019 (158 mila quintali), il Barbaresco si dovrebbe attestare su 35 mila ettolitri circa, mentre sul Dogliani c’è abbondante uva e si dovrà diradare: “Bisognerà capire l’andamento del mercato e, in particolare, se le Dop di pronto consumo saranno richieste sul mercato”. Anche in questo territorio, la manodopera in vigna potrebbe essere un anello debole, considerando che sono molte le cantine che affidano la raccolta a società cooperative con addetti stranieri.
Tra i grandi bianchi, il Gavi Docg si trova in “ottima salute” fa sapere il presidente del Consorzio, Roberto Ghio: “Ci sono le giuste piogge e il giusto sole, ma bisognerà vedere che succederà ad agosto. La vendemmia si prospetta piuttosto generosa in quantità ma per il 2020 attiveremo la riserva vendemmiale e disporremo rese più basse, da 95 a 82 quintali/ettaro. I 13 quintali di differenza saranno sbloccati sulla base dell’andamento del mercato, finora stimato tra -10 e -12% entro fine anno”. Guardando ai prezzi dello sfuso di questa Docg, che si sviluppa su 1.550 ettari con 138 mila quintali di uve raccolti nel 2019, e quasi 13 milioni di bottiglie, si registra una stabilità senza flessioni. L’inizio della raccolta? “Siamo circa 7-10 giorni in anticipo e la prima decade di settembre potrebbe essere quella in cui valuteremo di staccare i primi grappoli”, riferisce Davide Ferrarese, agronomo del Consorzio di tutela.
Da questa regione bagnata dal Mar Tirreno, nota per i bianchi e per i suoi vigneti eroici, arrivano appena 40 mila ettolitri di vino. Il neonato Consorzio vini Liguria, guidato da Andrea Marcesini (in attesa dell’erga omnes dal Mipaaf), con oltre 2.400 ettari rappresenta oltre metà della produzione regionale, includendo le Doc Colli di Luni, Cinque Terre, Colline di Levanto e Igt Liguria: “Veniamo da un 2019 in calo tra 20% e 25% rispetto alle medie storiche ma quest’anno sembra che il destino abbia giocato a sfavore. L’annata è quantitativamente importante” spiega Marcesini “l’uva è abbastanza bella e la qualità molto buona, ma probabilmente, considerando il difficile andamento del mercato, faremo meno vino di quanto si possa fare. Le nostre rese medie andranno intorno agli 80 quintali/ettaro al massimo, a esclusione delle imprese colpite dalla grandine in Val di Vara. Chi ha più uve in pianta cercherà di contenere le produzioni ma l’adesione alla misura della riduzione rese nazionale di un minimo del 15% sarà scarsa”. Primi grappoli in cantina intorno al 10 settembre, con Vermentino nero, Albarola e Vermentino bianco.
Il quadro vegetativo e fitosanitario tra i vigneti tutelati dal Consorzio vini di Romagna, secondo quanto illustra la neo presidente Ruenza Santandrea, è attualmente “buona, con piante in equilibrio e un buon sviluppo dell’apparato fogliare. Possiamo dire che i vigneti sono in ottime condizioni fitosanitarie”. Evoluzione del vigneto in anticipo di una settimana, con l’invaiatura in corso, anche se è presto per stabilire con certezza i quantitativi. Nel 2019, la filiera ha raccolto quasi 2 milioni di quintali di uve e rivendicato 1,34 milioni di ettolitri (di cui l’11% a Doc Sangiovese e l’80% a Igt Rubicone) su 13.800 ettari. Primissime stime consortili per questo 2020 danno un possibile incremento generale nei volumi di dieci punti percentuali.
L’areale delle Dop Lambrusco, che saranno presto riunite in un super-consorzio, prevede volumi compresi tra 2,1 e 2,3 milioni di ettolitri. Il direttore Giacomo Savorini illustra il quadro: “Nelle fasi di germogliamento a marzo e aprile abbiamo registrato siccità, così come a maggio; invece, giugno è stato molto piovoso. Tranne una presenza del mal dell’esca superiore agli altri anni, la situazione è molto positiva. Se ci saranno ancora questi sbalzi termici avremo un ottimo prodotto”. Per ora, nessuna decisione su possibili blocage o riserve vendemmiali. I produttori stimano un distacco delle uve per questo celebre rosso a partire dal 25 agosto.
Dopo aver raccolto quasi 320 mila quintali di uve nel 2019 (annata povera nei volumi), l’Istituto marchigiano tutela vini (Imt) prevede di riavvicinarsi alle quantità del 2018. Nel frattempo, l’ente di tutela sta ipotizzando la misura dello stoccaggio per il solo Verdicchio dei Castelli di Jesi, pari a 14 ettolitri per ogni ettaro di vigneto “in modo da scongiurare pericolosi surplus di mercato che inciderebbero negativamente sui prezzi”, fa sapere Alberto Mazzoni, che dirige l’Imt dal 1999. La Regione Marche, in particolare, ha stanziato 2 milioni di euro tra Doc e Igt per lo stoccaggio dei vini invenduti. Per le aziende, in pratica, ci sono 24 euro all’anno per ogni ettolitro di vino Doc stoccato (minimo 50 ettolitri). Il mercato è in “lento recupero anche se la ripresa” sottolinea il direttore dell’Imt “non sarà rapida ma dobbiamo essere bravi a saper cogliere i cambiamenti in atto”. Tra i vigneti, lo stato fitosanitario è ottimale: “Stimiamo una gran bella annata per la qualità, paragonabile addirittura al 2010. Sarà una vendemmia tradizionale, nel senso che” conclude “finalmente si registrano di nuovo delle importanti escursioni termiche, fondamentali per caratterizzare i nostri autoctoni, dalla Lacrima di Morro d’Alba al Falerio fino al Verdicchio”. Il taglio dei primi grappoli? Si partirà poco prima di Ferragosto.
Arriva quasi alla scadenza dei termini utili (31 luglio) il Decreto applicativo del Mipaaf che, sulla base dell’articolo 223 del Dl Rilancio, stanzia 100 milioni per le aziende vitivinicole italiane che sceglieranno volontariamente di contenere la quantità delle produzioni relative alla vendemmia 2020 e di migliorare la qualità dei vini Dop e Igp. Disposto a seguito della crisi economica scatenata dalla pandemia da Covid-19, il decreto fissa tre fasce di aiuti. Sono tre gli importi massimi per ettaro a seconda dei vini che si intendono ridurre. Il produttore dovrà tagliare la produzione di almeno il 15% calcolato sulla media quinquennale, a esclusione dell’annata più abbondante e di quella più scarsa.
Tetti massimi per ettaro
a cura di Gianluca Atzeni
Articolo uscito sul numero di Tre Bicchieri del 23 luglio
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