Non ci nascondiamo: spendiamo una cospicua somma dello stipendio in Champagne. Lo facciamo da tempo, da 15 anni, quando entravamo in redazione come stagisti. Come in tutte le denominazioni, convivono grandi espressioni (anche a prezzi interessanti) e bottiglie deludenti. Nel luccicante e instagrammabile mondo dello Champagne si annidano rapporti qualità prezzo non proprio esaltanti, eppure le critiche sono particolarmente rare. Champagne, basta pronunciare la parola per alzare i livelli di serotonina nel sangue. Con il massimo rispetto per chi è sul fronte produttivo, ecco cinque cuvée che non ci hanno impressionato.
Euro 35
Siamo nella prima fascia di prezzo dello Champagne, per noi sono già troppi considerando cosa racconta il bicchiere. La bottiglia che dal 1876 si fregia del glorioso nastro rosso è frutto di 120 cru (anche molto distanti tra loro) e un affinamento minimo di 20 mesi sui lieviti. Per chi degusta è un prodotto privo di sapore e dal perlage aggressivo: note erbacee e di piccoli frutti rossi viaggiano senza destinazione.
Euro 40
“Il Mosaïque offre un’elegante interpretazione del nostro stile distintivo, raccogliendo le nostre selezioni e scelte senza compromessi finché non diventano evidenti”, fa notare la maison. Noi fatichiamo a sintonizzarci sull’evidenza. La cuvée d’ingresso, con le tre classiche uve e lo chardonnay a tenere testa, profuma di glicine e agrumi canditi, la bocca è molle, la dolcezza ridondante.
Euro 75
Un passo indietro nel tempo, al posto della classica champagnotta abbiamo davanti l’ampolla disegnata da Joseph de Venoge nel 1864. Le uve di pinot nero provengono dalla Montagna di Reims. Saliamo di livello, e di prezzo, con note intense di piccola pasticceria, burro di montagna e lamponi. Ha uno stile ricco, opulento, vinoso. La bocca è lineare, assai morbida e non esattamente dinamica. Chiude sul miele.
Euro 85
Sembra impossibile, ma è difficilissimo trovare un Rosé veramente soddisfacente nella Champagne. Quante delusioni sia tra i Rosé de Saignée quanto nei Rosé da assemblaggio, con aggiunta di vino rosso come nel caso della gloriosa maison di Aÿ, che negli ultimi anni sembra aver perso un po’ di smalto nelle prime cuvée. Colore rosa antico, profumi di ciliegia e liquirizia. Al palato è morbido e cremoso, speziato, non completamente disteso. Chiusura leggermente dolce-amara e un po’ rapida per uno Champagne di questa fascia.
Euro 165
C’è anche lo zampino dell’annata, tra le peggiori del decennio. Nasce da uve Grand Cru, chardonnay (65%) di Avize e Cramant, pinot nero (35%) di Aÿ. Profumi tostati di mandorla e nocciola, una bella nota di lieviti e spezie. La bocca, svuotata dal dosaggio, è incredibilmente tenue: centro bocca debole e richiami fumé a prendersi la scena, insieme a sensazioni di zafferano. La ricerca della leggerezza e della bevibilità, dettate dal mercato, non sta giovando a tante cuvée storiche che si facevano apprezzare per profondità e completezza.
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