«Il mercato del vino è guidato da avidi intenditori, imprenditori, produttori e venditori di vino che lo fanno solo per i soldi». Così Michel Bettane, critico enoico francese, apre un suo editoriale sulla rivista londinese World of Fine Wine, mettendo in luce le profonde disuguaglianze nei prezzi del vino e riflettendo sulla sostenibilità economica di un mercato che, secondo lui, è dominato da speculazione e disparità. Una denuncia ai costi esorbitanti di alcune etichette e un’analisi sulle difficoltà che affliggono il settore vinicolo, tra crisi economiche, cambiamenti climatici e un mercato sempre più instabile. Quella di Bettane è una prospettiva critica sul futuro del vino, un prodotto che, sebbene da sempre legato alla cultura e alla tradizione, rischia di perdere il suo valore essenziale a causa di logiche puramente economiche.
La domanda di vini «ultra speculativi» sta calando, mettendo in crisi un mercato che negli ultimi anni ha visto crescere i prezzi in modo esponenziale. Secondo Bettane, l’attenzione mediatica si concentra spesso su casi isolati di bottiglie vendute a cifre (fin troppo) esorbitanti – come i mille euro per un Bourgogne Aligote o i 10mila euro per i Grands cru di Borgogna – che rappresentano solo «un l’albero che nasconde la foresta». Queste bottiglie, sebbene rare e costose, non riflettono la realtà di un mercato vinicolo più ampio e complesso, in cui il valore elevato nasconde anche una serie di problematiche strutturali. I prezzi del vino sono influenzati non solo dai costi di produzione, ma anche da fattori speculativi che gonfiano artificialmente il valore di alcune etichette; ad esempio, il costo di un vino di alta qualità può variare notevolmente, con alcuni vini che raggiungono appena gli 8 euro a bottiglia per la produzione, mentre altri possono arrivare fino a cento euro. Tuttavia, «Pochi di questi vini giustificano un prezzo all’ingrosso superiore ai 30 euro».
In questo contesto, il critico si interroga su quanto sia etico e sostenibile economicamente un mercato che permette a un Corton (AOC francese da vigneti Gran cru della Côte de Beaune) di essere venduto in media a 100 euro a bottiglia, generando profitti enormi per i produttori, mentre vini di altre regioni, pur realizzati con altrettanta competenza, faticano a raggiungere una sola frazione di quel prezzo. Bettane non risparmia critiche neanche al sistema dei ristoranti – includendo anche gli stellati Michelin – che spesso applicano ricarichi significativi sui vini, senza offrire un servizio adeguato: «Vengono troppo spesso serviti alla temperatura sbagliata, senza pensare al tipo di bicchiere o al piatto che devono accompagnare» e ciò contribuisce ulteriormente alla distorsione del mercato e del valore effettivo.
Oltre alla speculazione sui prezzi, Bettane pone l’accento sulle difficoltà che il settore vinicolo sta affrontando a livello globale; la riduzione della produzione e del consumo di vino, il fallimento di molte aziende vinicole e le difficoltà nel trasferimento delle attività alla nuova generazione sono solo alcune delle problematiche che minacciano il futuro del settore. A queste si aggiungono le «stupide aliquote fiscali confiscatorie» in Francia, che aggravano ulteriormente la situazione, e il cambiamento climatico, che rappresenta una sfida – oggi più che mai – per i produttori.
Per questo se non si interviene e non si affronta mai l’argomento, il mondo potrebbe perdere una parte insostituibile del suo patrimonio culturale e gastronomico: «Alla fine, il buon vino e le competenze che informano la sua cultura ci lasceranno tutti indifferenti», scrive Bettane, evidenziando il rischio che la tradizione vinicola possa essere compromessa da logiche di mercato che privilegiano il profitto a breve termine rispetto alla sostenibilità a lungo termine, portando così le persone a perdere interesse e apprezzamento.
Altro tema è quello della crescente popolarità del no alcol, che il critico francese definisce come un prodotto «assurdo e innaturale», frutto di un marketing creativo «che cerca di vendere qualsiasi cosa», pur di ottenere margini di profitto (qui la nostra intervista a Josko Gravner sull’argomento). Questa tendenza, secondo Bettane, è un ulteriore segnale della perdita di autenticità nel mondo del vino, che rischia di essere travolto da dinamiche speculative.
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