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Svolta in Franciacorta per Barone Pizzini: tutta la produzione di vino diventa vegana

La storica cantina franciacortina ottiene la certificazione inglese Vegan Society. Silvano Brescianini: "Un percorso durato 13 anni che ci avvicinerà ai consumatori più giovani"

  • 09 Gennaio, 2025

La Franciacorta abbraccia la rivoluzione vegana. Barone Pizzini, azienda pioniera del biologico nel mondo del vino (sin dal 1997), raggiunge la certificazione vegana per l’intera produzione proprio a ridosso del veganuary, il mese dedicato al movimento di origine inglese che invita a rinunciare per 31 giorni a cibi e bevande di derivazione animale. La certificazione sarà dalla linea di Franciacorta ai vini fermi della marchigiana Pievalta e della toscana Ghiaccioforte. «Abbiamo iniziato un percorso nel 2012 per produrre vini vegani, e oggi raccogliamo i frutti», racconta al Gambero Rosso Silvano Brescianini, amministratore delegato dell’azienda e presidente del consorzio Franciacorta.

Silvano Brescianini, amministratore delegato dell’azienda e presidente del consorzio Franciacorta

Barone Pizzini ottiene la certificazione vegana

Gennaio è il mese del veganuary, movimento che invita a rinunciare a carne, pesce, uova e latticini per 31 giorni. Un fenomeno in crescita, che riflette una sensibilità sempre più diffusa: secondo Eurispes, il 9,5 per cento degli italiani evita alimenti di origine animale e il 7,2 per cento degli italiani è vegetariano, mentre il 2,3 per cento segue una dieta vegana (con un aumento del 2,9 per cento rispetto al 2023), con numeri quasi quadruplicati rispetto al 2014. Una tendenza che Barone Pizzini ha saputo intercettare, adeguando la propria produzione per incontrare le esigenze di un pubblico giovane, consapevole e orientato alla sostenibilità.

Il percorso per ottenere la certificazione vegana

Fondata nel XVIII secolo, Barone Pizzini ha sempre giocato d’anticipo. «Già da tempo volevamo un modo di produrre vino rispettando la terra e la maggiore sensibilità dei consumatori, tra cui quelli delle nuove generazioni», spiega Brescianini. La transizione al vegano è iniziata nel 2012, con l’eliminazione graduale di albumina e gelatine di pesce dai processi di vinificazione: «Per anni abbiamo utilizzato solo caseina eliminando il resto, poi, piano piano, abbiamo eliminato anche quest’ultima», ma, come evidenzia Brescianini: «Non è stato semplice: le proteine vegetali usate per i processi in cantina sono derivate da piselli e patate, prodotti piuttosto giovani sul mercato, fortunatamente i progressi degli ultimi anni ci hanno permesso di affinare il sapore del vino».

La certificazione, rilasciata dalla Vegan Society – l’ente britannico più antico e autorevole nel settore – rappresenta la consacrazione di questo impegno. Un risultato che ha richiesto controlli e oltre dieci anni di lavoro, e che vedrà le prime bottiglie con la certificazione vegana in etichetta a partire da subito: «Arriveremo ad aprile al Vinitaly 2025 con una buona parte delle nostre etichette vegane», dichiara il presidente di Barone Pizzini. Da questa primavera, infatti, circa 600mila bottiglie – tra Franciacorta e vini fermi – porteranno il simbolo del girasole verde. La vendemmia 2024, che ha registrato un calo del 30 per cento, ridurrà però la produzione di Franciacorta Docg da 400mila a 300mila bottiglie.

Il Regno unito punta sul vegan

«Il Regno Unito è stato il primo mercato a chiederci vini vegani», continua l’amministratore delegato. «Sono molto più avanti di noi in questo ambito. Per questo abbiamo scelto di mandare la richiesta all’associazione inglese Vegan Society». Anche se già la marchigiana Pievalta e della toscana Ghiaccioforte avevano ottenuto da due diverse società italiane la certificazione vegan.

Dietro questa scelta, però, oltre all’importanza di mettere al centro i temi di sostenibilità ambientale, c’era anche un altro obiettivo, quello di avvicinarsi anche a un nuovo target di bevitori: «I giovani sono consumatori più sensibili», afferma Brescianini. «Non potevamo ignorare questa nuova coscienza ambientale. È un atto dovuto». La certificazione vegana completa, infatti, un percorso iniziato con la transizione al biologico nel 1997 e consolidato con la conduzione biodinamica e oggi vegana dei vigneti di tutto il Gruppo. «È una scelta di sostenibilità, ma anche un’opportunità per intercettare nuovi consumatori e nuovi mercati».

Ed è proprio parlando di mercati che chiude Silvano Brescianini. Conferma gli Stati Uniti come miglior mercato estero dell’azienda e non si dice spaventato per i possibili dazi del nuovo presidente Donald Trump, anzi. «Quello per cui preoccuparsi davvero adesso sono le normative per il nuovo codice della strada che non stanno salvando più vite, ma distruggendo l’intero settore del vino e degli alcolici in generale», conclude adirato il patron di Barone Pizzini.

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