Un Amarone di Giuseppe Quintarelli del 2015 parte il primo giorno con un’offerta di un euro dall’Olanda, un italiano va subito al rialzo, i due se lo contendono di rilancio in rilancio finché fa irruzione un belga che fa impazzire la gara, e alla fine un altro italiano per portarsela a casa deve mettere sul piatto 241 euro. Un Borgogna del 2017 di Anne Boisson parte anche lui da un euro di prezzo base, la zuffa scoppia quasi subito tra due clienti francesi che arrivano fino a quota 78, poi arriva un olandese che spara un rilancio apparentemente insensato a 275 euro, un francese di passaggio prova a contrattaccare ma l’olandese non molla: e la bottiglia viene comprata a 315 euro. E così via: nel magico mondo delle aste dei vini, così come lo racconta la app di Catawiki, colosso delle aste online che vende quasi di tutto, dai fumetti agli orologi e ai quadri pop, e che ha nel settore alcolici uno dei filoni più vivaci.
Un’asta continua, h24, con una media di tremila lotti presenti sulla app. A fare da garanti sulla qualità del prodotto un team di esperti guidati da Mattia Garon, che scarta mediamente due terzi delle offerte che vengono ricevute. Ma come si valuta un vino da remoto? «Visto che non puoi assaggiarlo, ti affidi ai segnali visibili. La capsula, l’etichetta, il livello di riempimento. Se il livello è più basso del dovuto è probabile che il vino sia ossidato».
Monitorare le aste di Catawiki è un modo interessante per capire dove va il mercato: sia quello del consumo che quello da collezione, senza escludere il mercato investimento-speculazione, dove si comprano Bordeaux come si comprerebbero bitcoin, e l’eterna dialettica tra valore d’uso e valore di scambio teorizzata da Karl Marx si è platealmente risolta a favore del secondo. Ad influenzare le dinamiche dei prezzi contano le mode e contano le recensioni: «Ma una buona critica – spiega Garon – non basta a tenere alte le quotazioni di un vino se dietro non c’è sostanza reale, qualità reale. Io dico: apriamo la bottiglia, e vediamo perché hai preso cento centesimi».
Acquirenti da una sessantina di paesi, centinaia di privati e di venditori professionali a proporre i loro vini, e Catawiki che incamera il 12,5% del prezzo di vendita finale. Un meccanismo sempre più diffuso dove, spiega Garon, «il nostro valore aggiunto è la consulenza pre e post vendita». Ogni paese ha le sue preferenze, «Gli scandinavi puntano decisi sulle vendemmie precedenti al ’90». Ma ci sono dei punti fermi, i grandi classici: «Gli champagne, i Bordeaux, i Borgogna, da noi i Nebbiolo e i Barbaresco. Ma c’è anche un effetto traino, il Barolo trascina a meritati successi il Nebbiolo e il Barbera. In Francia un grande viticoltore come Pierre Overnoy ha spalmato visibilità su tutta la zona e ha fatto dei vini dello Jura un protagonista della scena». Ci sono annate che il mercato riconosce come leader: «Ad oggi il 2016 resta ineguagliato».
A rendere complicata la scelta dell’acquirente «c’è il fatto che la qualità si sta alzando in modo impressionante, ci sono eccellenze diffuse che ampliano enormemente la platea e alzano l’asticella. Penso, per fare dei nomi, ai Tua Rita di Sovereto per la Toscana, o per l’Alto Adige alla cantina Tramin di Termeno. Vini pazzeschi”. All’asta vanno piccoli lotti, non più di sei bottiglie ciascuno, ma anche singole bottiglie, «d’altronde se cerchi un Tignanello del ’90 è difficile trovare sei bottiglie uguali». Chi sono gli acquirenti? «C’è di tutto: semplici appassionati, i wine entusiastic, ma anche collezionisti, e ristoratori che a volte comprano avendo in mente un cliente particolare, l’habitué di cui conoscono i gusti e che si coccolano facendogli trovare una bottiglia speciale».
Per i grandi vini l’asta a volte si fa dura, «per un Borgogna raggiungere le migliaia di euro è quasi normale». A guidare la top ten del 2023 sono vini che nessuno berrà mai, come uno sherry del 1775 venduto a 47mila euro, o uno Cheval Blanc del 1947 a 219mila. La bottiglia più cara in assoluto è stata però una bottiglia “quasi” normale, un Cabernet Sauvignon del 1992, battuto a New York per 424mila euro: ma era un’asta di beneficenza.
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