Ormai ci siamo: il Natale bussa alle porte. E con il Natale arrivano tutti quei piatti che arricchiscono la tavola delle feste. Uno di questi, tra i più iconici, sono i tortellini in brodo, vero must del pranzo di Natale, ormai piatto davvero trasversale nei menu che vanno dalle Alpi all’Etna.
Ma quale vino vogliamo abbinarci? Le possibilità sono molte. Se vogliamo rimanere sul classico, di certo sarà l’ampia palette dei Lambrusco a venirci in aiuto. Noi, però vogliamo andare un po’ oltre e consigliare qualcosa di più insolito. E allora ecco una piccola lista della spesa con dieci etichette alle quali forse non avreste mai pensato. Provatele, l’importante è munirsi di curiosità!
Tradizione più che secolare quella della famiglia Accornero nel mondo agricolo, che vede una svolta nel 1957 quando Giulio Accornero decide di iniziare a vinificare in proprio le uve. Sono oggi i figli Ermanno e Massimo a portare avanti l’azienda, con le vigne che insistono su un terreno calcareo-marnoso che dona ai vini ricchezza e un buon potenziale di invecchiamento. Il Grignolino del Monferrato Casalese Bricco del Bosco ’23 è di un rubino brillante che invoglia all’assaggio, così come il naso di frutta rossa e pepe. Il sorso è deciso, con tannini presenti ma raffinati, il finale è sapido.
L’azienda della famiglia Bosoni si è affermata negli anni come una delle realtà più grandi e belle della Liguria. Il successo ha a che fare con la meticolosa attenzione posta nella cura dei vigneti, condotti in regime di agricoltura biologica, ma anche con un’innovazione continua che ha portato recentemente anche alla costruzione di una nuova cantina. Per l’abbinamento con i tortellini in brodo vi consigliamo l’Etichetta Nera ’23, un Vermentino che regala grandi emozioni: il colore è intenso e brillante e dal calice emergono sentori erbacei e mediterranei che si riverberano su un palato avvolgente, armonico e dotato di beva invitante.
Lo stile dei fratelli Cristiano e Sergio Agnes è inconfondibile. Persone schive, meticolose, che lavorano in vigna e in cantina sulla loro amata croatina cercando di usare metodi il meno invasivi possibile, rispettando la terra di famiglia per ottenere vini spiccatamente territoriali. Anche quest’anno affascina la Bonarda Frizzante Cresta del Ghiffi ’23, profumata di viola e lampone, fruttata e ampia al sorso, con un marcato residuo zuccherino ben bilanciato dall’abbondante ma levigato tannino.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando la storica struttura militare del 1500, Castelliere, si è trasformata nell’attività agricola che è oggi. È la famiglia Balter a guidare la svolta, a partire dalla seconda metà del ‘900, e che oggi vede schierati Francesco con i figli Nicola e Barbara tutti orientati alla produzione di Trentodoc di alta qualità. Non sottovalutiamo le bollicine nell’abbinamento con i tortellini, ma dobbiamo avere l’accortezza di non berle troppo fredde, altrimenti l’accostamento va a farsi benedire. Vi consigliamo questo Trento Rosé a base di pinot nero (80%) e chardonnay: spiccano i sentori di frutti rossi, il sorso è polposo, ma denso di acidità e dotato di un finale sapido e profondo.
Giovanni Bartucci meno di dieci anni fa ha acquisito la proprietà dell’azienda di Monteforte e velocemente ne ha fatto una delle aziende già interessanti del Soave, ma non mancano continue esplorazioni dei territorio vicini, a partire dalla Lessinia. Dalla zona Le Coste proviene il Soave Verso ’21, un bianco che matura a lungo in cantina prima dell’imbottigliamento e che oggi evidenzia la sua capacità di sintesi fra complessità e piacevolezza immediata. I profumi spaziano dal frutto giallo maturo alle note di fiori secchi, dalla radice di liquirizia alle sfumare affumicate, per donarsi infine in un sorso di grande ricchezza e sapidità.
Sono oramai diversi anni che Andrea Petrini crea vini di qualità rimarchevole. Quello che un tempo era un hobby di famiglia si è poi tramutato in lavoro a tempo pieno per lui che si avvale della consulenza di Aroldo Bellelli. Il vino più rappresentativo è il Vigneto del Balluccio, cru esposto a sud/sud-ovest su terreno ricco fresco e argilloso. La versione 2022, come sempre affinata in acciaio, è uno spettacolo: in barba all’annata calda offre una lucente filigrana di aromi agrumati, di frutta bianca e mandorla che si sciolgono in un sorso succoso, pieno, di grande soddisfazione palatale eppur in grado di allungarsi in un finale potente, salino, incantevole.
A guidare la cantina Tiberio, divenuta una delle più ricercate in regione, ci sono Cristiana e Antonio Tiberio. Messi da parte i vitigni internazionali, si è puntato tutto sugli autoctoni, coltivati nei dintorni di Cugnoli, a metà strada tra Gran Sasso e Majella, a circa 350 metri di altitudine. Solo acciaio in cantina, per fare in modo che montepulciano, pecorino e trebbiano raccontino senza troppi giri di parole loro stessi e il territorio. Il Cerasuolo può essere un buon compagno dei tortellini, soprattutto quando si dimostra verace come quello proposto dai Tiberio. La sua grande vitalità e un palato gastronomico e di buona dinamica vi stupiranno nell’abbinamento.
Siamo a Portocannone, non distante dalla costa adriatica: è su questo territorio che insistono gli 85 ettari vitati di Tenimenti Grieco che ospitano autoctoni, come falanghina, montepulciano e tintilia, e uve internazionali. Non stupisce più ormai la bontà della Tintilia 200 Metri. Anche il 2023 ci è sembrato fragrante, fresco e sfaccettato, con sfumature che ricordano le ciliegie rosse e il lampone maturo, arbusti mediterranei, uno sbuffo lievemente pepato. La bocca è tesa e croccante: si tratta di un vino giocato sulla bevibilità ma non per questo banale né tantomeno semplice.
La tenuta di Dattilo di Roberto Ceraudo e della sua famiglia è un curatissimo giardino dove tutto, agrumi, ulivi, vigna e orto, non conosce prodotti chimici da quasi quarant’anni. Biologica già dagli anni Ottanta, ormai da tempo tutta l’azienda è stata convertita al biodinamico. Vi sorprenderà come questo Pecorello si abbini a un fumante piatto di tortellini. Merito della raffinatezza olfattiva e gustativa: il Grisara ’23 si apre su toni di frutta e fiori gialli, lime, bergamotto, iodio, anice ed erbe mediterranee. Freschissimo all’assaggio, vanta un equilibrio incantevole tra polpa e sapidità per un finale dal lungo ritorno agrumato.
In una Doc superaffollata come quella dell’Etna, la cantina della giovanissima Giulia Monteleone, nel breve arco di tempo di un lustro, è riuscita a entrare di diritto, risultati alla mano, nel novero delle aziende che meglio rappresentano il vulcano. Merito di un’attenta e accurata gestione dei vigneti, seguiti personalmente da Giulia e dal marito Benedetto Alessandro. L’Etna Rosso Qubba ’22 è classico nei raffinati toni floreali e di frutti neri, con note balsamiche e di tabacco. Elegantissimo al palato, è voluttuoso ma slanciato.
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