Stefania Trenti, Head of Industry and Local Economies Research Intesa Sanpaolo, è intervenuta al Global Summit sulla Sostenibilità con la relazione tecnica sul tema il settore agroalimentare: sfida alla sostenibilità e alla bioeconomia
Il settore agro-alimentare: sfida alla sostenibilità e alla bioeconomia
Le prospettive per il 2024 vedono una crescita poco brillante per il PIL globale, ma con prospettive di accelerazione nella seconda parte dell’anno. Le Banche Centrali inizieranno una fase di allentamento della politica monetaria, ma il rischio di mancare l'obiettivo di inflazione anche nel 2025 implica cautela e gradualità.
Sul sistema agro-alimentare si stanno allentando le pressioni che erano emerse con particolare intensità negli scorsi mesi, soprattutto sul fronte dei prezzi: il raffreddamento delle tensioni sui mercati energetici sta portando ad un graduale rientro delle quotazioni dei principali input anche per la filiera agro-alimentare. La situazione del mar Rosso si sta per il momento riflettendo sui prezzi dei noli marittimi che sono quadruplicati (per le tratte dall’Asia verso i porti del Mediterraneo), con potenziali nuovi rischi di fiammate dei prezzi sia per l’energia che per le commodities agricole.
Le attese sull’evoluzione del fatturato per il 2024, monitorate dall’indagine interna Intesa Sanpaolo, sono ancora positive, in particolare per quanto riguarda le attività legate all’agriturismo e alla fase di trasformazione. Restano tuttavia delle sfide importanti da affrontare nel medio termine: popolazione mondiale in crescita, cambiamento climatico, desertificazione ed aumento di eventi estremi, perdita di biodiversità.
Il settore agro-alimentare ricopre un ruolo di rilievo nel nostro Paese ed è un elemento trainante del Made in Italy nel mondo, grazie alla qualità delle produzioni e ad alcuni fattori di competitività che lo distinguono dai principali competitor europei. Questo profilo è testimoniato dalle 879 certificazioni DOP/IGP presenti nel nostro Paese (seconda la Francia con 751), di cui 526 certificazioni sono per i vini (segue la Francia con 437). L’intera filiera ha conquistato un ottimo posizionamento qualitativo sui mercati internazionali: nel 2021 l’Italia si conferma quinto esportatore mondiale di prodotti alimentari, con una quota del 4,1%, ma sale in quarta posizione (con una quota del 5,4%) nella fascia alta di prezzo, il “top di gamma” delle produzioni alimentari.
La forza dei territori è uno degli ingredienti di questo successo: ben sei regioni italiane (Veneto, Sicilia, Lombardia, Emilia-Romagna, Puglia, Campania) compaiono nel ranking delle prime quindici regioni europee a maggior valore aggiunto nel comparto agricolo. Sono ben 51 i distretti agro-alimentari italiani, diffusi su tutto la Penisola, espressione delle tradizioni del territorio ma con una forte vocazione internazionale. Le esportazioni dei distretti agro-alimentari hanno sfiorato i 20 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2023 (+4,5% rispetto allo stesso periodo del 2022) e rappresentano circa il 45% del totale dell’export agro-alimentare italiano.
Nettamente più elevata anche la diversificazione di prodotto, dove l’Italia si distingue nel contesto europeo. Il nostro Paese spicca anche in termini di tutela della biodiversità: la quota di superficie agricola destinata a coltivazioni biologiche è del 16,8%, superiore a Francia (9,7%) e Spagna (10,8%); quella ricoperta da bosco è il 16% (Francia 3%; Germania 8%).
Gli investimenti in tecnologia lungo tutta la filiera, dall’agricoltura di precisione all’adozione di modelli di produzione circolare, alla digitalizzazione dei processi, saranno fondamentali per affrontare le grandi sfide che attendono gli operatori dell’agroalimentare, innanzitutto per fronteggiare al meglio i cambiamenti climatici e venire incontro alle esigenze dei consumatori che richiedono prodotti sempre più sostenibili. L’Italia del food ha dato prova di una notevole capacità innovativa, con una quota di imprese che hanno apportato innovazioni di prodotto e di processo del 57,6%, superiore alla media UE27 (48,6%) e in linea con la Germania. La quota di mercato italiana nelle macchine agricole e per la filiera alimentare è del 12% (terzi dopo Germania e Cina), siamo inoltre leader indiscussi in alcuni macchinari (lavorazione frutta, panificazione). Anche sul fronte più innovativo della bioeconomia circolare, l’Italia presenta una quota nei prodotti chimici biobased del 7,6% sul totale della produzione chimica, con una leadership nelle plastiche biobased.
Le nuove sfide richiederanno anche un ripensamento dal punto di vista della valorizzazione del capitale umano, accompagnati da un più veloce passaggio generazionale. Le imprese che hanno un board costituito interamente da under 40 hanno registrato, nel recente passato, performance migliori in termini di crescita di fatturato e tenuta dei margini. Inoltre, la presenza di almeno un under 40 nel board agevola l’adozione di strategie evolute come brevetti e certificazioni di qualità e ambientali. Anche le imprese che hanno investito nel biologico hanno mostrato una crescita del fatturato a prezzi correnti più sostenuta, e una migliore redditività, confermando come la sostenibilità possa tradursi in una opportunità per le imprese che investono nella giusta direzione.
I risultati dell’inchiesta interna di Intesa Sanpaolo per la filiera agroalimentare evidenziano ottimismo sul fronte degli investimenti per il 2024, grazie anche alla presenza dei fondi del PNRR, e soprattutto come il tessuto produttivo italiano abbia ben chiari gli obiettivi da perseguire: economia circolare, riduzione dei consumi energetici, introduzione di tecnologia nei processi.
Stefania Trenti
Head of Industry and Local Economies Research di Intesa Sanpaolo,