Fare le fiere conviene ed è vantaggioso per le imprese del made in Italy, che potrebbe ulteriormente incrementare il proprio giro d’affari se le piccole e medie imprese (Pmi), in futuro, aumenteranno in modo sensibile la propria partecipazione agli eventi. Lo dice un rapporto Prometeia-Aefi, presentato a Roma il 5 giugno, per la IX Giornata mondiale delle fiere (Ged) nel corso di un convegno organizzato dall’Associazione esposizioni e fiere italiane (Aefi), a Roma, al ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit). La crescita generata negli ultimi 10 anni dalle aziende italiane che si sono affacciate alle fiere internazionali nei macrosettori (agroalimentare, tecnologia, edilizia e arredo) è stata quasi doppia rispetto al trend generale dei comparti di riferimento, ha fatto sapere Giuseppe Schirone, responsabile del team di ricerca Prometeia.
Il report Prometeia-Aefi è basato sui risultati di un panel di 3.800 imprese, che valgono il 25% del giro d’affari complessivo, e che si sono rivelate protagoniste dell’incremento dei tre settori del Made in Italy, con un’incidenza sulla crescita dei fatturati del 62% (+39 miliardi di euro, su un totale di +62 miliardi), con punte dell’82% per l’agroalimentare. Il report ha anche evidenziato come per le imprese che hanno partecipato alle fiere nell’immediato pre-Covid (2012-2019) vale il 6,9% della crescita settoriale, pari a 4,3 miliardi di euro, secondo Prometeia
Maurizio Danese, presidente di Aefi (e amministratore delegato di Veronafiere), guarda avanti: «Per i tre macrosettori, cui corrisponde una parte significativa delle nostre manifestazioni internazionali, il rapporto stima un’evoluzione positiva del fatturato al 2026 di oltre 50 miliardi di euro (+5,7%), grazie soprattutto alle esportazioni che cresceranno in valore dell’11% a fronte di un mercato interno poco più che stabile». Questo è uno dei motivi per cui occorre accelerare sull’internazionalizzazione delle principali rassegne italiane. Danese non esita a rivolgersi al Governo Meloni e a parlare di «aggregazioni tra eventi leader del made in Italy per essere maggiormente presenti all’estero. Una piattaforma a regia unica per le fiere tricolori oltreconfine, su cui è fondamentale l’adesione del Governo dei dicasteri coinvolti, a partire dal Mimit, e di agenzie come Ice e Simest».
L’effetto fiera – conclude il report – potrà rivelarsi ancora più incisivo in maniera direttamente proporzionale all’adesione di Pmi (15 mln di euro il fatturato medio) alle manifestazioni internazionali, in Italia e all’estero. L’ingresso di 4.150 nuove piccole e medie realtà alle fiere tricolori porterebbe un beneficio di un altro +0,6% sull’aumento complessivo di fatturato dei tre settori (+56 miliardi di euro), con un incremento ascrivibile alla sola partecipazione fieristica che si attesterebbe a +5,7 miliardi di euro, anziché 3,1 miliardi. A beneficiarne di più sarebbero, ancora una volta, i volumi d’affari dei comparti tecnologici (meccanica, elettronica, elettrotecnica, aerospazio e altro) che chiuderebbero il 2026 a +39 miliardi di euro, e di quelli agroalimentari, che guadagnerebbero 20 miliardi di euro.
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