Sembra una frittata, ma di uova non ce n’è neanche l’ombra. Il segreto? Quel pizzico di aglio in più che rinvigorisce un piatto già delizioso. Semplice, ma non banale: è la votapiatto di calamarelle, ricetta marinara tipica della Riviera di Ulisse, quel bel tratto di costa tra Sperlonga e Gaeta dove il pesce fresco la fa da padrone.
Non è difficile intuire il motivo del nome: il mix di pesce e pastella viene girato in padella proprio come si fa con una frittata. Protagonista è la calamarella, un calamaro molto piccolo, morbido e ricco di gusto, pulito e impanato con la farina. Per essere considerata tale, una calamarella non dovrebbe essere più grande di 8, 10 centimetri al massimo, come spiega lo chef Stefano Chinappi del ristorante Chinappi di Roma: la sua è un’avventura cominciata a Formia, proseguita nella Capitale dove ha voluto portare la sua conoscenza della materia prima, con un calendario dei prodotti ittici che segue attenzione, «anche se ormai c’è tanta confusione, sto ancora aspettando le triglie che sarebbero dovute arrivare a luglio: il caldo di quest’anno non perdona» spiega.
I prodotti arrivano dalla pescheria di famiglia del litorale pontino, dove Chinappi è cresciuto con i piedi a mollo nell’acqua, e ricette saporite fatte con ciò che il mare aveva da offrire. La calamarella, per esempio, «molto tenera, da tagliare in pezzi non più grandi di 2/3 centimetri». Una volta pulite, le calamarelle vanno asciugate per bene, «poi mescolate con un battuto di aglio, prezzemolo e farina, e assemblate in una terrina tonda». La dimensione dipende dai gusti personale «a Formia piacciono le porzioni abbondanti e si usa una formina più grande, mentre al ristorante riduco un po’ le dosi». La pastella viene versata in padella con l’olio caldo, senza coperchio: «Dopo averla rosolata da un lato, si gira con una spatola stando attenti a non romperla».
Il consiglio dello chef? «Meglio usare una padella di ghisa, che mantiene l’olio più caldo». Una volta dorata, la votapiatto è pronta, e può essere accompagnata da verdure di stagione. Riprodurla in casa non è semplice, ma bisogna avere un po’ di accortezza in più durante la pulizia, considerate le piccole dimensioni del pesce. «Ecco perché da noi era un piatto speciale, da preparare per le feste: nelle grandi occasioni non poteva mai mancare, insieme a triglie e sogliola» spiega Chinappi, che con il lavoro di precisione è abituato, «qui serviamo gli spaghetti con le telline sgusciate: circa 15 chili di telline a settimana, un lavoraccio che però fa la differenza».
Chinappi – via Augusto Valenziani, 19 – chinappi.it/
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