Qualcuno la chiama la huerta de Europa, ovvero l’orto d’Europa. E tanto basti per raccontare un territorio – la Murcia – benedetto dal punto di vista agroalimentare, in cui frutti della terra e del mare costruiscono una proposta pienamente mediterranea con una grande tradizione. La stessa che qualcuno, come Marco Antonio Iniesta del ristorante Frases, cerca di guardare con occhi nuovi. Lo ha raccontato sul palco di San Sebastian, durante il congresso Gastronomika, dove ha tenuto una lezione sui suoi salumi vegetali. Non dei semplici pallidi salsicciotti di patate o rapa, ma delle versioni veg dei più famosi insaccati spagnoli – «quelli che da noi si mangiano praticamente tutti i giorni» commenta lo chef – con affinamenti e tecniche precise, che possano dunque proiettare il mondo vegetale all’interno di un know how di grande valore. Una piccola rivoluzione frutto non di una azione militante o dell’adesione a una qualche filosofia specifica, ma dal desiderio di lavorare con il mondo vegetale in modo nuovo e – contemporaneamente – di raccontare da una nuova prospettiva la cultura gastronomica locale: «nel nostro ristorante vogliamo che tutto abbia un senso, che racconti una storia e che contribuisca all’ospite. Non c’è niente di meglio che sventolare la bandiera della Regione di Murcia con qualcosa di così unico come le salsicce e le verdure» ha spiegato. Facile a dirsi, molto meno a farsi.
«Salsicce con verdure, il patrimonio di Murcia», è il titolo della lezione in cui Iniesta presenta il suo processo produttivo. Dall’analisi dei problemi alle possibili soluzioni, dall’analisi delle tecniche alla ricerca delle materie prime. Un algoritmo della creatività che sarebbe piaciuto a Bruno Munari, quello che risponde a una serie di problematiche, la prima delle quali riguarda la criticità più grande: la mancanza di grasso. Lo sostituisce con grassi ed emulsionanti: burro di cacao, soia, lecitina di girasole, kuzu a integrare gli impasti per dare la struttura corretta e la possibilità di maturazione. Elementi sensibili alle temperature, che dunque spesso richiedono una lavorazione a freddo.
Ma poi il punto è stato anche cercare le tecniche migliori per ogni prodotto e le verdure in grado di rispondere adeguatamente alle lavorazioni arrivando a un risultato che per struttura, sapore, aroma potesse dare piena soddisfazione e ricordare da vicino gli originali. Mettere a punto ingredienti e tecniche non è stato facile, perché si trattava di creare ex novo una serie di processi, il lavoro è durato a lungo e insieme alla parte tecnica è cresciuta anche la riflessione necessaria per costruire uno storytelling che inserisca questi nuovi non salumi, all’interno di un panorama di riferimento coerente. «La coerenza è importante in un ristorante. C’è bisogno che le cose abbiano un senso» aggiunge. Per questo i salumi vengono anche proposti nel menu degustazione, parte di un percorso gastronomico che raconta con occhi nuovi la tradizione.
La morcilla è una sorta di sanguinaccio, Iniesta la prepara con melanzane, cipolla, pinoli, origano, cannella, pepe e altre spezie. A prima vista, è del tutto simile a quella tradizionale. Viene cotta a bassa temperatura e poi passata in aceto e limone per dodici ore. La presenta come una salsiccia fresca su una tartina con pralina di pinoli e fiori. La cecina è con la rapa rossa essiccata, sale e carbone vegetale. Affumicata e arieggiata per 48 ore, viene stagionata per 20 giorni. Il risultato ricorda una carne stagionata, la serve in una tartelletta con sottaceti. Per il chorizo usa una varietà tipica di zucca, arrostita e condita con paprika, aglio e le spezie tipiche del salame, poi, una volta messo in forma, viene maturata per 10 giorni a temperatura ambiente. Ne ottiene un salame compatto che può tagliare in fette sottilissime (ma al ristorante lo serve in una specie di frittella con chorizo di zucca): «rappresenta la tradizione della nostra regione» commenta. Ultimo prodotto presentato è la sobrasada di pomodoro, un prodotto del cuore per lo chef, realizzato con pomodoro, paprika, aglio, pepe e kuzu. Lo stagione nell’intestino per due settimane conservando ancora una struttura morbida e spalmabile e lo presenta in un piatto chiamato Tutte le parti di un pomodoro.
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