Per l’avvento della patata in Europa bisogna attendere secoli di storia, ma già nell’antichità i romani erano soliti mescolare acqua e farina per formare delle palline che venivano poi cotte in acqua bollente: una versione primordiale degli gnocchi, il cui nome deriva dal termine longobardo di epoca medioevale knohha, ovvero “nodo”, utilizzato per indicare qualsiasi impasto di forma tonda. Le origini di questo formato sono contese fra diverse regioni, ma la variante al semolino – prodotto della macinazione dei cereali, di granelli più piccoli e colore giallo – è solo romana.
“Giovedì gnocchi, venerdì pesce oppure ceci e baccalà, sabato trippa”, così recita il calendario della cucina romanesca: ancora oggi, infatti, in molte osterie tradizionali capita di trovare gli gnocchi in carta proprio il giovedì, sia nella versione classica che nella versione regionale al semolino. Un impasto preparato versando il semolino a pioggia nel latte caldo e cuocendolo senza formare grumi. Una volta pronto, si stende il composto con uno spessore di circa un centimetro su una teglia, e lo si lascia rapprendere per un’oretta. Dopo che la base si è solidificata, la si taglia a rondelle, che vengono cotte in forno, poi condite con burro e formaggio. Il risultato è una sorta di timballo grigliato, da gustare caldo con una generosa spolverata di parmigiano (alle volte è possibile trovare gli gnocchi alla romana anche nella variante al sugo).
L’utilizzo del burro e del parmigiano ha spesso creato confusione circa l’origine del piatto: si tratta, infatti, di due elementi poco diffusi alla cucina laziale, che predilige l’olio extravergine di oliva e il pecorino. Alcuni gastronomi ritengono che si possa trattare di una ricetta di origine piemontese, ma è un’ipotesi poco plausibile, considerando che gli gnocchi vengono citati anche da Pellegrino Artusi nel suo “La scienza in cucina e. Anche Ada Boni nel volume “La Cucina Romana” fa riferimento a questa specialità come a una tradizione antica, da custodire e salvaguardare, “la tradizione di una Roma sparita”, il piatto che i romani “solevano accompagnare a ogni riunione che avesse lo scopo di festeggiare qualche cosa”.
a cura di Michela Becchi
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