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La storia della ciclista brasiliana che ha fatto vincere all'Italia i mondiali di formaggio

Curiosità e passione possono valicare qualsiasi confine. Quelle di una donna brasiliana, innamoratasi di Bormio e di un contadino del posto, l’hanno spinta a restare in Valtellina e diventare casara

  • 10 Maggio, 2024

Maíra Vasques è nata e cresciuta a Rio de Janeiro. Da anni però vive in Italia, e ha fatto della Lombardia la sua nuova casa. Eppure, guardandosi indietro, mai avrebbe pensato di lasciare un giorno la vitalità della propria città d’origine e abbracciare per un po’ lo stile di vita agricolo-rurale di un altro paese, quello della nostra penisola, di cui non conosceva neanche la lingua. Certamente, con una laurea in relazioni pubbliche e un lavoro da buyer per una società organizzatrice di grandi eventi in Brasile, mai avrebbe potuto immaginare un futuro professionale in cui il formaggio sarebbe stato così centrale. A proposito, ora Maíra lavora nel settore caseario e lo promuove con successo all’estero, dopo aver sperimentato in prima persona le molteplici fasi produttive che ne sono alla base, a cominciare da tutte quelle giornate passate con le mani nel latte.

Una sorpresa chiamata Italia

Tutto ha inizio con un viaggio in Europa nel 2017. Un anno sabatico in cui Vasques gira il vecchio continente andando prima in Portogallo e poi in Spagna. Ma la voglia di esplorare lo Stivale, da Nord a Sud, era radicata. E il ricordo televisivo del sentiero alpino, parte dello scenario naturale del Giro d’Italia, più vivo che mai. Soprattutto per una grande appassionata di ciclismo come lei. Arrivata quindi in Lombardia, dopo aver visitato Milano e Como, viene rapita dalla bellezza mozzafiato dell’Alta Valtellina e di tutto il paesaggio montuoso attorno a Bormio, dove conosce Guido di cui si innamora presto e per il quale decide di rimanere. Una vera sorpresa: in Brasile tutti si aspettavano il rientro di Maíra e del suo inseparabile labrador. E invece…

L’esperienza da casara

Accanto al compagno, titolare dell’azienda agricola Al Plat, la ragazza di città si interessa sempre di più al mondo rurale e montano. Mossa dalla curiosità che la contraddistingue, si inizia a occupare del pollaio della suocera e — mentre studia l’italiano (parlava solo l’inglese) — approfondisce la materia casearia; inizialmente presso alcuni amici oltre che produttori locali, successivamente seguendo i processi di lavorazione del formaggio in malga da un’altra azienda, avventura in seguito alla quale un casaro le consiglia dei testi da studiare e le indica la via: formarsi tramite un percorso di tipo professionale in ambito lattiero caseario organizzato da Agenform, agenzia consortile della Regione Piemonte.

Maíra diventa in questo modo casara e comincia a sformare Valtellina Casera Dop e Scimudin proprio all’interno del caseificio della famiglia di Guido, che già produceva latte a partire dai trenta bovini dell’azienda. Si adatta in fretta allo stile di vita contadino e alle fatiche quotidiane della produzione, agevolata dall’abitudine di svegliarsi molto presto per il consueto allenamento di quattro ore che faceva come ciclista semi professionista (ha vinto pure delle gare). Di pari passo, credendo che un grande formaggio non derivi solo dalla qualità della materia prima o da una certa manualità, ma anche dalle conoscenze tecniche che dovrebbero accompagnare i gesti — «Lo studio porterebbe un grossissimo valore aggiunto in grado di garantire uno standard elevato» sganciando la resa delle lavorazioni dall’oscillazione delle loro variabili (stagione, animale, foraggio, ecc.) — si impegna altresì in un progetto editoriale a carattere divulgativo: Professione Casaro. Una versione italiana della rivista di settore Profession fromager, dedicata ai produttori a latte crudo e tanto apprezzata dalla natia di Rio per la fruibilità dei contenuti.

I mondiali di formaggio

Oggi, oltre a dirigere l’edizione italiana del magazine francese, Maíra è un’assaggiatrice Onaf, qualifica che la porta da giudice in giro a presenziare i vari cheese contest. Ma sopra ogni altra cosa, ha trovato il modo di mettere a disposizione del business lattiero-caseario tanto la sua vecchia expertise nel ramo delle pubbliche relazioni quanto il bagaglio d’esperienza accumulato come casara stando a contatto stretto con la materia prima. E per farlo al meglio si è trasferita a Bergamo per avviare una propria impresa dal nome Alma Casei. L’attività offre servizi di comunicazione e organizzazione eventi nel settore. In particolare, degno di nota il lavoro finora svolto nel costruire all’interno del circuito internazionale uno scambio proficuo lungo l’asse Italia-Brasile. Un’autentica promozione del made in Italy caseario: solo i migliori dairy products della Penisola.

Per fare un esempio, in occasione del Mundial do Queijo 2024 a San Paolo, sono state coinvolte dalla società di Vasques diversi piccoli caseifici nostrani per meriti esclusivamente ‘formaggiosi’. Da Maíra direttamente scelti e persuasi delle potenzialità di una platea e di un mercato (quello brasiliano) favorevole alle piccole produzioni a latte crudo, tutte da scoprire. Un’opera di convincimento che alla fine ha ripagato, con ottimi risultati. Dei duemila formaggi in gara e dei 22 italiani ammessi, ben 5 rappresentati da Alma Casei hanno conquistato medaglie: il Caseificio Defendi ha vinto un super oro con il Gorgonzola Dop dolce Bacco e un oro grazie al Baffalo Blu; la Cooperativa Sant’Antonio un argento con il Taleggio Dop; infine, due di bronzo sono state assegnate rispettivamente a Luigi Guffanti 1876 per il Buonasorte (un formaggio a pasta dura e latte misto stagionato almeno 18 mesi) e a Latteria di Branzi 1953 grazie al suo Ftb (Formaggi Tipico Branzi).

Queijo in Brasile

Successo tricolore che neanche la formazione italiana aveva contemplato, probabilmente ignara della presenza consolidata del formaggio nella cultura gastronomica verdeoro. In effetti — come precisa Maíra Vasques — in pochi sanno che «il Brasile è uno dei 5 maggiori produttori di latte al mondo». Un dato coerente con il consumo non proprio esiguo di queijo nel paese: una famiglia media «mangia tantissimo formaggio, da quello fresco a colazione (simile al primo sale) a quelli spalmabili presenti pure nelle merendine, senza dimenticare la quantità impastata con la manioca, tipica dei famosi pão de queijo».

Inoltre, nella maggior parte dei casi, i formaggi che si trovano sono industriali o di importazione; le certificazioni sono poche, mentre «la denominazione è un concetto nuovo in Brasile». Si pensi che la prima Dop viene riconosciuta alla Canastra, una lavorazione grossomodo rustica fatta con lattoinnesto. Tutto questo, unito alla crescita rapida del suo movimento caseario, sempre più propenso alla realizzazione di latticini sofisticati, dotati di maggiori sfumature o stagionatura, rende il mercato nazionale terreno fertile per i formaggi «da loro definiti speciali», al pari di alcune eccellenze italiche a latte crudo. Esattamente come quel gorgonzola dolce che con la sua cremosità e delicatezza ha estasiato la giuria di esperti. Un esito felice su cui la donna carioca d’adozione italiana avrebbe senza dubbio scommesso.

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