Si chiamano così per via della forma che ricorda quella delle cartucce di un fucile, ma in alcune zone sono conosciute anche come sigarette: oggi sono un po’ in disuso ma un tempo le cartucce erano i pasticcini prediletti in Campania e Salento, dove sono ancora diffusi. Dei cannoncini di pasta di mandorle racchiusi in fogli di carta, da srotolare e mangiare insieme a una tazzina di caffè. Un dolce ricordo da recuperare e riportare in auge.
Non si mangiano più spesso, ma in molte pasticcerie tradizionali si trovano ancora: un tempo venivano chiamate anche babanielli, per via della somiglianza con la forma dei babà, ma sapore e consistenza sono completamente diversi. Non si sa molto sulla storia delle cartucce, ma sembra siano nate per la necessità di realizzare un dolcetto in grado di mantenersi a lungo, in un tempo in cui i frigoriferi non erano d’uso comune nelle case. Gran parte del loro successo di deve alle suore del convento di San Gregorio Armeno, famose per la loro pasta di mandorle, che in Campania vanta un’antichissima tradizione.
Le cartucce, poi, si trovano anche in Salento: molti bar e pasticcerie della zona vendono queste piccole sigarette dolci in passato immancabili nel vassoio di paste della domenica, dolce di benvenuto per ogni ospite. Si possono anche preparare in casa: la ricetta non è complessa, ma occorre avere degli stampi cilindrici e gli involucri di carta necessari per avvolgerli. A realizzarle ancora a mano come una volta a Napoli è la pasticceria Armando Scaturchio, nata nel 1903 in via Portamedina grazie a due emigrati calabresi e mandata avanti dalla stessa famiglia. Oggi alla guida del laboratorio c’è Armando Scaturchio, erede di questa dolce tradizione che continua a proporre i grandi classici di un tempo e che non dimentica mai le nostalgiche cartucce.
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