Sono a Pagani, nell’agro nocerino-sarnese, una settimana esatta dopo Pasqua. Il primo sole della primavera scalda l’aria e riaccende i colori delle strade, ormai tappezzate da coriandoli e petali di fiori. Fra i vicoli intravedo la processione della statua della Madonna delle Galline attorniata da colombe, seguita da una folla di persone e acclamata dai balconi decorati con drappi preziosi. È quasi ora di pranzo, alzo lo sguardo al cielo seguendo le scie di fumo che si dissolvono lentamente, respiro a pieni polmoni quel profumo che riconosco senza ombra di dubbio. I carciofi sono in cottura e fra poco li potrò gustare in tutta la loro gloria.
foto di Chiara Pirollo
È questa la sensazione che provo durante la domenica in albis, la giornata più importante per la festa della Madonna delle Galline che si tiene ogni anno a Pagani, un comune di 35.000 abitanti in provincia di Salerno. Secondo la tradizione furono proprio delle galline a ritrovare un’antica tavola raffigurante la Madonna del Carmine con bambino, mentre razzolavano insistentemente in un punto preciso del terreno. In seguito ad alcune guarigioni miracolose associate all’effige, venne finalmente eretto il Santuario di Santa Maria Incoronata del Carmine, quello che ancora oggi dà il via a una serie di festeggiamenti in grado di attrarre visitatori da tutta la Campania e non solo. Canti e balli popolari accompagnati dal suono ancestrale delle tammorre riempiono le strade del centro storico fino a notte fonda. Persino i più piccoli suonano con una foga sorprendente, in un concerto comunitario di musiche e voci tramandate di generazione in generazione. L’anima più autentica della festa è nei cortili, dove vengono allestiti i cosiddetti toselli, spazi in cui l’immagine della Madonna del Carmine viene adornata con lenzuola dei corredi nuziali, fiori e numerosi doni. Qui la devozione sacra si intreccia alla cultura gastronomica grazie alle storiche famiglie che ospitano i visitatori nei propri cortili, occupandosi anche di offrire pietanze tradizionali (con un po’ di sana competizione che non guasta mai).
foto di Chiara Pirollo
In primis c’è il tortano, un pane ripieno di salumi e formaggi; poi ci sono i tagliolini al ragù, il cui mistico schizzo di sugo sulla camicia bianca sarebbe segno di buon auspicio; infine i tanti adorati carciofi arrostiti, uno dei simboli di Pagani più ardenti in assoluto. Ardono nell’orgoglio di ogni paganese, così come ardono sulle fornacelle, nei cortili, nei giardini, sui balconi e in strada, dove non mancano gli ambulanti a venderne in grandi quantità. Quando arriva il loro momento, il più atteso del pasto domenicale, solitamente dopo il primo e il secondo, a tavola il tempo inizia a scorrere più lentamente: si mangia una foglia di carciofo alla volta, mentre si chiacchiera, senza fretta e senza paura di ungersi le mani, fino ad arrivare al saporitissimo cuore. Il tutto accompagnato da fiumi di vino rosso paesano, pane e qualche pezzo di formaggio, così come viene servito ai visitatori dei cortili.
foto di Chiara Pirollo
La preparazione dei carciofi a Pagani si fonda tutta su un condimento semplice, una lenta cottura sulle braci a carbone chiamate fornacelle e possibilmente l’aiuto di tutta la famiglia. Dopo averli lavati e puliti, i carciofi vengono farciti con un battuto di aglio, prezzemolo, sale e olio, assicurandosi di ungere bene tutte le foglie fino al centro dell’ortaggio. La cottura avviene sulla fornacella calda, posizionando i carciofi uno di fianco all’altro e spostandoli di volta in volta per far sì che cuociano in ogni loro parte. Ci vorranno circa 30-40 minuti e un costante monitoraggio: alla fine le foglie più esterne saranno rimosse e le parti più bruciacchiate ripulite con l’aiuto di un coltello. Prima di servire si aggiunge altro olio extra vergine di oliva e si adagia magari su una fetta di pane, che andrà a insaporirsi col condimento rilasciato dal carciofo. Non resta che concludere il rito collettivo, foglia dopo foglia, e poi ricominciare a cantare e ballare in onore della Madonna.
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