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E con questo fanno 22. Tanti sono i punti vendita Signorvino in Italia. Una “enocatena”, come la chiamano loro, che continua a passo spedito la conquista di nuovi spazi cittadini, nonostante tutto. Nonostante più di un anno di pandemia che ha colpito tutti, anche l’insegna che fa capo al gruppo Calzedonia, un marchio che della moltiplicazione di store ne sa qualcosa. “Siamo sempre stati ottimisti” fa Federico Veronesi, General Manager di Signorvino “il mondo non si ferma e non si fermerà. Crediamo nel progetto come quando abbiamo cominciato a mettere in agenda queste aperture”, un calendario fittissimo in gran parte confermato, pur con inevitabili ritardi “ma il mondo va avanti” continua “e abbiamo prospettive positive. C’è molto da fare”. La seconda apertura romana – la quinta nell’ultimo anno, ma non l’ultima del 2021 – porta il negozio a piazza Barberini, in un punto strategico del centro capitolino, in una zona densa di uffici e a un passo dagli snodi della stazione Termini, “vicino alle persone”. E lo fa in una data simbolica per la città: il 21 aprile, compleanno di Roma.
“Quando è arrivata la pandemia, lo scorso anno, ci ha colto di sorpresa” racconta il Brand Manager Luca Pizzighella “abbiamo deciso subito di mettere insicurezza i negozi e i dipendenti, chiudendo anche prima che fosse obbligatorio”. A conti fatti l’impatto è stato duro: “nel 2020 abbiamo avuto una perdita del 40%, e nei punti vendita con forte presenza di lavoratori e turisti anche di più, e il 2021 non è partito benissimo, speriamo che da maggio cambino le cose” spiegano e poi aggiungono: “in termini generali ci siamo salvati recuperando nei negozi che potevano stare aperti per la vendita”. Merito di concept che definiscono “ibridi” che gli hanno permesso di non mollare la loro presenza accanto ai clienti. “Abbiamo accelerato il processo di digitalizzazione, offrendo un’esperienza seamless in cui il brand si vive ovunque, in casa e fuori”.
Parlano di un online che non è solo un negozio virtuale: “siamo pluricanale” spiegano “dalla possibilità di consultare il nostro assortimento online alle prenotazioni via smartphone, così siamo riusciti ad arrivare al consumatore, quello che viene da noi e quello che si fa spedire a casa il vino, cercando di creare una esperienza più coinvolgente possibile”. La rete è stata strategica, dunque “ma l’e-commerce per noi è un completamento del servizio dei clienti, e avendo sempre messo al centro della scena il negozio fisico lo vedevamo quasi come un antagonista”. Quindi hanno ritardato, rispetto ad altri, l’apertura dell’online, anche perché un e-commerce fatto bene non si crea in un mese. “Per noi non è un canale a se stante ma un servizio che rafforza la vendita in presenza, per chi non può venire. In rete c’è una guerra di prezzi, perché è l’unica variabile per la scelta, mentre da Signorvino c’è un servizio: oltre alla location ci sono le persone, il racconto, la consulenza, le esperienze da vivere”. Non è un caso, infatti, che online si acquistino grandi nomi e brand famosi “senza la consulenza si tende ad andare sui marchi più noti, o – per i clienti fidelizzati – su vini già assaggiati in negozio”. Confermando dunque il valore del fattore umano nell’acquisto, anche a fronte di un incremento delle vendite online del 70%. È quello che ha sostenuto l’organismo Signorvino e gli ha consentito di procedere con le aperture (e le assunzioni) previste, che entro la fine dell’anno si arricchiranno di altri due indirizzi, a Milano e Torino. Obiettivo 2022? “Un giro d’affari di 50 milioni”.
Luca Pizzighella Federico Veronesi
Numeri vertiginosi. Ma perché funziona Signorvino? Probabilmente per la capacità di parlare a tutti: “stavamo trovando una strada per rendere il vino più democratico avvicinandosi anche ai giovani e a chi non è esperto, vogliamo rivolgerci anche chi vuole solo bere un bicchiere senza collegarlo per forza a un universo”. Grazie a un linguaggio semplice e rassicurante, che sgombra il campo da un certo misticismo elitario che spesso mette un po’ soggezione. Tant’è che il grosso delle vendite è sui vini più immediati, con certe caratteristiche “morbidezza, facilità di beva, frutto rosso marcato, importante componente alcolica. Vini molto riconoscibili come Primitivo o Ripasso”. Altri trend – come nel caso dei naturali o di prodotti meno alcolici e beverini, o i naturali – ci sono, ma sono nicchie.
“È cambiato il cliente ed è cambiato il trend del fuori casa” fa Federico. “Forse ci saranno anche altri cambiamenti, e alcuni saranno duraturi. In quest’anno abbiamo riscoperto il valore dello stare in casa ma anche si è anche accentuata la voglia di uscire, perché difficilmente puoi vivere una esperienza indimenticabile a casa. Sulla base di tutto questo abbiamo deciso di confermare le aperture già previste”. E puntare sull’offerta di esperienze coinvolgenti, come nel caso dei corsi di avvicinamento al vino, che anche l’estate scorsa – alla fine del primo lockdown – hanno avuto molti riscontri.
Circa 2000 etichette solo italiane, come per gli altri indirizzi, un focus sui vini del territorio – “Li abbiamo sempre avuti, qui ne avremo ancora di più” – grandi nomi e aziende più piccole, alcune etichette in esclusiva e i “loro” vini: “siamo anche produttori: 5 o 6 anni fa abbiamo piantato le prime vigne vicino Roma, a Lanuvio, e da un paio di anni abbiamo cominciato a vederne i frutti. Da produttori conosciamo bene questa zona vitivinicola che non ha ancora avuto la giusta valorizzazione. Ma ci crediamo molto e vogliamo impegnarci nella sua promozione, possiamo fare da traino: investendo tutti sullo stesso territorio si possono ottenere grandi risultati”.
Quella di piazza Barberini è una enoteca, dunque, con vendita a scaffale e somministrazione (come sempre, senza variazioni di prezzo), mescita (circa 30 etichette, a rotazione, con una attenzione alle bollicine e ai bianchi), bancone, tavoli e (fondamentale oggi più che mai) dehors “come in tutti i locali, uno spazio dove far vivere la convivialità”. Non solo.
Enoteca con cucina, con una selezione di salumi e formaggi del territorio – “i nostri Food Specialist hanno selezionato i migliori produttori, abbiamo un controllo diretto della filiera e un rapporto personale con loro” – e una proposta di piatti cucinati che saranno parte di una narrazione del territorio nel territorio: “abbiamo sempre avuto una proposta di piatti romani, perché questa è una cucina molto importante nel nostri paese. Stavolta li proponiamo proprio nella città in cui sono nati”. Con una proposta
“Ce lo chiedono dal primo Signorvino di Milano” dice Federico “ma siamo sempre stati convinti che prima di andare all’esterno dovessimo essere forti e riconosciuti in Italia”. A quasi 10 anni dal suo esordio il gruppo cominciava a guardarsi intorno, cercando location nell’Europa nord orientale: Polonia, Repubblica Ceca, paesi in forte evoluzione con un mercato in crescita e ampi margini di sviluppo per il made in Italy. Paesi giovani, cui guardare con ottimismo. “Ora è tutto rimandato” e proseguono il loro consolidamento in casa nell’attesa che si torni a viaggiare.
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