In Italia c’è un unico e solo credo: la cucina della nonna. Che è inarrivabile e anche un po’ incomprensibile (ammettiamolo, le nonne non si concedono più di tanto a spiegazioni dettagliate). Ma va bene così, è parte del gioco: loro amano sentirsi detentrici assolute di grandi segreti culinari, a noi piace lasciarglielo credere. C’è solo un problema: le nuove nonne siamo noi.
Certo, quel vecchio ricettario a quadretti continuerà a custodito con amore, ma molti di quei sapori, che ci piaccia o meno, andranno perduti. E c’è di più: va bene così. Perché ogni generazione ha le sue esigenze, i suoi soldi da spendere o da risparmiare, le nuove informazioni da apprendere, rituali da portare avanti e altri da abbandonare. Aleggia un mito enorme attorno alla tradizione italiana, che è un patrimonio di cui andare orgogliosi ma che, come tutti i bagagli culturali, rischia di diventare un ostacolo.
Si parla tanto di recupero del passato, ma nessun artigiano che rispolvera ricette secolari segue pedissequamente ogni passaggio. Nessuno di noi lo fa: un amico ci passa una ricetta, noi la adattiamo al nostro forno, al numero di commensali, e sì, anche alle nostre esigenze alimentari, come il veganesimo.
Ecco, per quanto sia romantica l’idea di consultare il taccuino di nonna, non dobbiamo dimenticarci di costruire un nostro ricettario, che sia ispirato alla tradizione di famiglia o ai sapori scoperti in giro per il mondo. Nonna non ha avuto la fortuna di viaggiare, nel suo quaderno non si trovano hummus o curry, ma nel nostro sì. Magari accanto a un ragù di funghi, delle polpette di lenticchie, uno spezzatino della domenica (a base di soia). Oltre a quei piatti che sono naturalmente vegani: caponata, farinata, ribollita, macco di fave… molti storceranno il naso, ma tutto questo può convivere.
Si può mangiare vegano senza ricorrere a nessuna alternativa come seitan o surrogati di carne, ma il mondo vegetale si sta arricchendo sempre di più, le aziende sperimentano prodotti nuovi… perché limitarsi? La tradizione è fondamentale, ma lo è anche il cambiamento. Che avviene anche in cucina, che sta già avvenendo senza che ce ne accorgiamo: non c’è bisogno di essere vegani per amare specialità come l’hummus, piatto onnipresente in qualunque wine bar, e che probabilmente molti genitori di oggi preparano già ai loro figli, bambini per cui quella crema di ceci, al pari degli gnocchi, è semplicemente un piatto di famiglia.
Non vi convince? Beh, ricordate che anche il pomodoro (protagonista delle ricette italiane più famose al mondo, dalla pasta alla pizza) in origine veniva guardato con scetticismo.
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