«La Franciacorta deve spiccare il volo e vivere con le proprie gambe. È ora di staccare il cordone ombelicale con lo champagne». Parola di Richard Geoffroy, storico chef de cave di Dom Perignon, in forza dal 2022 in casa Bellavista. Mentore ed ispiratore dell’enologa Francesca Moretti, assieme hanno tagliato la corda con il passato in casa Moretti presentando la nuova linea Alma Assemblage 1, trilogia che segna l’inizio di una nuova era. Tre cuvée con base vendemmia 2021 – Alma Assemblage 1, Alma Rosé Assemblage 1, Alma Non Dosato Assemblage 1 – che, esaltando il tempo della viticoltura, esprimono un profilo gustativo che trasmette «gioia, energia, profondità, luminosità e pienezza» – tornando alle parole di Geoffroy. E soprattutto un legame inscindibile con il luogo testimoniato dal lavoro in campagna e in cantina delle donne e degli uomini di Bellavista, un patrimonio di vigne curate e custodite con la dedizione e la passione. E l’altra novità è che ci sarà più spazio per il pinot nero che non prenderà mai il posto dello chardonnay ma il suo contributo sarà più incisivo in Bellavista.
«È il progetto della vita questo in Franciacorta – ha aggiunto il famoso enologo – tutto il mio bagaglio di esperienza con le bollicine, lungo 70 anni, voglio convogliarlo in questo territorio che ha tanto da dare ed esprimere. Mi ha colpito tantissimo la voglia di cambiamento, a partire da chi lavora in vigna in cantina, c’è anche competitività, recettività, tutte caratteristiche che portano alla vittoria nelle sfide più grandi».
E nel futuro c’è un grande focus attorno al pinot nero, non spodesterà lo chardonnay ma prenderà più campo. Al centro della rivoluzione dell’Alma e di tutta la produzione in Bellavista c’è massima attenzione al frutto e ai tempi di maturazione, con una raccolta che sarà anticipata, ove possibile, rispetto al passato. E ancora un’enologia più “leggera” per precedere i problemi legati al cambiamento climatico non rincorrerlo. E infine il legno che resta (come marchio di fabbrica dell’azienda) ma con una riduzione importante: si passa da un 50% al 30% nella produzione totale. Quindi 70% acciaio, 30% legno.
Vuole essere una cuvée che rappresenta l’anima di Bellavista, dove il frutto comanda, per condurre a un gusto che è “fusional” tra campagna e cantina. Riserva di chardonnay 2014, 2019, 2020 e Pinot nero 2019, 2020. Questa nuova linea nasce da 129 parcelle trattate singolarmente con un approccio sartoriale, 60 ubicate nei 10 dei 19 comuni della Franciacorta e restituiscono in cantina 91 selezioni di vini base che partecipano all’assemblaggio. Un prodotto in progress che ogni anno racconterà e si plasmerà seguendo l’annata e le sue esigenze.
Una riorganizzazione importante quella vissuta negli ultimi cinque anni che hanno visto la guida manageriale di Massimo Tuzzi. «Il valore dell’azienda che conta 950 dipendenti è aumentato. Parlo di Holding- spiega Tuzzi, Ceo della Holding – siamo a 200 milioni di euro di ricavi. Pre Covid contavamo 60 milioni di euro di ricavi circa ora siamo passati a 90mila. Abbiamo messo a fuoco le basi per il futuro. È stato importante uscire dalla zona di comfort, c’era un po’ di polvere in giro, il cambiamento era necessario». E per le nubi in vista sul disciplinare della Franciacorta la posizione di Bellavista è netta: no all’allargamento della base di produzione. «Solo il valore conta – è risoluto Tuzzi -, alzare gli ettari e la produttività sarebbe molto negativo, si perderebbe il valore. Ok all’aumento dei prezzi delle bottiglie, no alla quantità».
<<<< Questo articolo è stato pubblicato su Trebicchieri, il settimanale economico di Gambero Rosso.
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