Gian Luca Forino non aveva già un’esperienza quando ha deciso di frequentare il corso Professione Pasticcere del Gambero Rosso. Era il 2009 e ancora non sapeva quale sarebbe stato il suo futuro. Da quel corso sono passati 11 anni e tante esperienze: concorsi internazionali, e un locale premiatissimo, La Portineria. Oggi Forino ha intrapreso la strada della consulenza con il progetto Pasticcere in viaggio. Ecco la sua storia.
Quale corso hai frequentato?
Professione pasticcere del 2009
Avevi già esperienze nel settore?
No, ero all’Università
Come sei arrivato alla pasticceria?
Un po’ per gioco: mi sono reso conto che l’università non era il mio mondo e ho cercato di capire cosa avrei voluto fare. La preparazione dei dolci mi dava una soddisfazione immediata. E da lì sono partito.
Quale è stato l’insegnamento più importante in quel corso?
Fare un corso dà le basi per capire cosa è a 360 gradi la pasticceria e imprinting per capire se quello potrà essere realmente il lavoro del futuro oppure no. Successivamente, quando ho avuto una pasticceria mia, ne ho avuto una prova. In un posto in cui si fanno anche preparazioni più elaborate serve avere una formazione.
Dopo il corso hai continuato la formazione?
Sono stato un anno a Brescia come tirocinante da Cast Alimenti, poi sono tornato a Roma per prepararmi al campionato mondiale di pasticceria e cioccolateria juniores (che ha vinto nel 2013, ndr). Quell’allenamento mi ha portato un’esperienza che altrimenti avrei impiegato anni per acquisire. Terminato quello ho cominciato a fare formazione.
Dopo c’è stata anche l’esperienza su strada
Sì, per 5 anni, con la Portineria.
Chi consideri il tuo maestro?
Leonardo Di Carlo
Ora cosa fai?
Attualmente docente e consulente. Ho un mio format, Il pasticcere in viaggio…
Quindi non pensi di avere in futuro di nuovo un locale tuo?
Il pasticcere in viaggio non può mettere radici!
Cosa ci puoi dire della tua esperienza televisiva?
Il mondo della tv è affascinante e divertente, se preso con filosofia. Riguardo alla gara in sé, l’ho vissuta come un divertimento: non sono particolarmente competitivo, ma mi piace mettermi in gioco. È andata bene (ha preso parte a Il Più Grande Pasticciere arrivando secondo, ndr) proprio perché la sfida era con me stesso. E lo stesso era successo con il mondiale.
Quanto conta andare all’estero?
È fondamentale, perché ti metti in gioco in altre realtà, con organizzazioni e pensieri diversi. Tutto quel che è in più o differente per me è un arricchimento del proprio bagaglio culturale, personale e professionale. Dal punto di vista tecnico, ma non solo, anche come esperienza.
Chi è, oggi, il tuo punto di riferimento e perché?
Frédéric Bau, co-fondatore dell’École Valrhona. Gran parte di quel che è Valrhona oggi si deve alla sua visione illuminata.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Continuo la mia strada come consulente. Io stesso sono in continuo aggiornamento, oggi non sono quello che ero ieri e non ancora quel che sarò domani. Quindi ancora non si può dire con certezza cosa accadrà più avanti.
Ti sei confrontato molto con l’estero, quale è secondo te la situazione in Italia?
In Italia abbiamo referenze eccellenti anche dal punto di vista degli ingredienti, che significa grandi potenzialità. Il problema è che troppe realtà sono ancora approssimative ed è più difficile fare un salto di livello generale. La pasticceria di qualità è ancora una nicchia, bisogna fare un lavoro di divulgazione e comunicazione con il cliente far capire la qualità.
Quale è, secondo te, la pasticceria del futuro?
Secondo me si tornerà indietro, a preparazioni più semplici con costi più contenuti (sia in termini di ingredienti sia di mano d’opera). Quindi prodotti più semplici e da forno, più godibili, con meno abbinamenti astrusi, più legati all’emozione.
Quindi niente più dolci con vegetali o altri ingredienti meno comuni?
Dipende. Faccio pasticceria con qualsiasi ingrediente che ho davanti, verdure, spezie o altro, oso con abbinamenti interessanti, contaminazioni di idee e ingredienti dall’estero. Ma un conto fare un dessert per un evento o un ristorante in cui ci sono condizioni particolari e clienti preparati. Un conto fare pasticceria da bancone, in cui i dolci sono lì in attesa di chi arriverà ad acquistarli. Sono due mondi diversi, ognuno con caratteristiche sue.
Quali sono le differenze?
Le preparazioni dentro una vetrina devono durare ed essere trasportate, in un evento o in un ristorante puoi avere anche strutture meno stabili, gelati, salse, elementi a temperature differenti, perché il dessert verrà consumato in pochi minuti.
E poi c’è la questione del prezzo
Eh già. Un dolce da 80 grammi in un grande ristorante si vende anche a 20-25 euro, in una pasticceria se superi i 5 euro sei considerato un ladro. In verità con 5 euro non ci stai neanche con i costi a volte. Ma sono poche le persone disposte a spendere di più e pochi anche quelli che si rendono conto della differenza con prodotti mediocri. Perché la concorrenza è fatta di posti che hanno uno scarto minimo di prezzo ed enorme di qualità. Basti pensare ai lieviti da colazione: trovi a 1,20 euro prodotti fatti con margarina e pieni di conservanti, a pochi centesimi in più altri con un grande burro e sfogliati come si deve. E spesso il pubblico preferisce i primi, magari per 30 centesimi. Quindi chi vuole fare qualità deve anche fare comunicazione ed educare i clienti.
Qual è dolce di cui sei più orgoglioso?
La perla rosa del deserto, che è nel mio libro In viaggio, diario di un pasticcere. Un dolce con cremoso di caffè, cardamomo e olio di oliva, con cioccolato bianco caramellato e un croccante preparato con arachidi, olio di oliva e nocciole caramellate. È ispirato a Petra. E a un viaggio in Giordania. Mi sono trovato a sorseggiare un caffè al cardamomo e ho sentito la necessità di tradurre in un dolce le emozioni e il bagaglio culturale di quel viaggio.
Gian Luca Forino https://www.gianlucaforino.net/
a cura di Antonella De Santis
foto Chiriotti editore e Giancarlo Bononi
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