La prima curiosità sul dietro le quinte dei Best Chef Awards, nonostante l’allure internazionale del nome (ma come biasimare la scelta), è che a ideare il premio, ormai tre anni fa, è stato l’italiano Cristian Gadau. Sardo, classe 1976, Gadau vanta un passato da uomo di sala, e un nuovo inizio a Cracovia, insieme a Joanna Slusarczyk, che l’ha affiancato dall’inizio (era il 2015) nella genesi del progetto The Best Chef. Di fatto una piattaforma nata sui social network, figlia dei tempi moderni, dove condivisioni e visualizzazioni sono lo strumento privilegiato per la creazione di una rete globale di chef, che si autoalimenta sul web per consolidare il proprio prestigio. E dunque è maturato così il desiderio di concretizzare un’autorevolezza crescente nel panorama delle classifiche internazionali (World’s 50 Best in primis, a tracciare le linee guida per i “competitor”) con una kermesse annuale, che ha tanto il sapore di un gala delle grandi occasioni. La passerella degli chef, sul red carpet d’ordinanza, come quella delle star alla notte degli Oscar.
Un evento itinerante che quest’anno, per la sua terza edizione, si è celebrato a Barcellona, con la proclamazione della Top100 di The Best Chef Award 2019. Una classifica che quest’anno mette insieme cuochi di 24 nazionalità diverse, celebrando 15 new entry nella squadra dei 100, selezionata in più fasi. Alla prima cernita dell’organizzazione, che ogni anno si preoccupa di dare nuova linfa al sistema proponendo 100 nuovi nomi, segue la votazione dei diretti interessati: sono proprio i cuochi coinvolti a spendere le proprie preferenze (10 voti ciascuno) per i colleghi. Il voto, e questo è peculiare del premio, va quindi allo chef in quanto tale (al suo talento individuale e non al ristorante che rappresenta). L’ultima votazione, invece, coinvolge direttamente la rete degli appassionati, chiamati a scegliere tra i 100 finalisti per definire quella che sarà la classifica finale, dal primo al centesimo piazzamento. E la cerimonia di Barcellona sembra confermare, in ambito europeo, la rivincita della ristorazione spagnola – quella d’avanguardia che ha preso le mosse dalla rivoluzione di Ferran Adrià – sulla più blasonata compagine francese.
Nella cinquina di testa, sono 3 i cuochi spagnoli che festeggiano il buon piazzamento: Joan Roca – che perde però lo scettro, a vantaggio dello svedese Bjorn Frantzen – David Munoz (terzo) e il trio catalano di Disfrutar, in grande ascesa al quinto posto. Spagna e Nord Europa al comando, dunque, in modo non dissimile dall’ultima 50 Best, comunque dominata da un francese – Mauro Colagreco, che però è soprattutto cuoco del mondo – che stavolta strappa “solo” il settimo piazzamento.
Per il resto la Top100 si snoda senza troppi colpi di scena – i soliti noti ci sono tutti – con 12 cuochi italiani guidati da Massimo Bottura (13°). A seguire, per la compagine tricolore: Niko Romito (20°), Enrico Crippa (22°), Norbert Niederkofler (28°), Massimiliano Alajmo (41°), Davide Oldani (45°), Christian Puglisi (68°), Mauro Uliassi (70°), Antonio Guida (79°), Andrea Aprea (82°), Floriano Pellegrino (97°) ed Enrico Bartolini, con l’ultimo piazzamento disponibile, al 100° posto.
Ridotte alla decina le donne – nell’ordine Dominique Crenn, Anne Sophie-Pic, Clare Smith, Ana Ros, Elena Arzak, Emma Bengtsson, Adeline Grattard, Pia Leon, Daniela Soto-Innes, ma aggiungiamo Isabella Potì, partner in crime dei Bros, con Floriano Pellegrino – ma anche questa non è una novità, sebbene sia degna di nota la decisione di eliminare il premio solitamente (e insopportabilmente?) riservato alla categoria. Tra i premi speciali, invece, spetta proprio a una donna, Pia Leon (compagna sul lavoro e nella vita di Virgilio Martinez da qualche tempo alla guida di Kjolle), il riconoscimento Chef Rising Star. Mentre il più votato dai colleghi è Grant Achazt (Alinea, Chicago), che porta pure gli Stati Uniti al quarto posto.
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