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Nel veccho monastero in Umbria lo chef Lorenzo Cantoni cambia tutto e rivoluziona la cucina

Avevamo parlato della nuova avventura gastronomica dello chef qui, ma dopo neanche un anno Lorenzo Cantoni ridisegna la carta del relais di lusso e sorprende puntando tutto sul vegetale

  • 10 Gennaio, 2025

Siamo in Umbria, nella piccola frazione di Umbertide che porta il nome di Calzolaro. Vocabolo Moscatelli, chiave Michelin 2024, è un relais di lusso nato in pandemia da una straordinaria opera di recupero e restauro di un vecchio monastero, frutto della visione di due menti che si dividono tra Svizzera e Germania. Frederik Kubierscky è il lato teutonico della coppia e si è stabilito in maniera permanente nella struttura con il ruolo di General Manager e Direttore, con l’obiettivo di consolidare un nuovo modo di fare ospitalità nel lusso.

La parola d’ordine a Vocabolo Moscatelli è libertà, intesa come valore condiviso nel tempo e negli spazi di un soggiorno raffinato.

Vocabolo Moscatelli

La novità arriva nei mesi autunnali dalla cucina ed è una nuova scommessa culinaria per lo chef Lorenzo Cantoni, che disegna una carta di dodici portate centrate sul mondo vegetale, più quattro contorni a base proteica. Così, dal piccione al kimchi, in un cambio di direzione che, aggiornando la Guida Ristoranti d’Italia 2025, racconta di una tavola dove arrivano fermentazioni vegetali e affumicature naturali, accompagnate da due primi piatti e poi pollo, chianina, maiale e baccalà, confinati a porzioni di corredo. Un menù che, degustandolo, diverte per la concentrazione di sapori, ma che al contempo pone una domanda semplice: perché questo repentino cambio di filosofia? La risposta arriva direttamente dallo chef: «Abbiamo deciso di limitare fortemente il consumo di carne animale e di concentrarci sull’incredibile varietà di vegetali che qui ci offre la natura stagionalmente. – queste le prime parole di Lorenzo Cantoni, che poi continua – Tutte le portate principali non seguono un ordine tradizionale di primi e secondi, ma sono piatti completi che mettono al centro il vegetale. Il perché sta anche nel fatto che ci piace cambiare e pensare sempre a qualcosa di migliore».

La sala principale del ristorante è ricavata nella lunghezza di un chiostro e, oltre a poter sedere a tavoli disposti in un’unica fila, si gode del valore aggiunto della vetrata di fronte, che affaccia sul piazzale della corte esterna. Pochi posti a sedere, sedute comode e atmosfera ricercata nelle luci di un ambiente intimo, ma rilassato. Il menù conta sedici portate escluse le proposte dolci, con un’attenzione particolare alle dodici vegetali e a un percorso degustazione di quattro portate (€ 70), a cui aggiungiamo un quinto piatto scelto.

Ad aprire il percorso è un pane madre servito con una crema di burro e un EVO locale. Subito dopo arriva il Cavolfiore arrostito, servito con salsa tahina tostata e melograno ghiacciato. La nota amara del tostato e dell’arrostito si mescola alla consistenza morbida che le smorza, fino all’arrivo del melograno, che aggiunge croccantezza, freschezza e acidità a un piatto sorprendente e ambizioso.

 

Il secondo piatto è un Pane fermentato con crema alla base, guarnito con un trito di pomodori fermentati e un olio alle erbe. La componente acida è protagonista da subito, e il gioco di consistenze tra la crema e i pomodori ne attenua velocemente le note più marcate. L’olio alle erbe aggiunge un valore unico, lasciando la sensazione di gustare una bruschetta appena fatta con ingredienti freschi.

Segue la Polenta croccante servita con tartufo, chiodini fermentati e una crema di porro alla base. Un piatto comfort, bilanciato tra il gusto avvolgente della polenta e del porro e l’acidità della fermentazione dei funghi, con un appagante crunch dato dalla crosta della polenta tostata.

 

La Melanzana affumicata, servita in babaganoush con peperoni e olive, è un altro piatto intenso e avvolgente, caratterizzato da una stratificazione di sapori che si alternano senza variazioni di consistenza. Anche qui, l’amaro prevale, con sfumature tra balsamico e piccante.

L’ultima portata, prima del dolce, si chiama Foglie ed è una selezione di erbe spontanee provenienti da un progetto locale di foliage. Alla base, una delicata stracciata di bufala e noci leggermente caramellate. Il passaggio dall’amaro al piccante è rapidissimo, mentre la freschezza della misticanza, con almeno dieci varietà di foglie diverse, amplifica la croccantezza delle noci, perfettamente bilanciate. Cinque piatti intensi, veloci, a volte saturanti nelle note acide, e per questo fortemente identitari, in una cena che non si può replicare altrove. Cinque piatti intensi, veloci, saturanti a volte nelle note acide e per questo fortemente identitari in una cena che non puoi fare altrove.

La carta dei vini è contenuta, ma ricercata, con etichette in gran parte organiche. Il servizio segue l’idea di informalità che caratterizza l’intero soggiorno, mentre i dessert rimangono ancorati alla tradizione. A fine pasto, chiedo allo chef perché la carne sia relegata a contorno. «Ovviamente è una provocazione che fa riflettere. Mangiare carne va bene, ma non può essere sempre la materia principale di un piatto, altrimenti succede quello che stiamo vivendo: allevamenti intensivi e consumo sconsiderato. La natura ci offre tutto. – sorride e continua Lorenzo Cantoni – Noi qui abbiamo quattro proteine e scegliamo le migliori. Ci facciamo bastare le quantità che le persone di cui ci fidiamo possono darci. Se finiscono per loro, finiscono anche nel menù e lo cambiamo. Stesso discorso per le verdure. Vogliamo essere liberi di cucinare cose buone nel modo più identitario possibile, rispettando l’ambiente che ci circonda, perché è la cosa più preziosa che abbiamo».

Quando incontri una tavola divertente, porti a casa un’esperienza da ricordare. Dietro, quasi sempre, c’è una visione libera da qualsiasi schema. Vocabolo Moscatelli è un non-luogo votato alla libera espressione, ed è questo, più dell’innegabile bellezza estetica, a renderlo una destinazione capace di sospendere il tempo.

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