La notizia più clamorosa era già trapelata qualche giorno fa: la perdita delle tre stelle di Georges Blanc, una vera leggenda in Francia che scende dal gradino più alto del podio dopo 44 anni ininterrotti. Un fulmine a ciel sereno per Blanc che in un commento a caldo faceva presumere un futuro un poco meno elitario, ma non per questo in pericolo: «Non c’è problema per la nostra insegna» commentava lo chef, che alla veneranda età di 82 anni si trova a rimboccarsi le maniche, forte di un modello imprenditoriale che funziona e che può consentire una nuova scalata. Ma nella guida Michelin Francia c’è molto ancora da scoprire: retrocessioni, chiusure temporanee (come Maison Ruggieri di Martino Ruggieri, impegnato con il suo progetto in Italia) e definitive fanno perdere complessivamente 45 stelle, ma nonostante tutto la rossa in Francia è una guida monster, con oltre 3mila indirizzi, di cui 31 tre stelle, 81 bistellati e 542 ristoranti premiati con il loro primo macaron.
L’Altro Frenchie
Seppure la guida 2025 illumina gli angoli più remoti della campagna francese e passa in rassegna tutte le province, Parigi ha sempre un posto di primo piano, tanto per i grandi ristoranti, quelli dei tovagliati candidi e dell’argenteria, quanto per le formule inconsuete come i locali nascosti in concept store e spazi multifunzione (Habile e Halo Paris) o i bistrot, nel più puro spirito parigino. Indirizzi che sanno elaborare una proposta gourmet rilassata, dove giovani di talento e belle esperienze firmano una cucina generosa, intraprendente, scapigliata ma molto colta. Quest’anno tanti di questi localetti snelli e vivaci hanno avuto accesso al primo scalino della classifica, accanto alle insegne satellite di grandi chef: Frédéric Anton ha aperto La Ferme du Pré, Ducasse firma il Ducasse Baccarat e via ad andare, tra il ristorante di pasta di Jean-François Piège Clover Saint-Germain e quello italian style di Grégory Marchand (L’Altro Frenchie, nella piccola strada del buon bere e buon mangiare); insomma, si tratti di bistrot come Petrus di Sylvain Sendra o di ristoranti veg come il libanese Qasti Green di Alan Geaam (da provare lo shawarma vegetariano con sedano e funghi) la petite table de grand chef è una formula che funziona, e che si ingrossa le fila dei nuovi locali da non perdere, tra questi anche quelli che testimoniano l’arrivo di chef stranieri, complici – forse – anche le recenti Olimpiadi: dall’ucraino Maksym Zorin, al polacco Piotr Korzen senza dimenticare la compagine italiana.
Finestra – Foto: Francois-Xavier Serafino
Continua infatti l’onda lunga degli italiani in Francia: dopo la bella prova dello scorso anno, anche stavolta tra i premiati della Michelin non manca qualche talento nostrano. A partire da Eugenio Anfuso e Cecilia Spurio (foto in apertura, loro Amâlia a Parigi, città che come sempre fa incetta di premi (della Capitale anche i neostellati Aldehyde, Origines Restaurant, Vaisseau, Agapé, Sushi Shunei), passando poi per una vecchia gloria come Italo Bassi (storico chef di Enoteca Pinchiorri, che da qualche anno viaggia in solitaria). Il suo Finestra by Italo Bassi, a Bonifacio, è un vero ponte tra Italia e Francia; impossibile non notarlo con quella struttura che ricorda lo scafo rovesciato di una nave. Ci sono poi Domenico D’Antonio da Elsa al Monte Carlo Beach – magnifico palazzo degli anni ’30 – a maneggiare il menu creato dallo chef Marcel Ravin e Massimiliano Sena, campano di Vico Equense, al La Table de Courcelles che in pochi mesi ha portato la stella a Courcelles in un elegante edificio in stile Grand Siècle, con sala da pranzo con tetto in vetro e una rilassante vista sul giardino francese e sul canale. La sua è una cucina delicata, senza ostentazione ma molto chiara e centrata su prodotto e tecnica sicura. Si chiama invece Ginko il ristorante di Valentina Giacobbe, italiana cresciuta in Asia, una laurea in in scienze politiche prima di cambiare rotta ed entrare in cucina accumulando esperienze importanti; con lei il party chef Julien Ingaud-Jaubert. Giacobbe firma una audace cucina creativa che guarda all’Italia e all’Asia, offre opzioni veg, in un raffinato bistrot contemporaneo di Lille.
Valentina Giacobbe con il pastry chef Julien Ingaud-Jaubert
Non è finito qui, perché ben due dei premi speciali sono finiti da questa parte delle Alpi: lo Young Chef Award, assegnato a Valentina Giacobbe del ristorante Ginko, figura di spicco della nuova ondata gastronomica di Lille. Il dolce nocciole di Cervione, cioccolato Nyangbo, gelato alla nocciola e sorbetto al cacao consegna a Claudio Pezzetti di Casadelmar (Porto-Vecchio) uno dei 10 premi Passione Dessert.
Il Service Award 2025 va a Coralie Semery, direttrice del ristorante stellato Ébullition di Montpellier, e a Valentin Cavalade, responsabile di sala del ristorante due stelle Le Jules Verne di Parigi. Il Premio Sommelier va a Maéva Rougeoreille del ristorante due stelle e Etoile Verte Jean Sulpice (Talloires-Montmin), e a Jean Dumontet sommelier del ristorante stellato Frédéric Doucet (Charolles). 10 le nuove green star che fanno arrivare a 100 i ristoranti premiati per la sostenibilità.
Christopher Coutanceau
Il rullo di tamburi non è mancato neanche in questa edizione: due nuovi ristoranti sono saliti sul gradino più alto del podio (affollatissimo, con 31 ristoranti con tre stelle), entrambi già premiati anche con la stella verde, a testimonianza che sostenibilità, impegno per l’ambiente e alta cucina non sono incompatibili, al contrario possono essere formidabili alleati.
A ricevere le tre stelle Christopher Coutanceau con il suo ristorante omonimo a Plage de la Concurrence dove elabora una cucina unica a partire dalla migliore materia prima ittica, di cui non è solo cultore attento ma anche paladino, impegnato per promuovere una pesca etica e rispettosa dell’ambiente e un approccio antispreco: «Con la convinzione che lo chef sia prima di tutto un cittadino, il nostro approccio va oltre il ristorante e coinvolge diverse associazioni che lavorano per preservare le risorse marine». La passione per il mare ha radici lontane, passata di generazione in generazione: pescatore (oltre che cuoco) come lo sono stati il padre e il nonno prima di lui, celebra il prodotto con eleganza e grandissimo rispetto.
Anche per Hugo Roellinger l’incontro con il mare precede quello con la cucina: ha iniziato la sua carriera come ufficiale della marina mercantile prima dimettersi dietro al pass, dove nel corso degli anni ha raffinato tecnica e stile anche grazie a un apprendistato dai grandi nome della cucina d’oltralpe. Lo troviamo in uno dei posti più affascinanti al mondo, a Mont Saint-Michel, dove basta guardare dalle finestre per vedere la baia, vicinissima e incantevole. Le Coquillage è un gioiello raro, in cui lo chef celebra i frutti del mare (anche nel suo caso frutto di pesca etica) insieme a erbe aromatiche,, verdure della casa, alghe e specie, tracciando una nuova via della seta.
Yannick Alleno e Yasunari Okazaki
Ben 9 ristoranti hanno conquistato la medaglia d’argento: Maison Nouvelle di Philippe Etchebest e Observatoire du Gabriel di Bertrand Noeureuil, entrambi a Bordeaux, Ekaitza di Guillaume Roget a Ciboure nei Paesi Baschi francesi, Baumanière 1850 a Courchevel, Rozó a Marcq-en-Barœul di Diego Delbecq e Camille Pailleau, L’Abysse Monte-Carlo di Yannick Alléno (che ottiene due stelle fin dalla sua apertura nel principato di Monaco grazie a una cucina di ispirazione giapponese contemporanea in collaborazione con lo chef Yasunari Okazaki – in foto), Sushi Yoshinaga di Tomoyuki Yoshinaga e Blanc di Shinichi Sato, entrambi a Parigi, L’Auberge de Saint-Rémy – Fanny Rey & Jonathan Wahid a Saint-Rémy-de-Provence.
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