Mentre la guida Michelin si appresta a festeggiare i suoi primi 20 anni nella Grande Mela, la Rossa nella cerimonia che per il secondo annuo ha riunito New York, Chicago e Washington D.C., accoglie un nuovo ristorante nell’Olimpo delle Tre Stelle. Niente cucina francese, giapponese o italiana, è un locale che propone cucina coreana.
No, non si tratta dell’arcinoto Atomix – fermo alle due stelle – ma di Jungsik, dello chef/proprietario Yim Jung Sik che insieme all’Executive Chef Daeik Ki è il nuovo portavoce della soft power sudcoreana che conquista consensi in tutto il globo ben più di quanto faccia la politica ufficiale. K-pop, K-Beauty, K-Drama e soprattutto K-food sono le armi sempre più affilate che la Corea del sud dispiega per conquistare il suo posto nelle società più occidentalizzate ma ha già fatto proseliti nel far east. La gen Z ama la cucina coreana e non solo quella, e molti chef trovano ispirazione nelle preparazioni tipiche local e nei sapori caratteristici, diffusi anche e soprattutto da una manciata di grandi ristoranti che hanno saputo alzare il tiro rientrando a pieno titolo nei contorni dell’alta ristorazione. Da Jungsik gli immancabili banchan iniziali hanno carattere ed estetica raffinatissimi, le cucina impeccabile racconta l’evoluzione di una cultura gastronomica di cui kimchi e galbi sono solo le punte di un iceberg che vale la pena conoscere, soprattutto se interpretate con originalità e grande classe.
Jungsik si unisce dunque a insegne iconiche come l’Eleven Madison Park (in foto) di Daniel Humm (ormai separato da Will Guidara), talmente leggendario da aver meritato un doc in occasione della sua ristrutturazione, qualche anno fa (e che ha ridefinito i canoni dell’alta cucina, con la sua chiacchieratissima svolta vegetale), Per Se di Thomas Keller (anche qui uno dei due menu proposti è veg), il classicissimo Le Bernardin di Maguy Le Coze e Eric Ripert (da 30 annipunto di riferimento per la cucina di pesce di impronta francese, pure se anche qui il vegetale ha ormai conquistato un intero menu), e il giapponese Masa, omakase dello chef Masa Takayama che offre nigiri con foie gras, e altri con tartufi bianchi e neri, perle di caviale Osetra. Pensare che un nuovo tre stelle è in città e non propone cucina italiana, francese o giapponese, ma coreana, è davvero il segno di una rivoluzione.
La grande mela festeggia anche tre nuovi due stelle (che fanno salire a 14 il totale dei bistellati): César di César Ramirez (cucina contemporanea) e Chef’s Table at Brooklyn Fare dove operano gli chef Max Natmessnig and Marco Prins e Sushi Sho, omakase di Keiji Nakazawa, regno di ingredienti invecchiati, fermentati e marinati con grandissima perizia.
N?ksu
Sono ora 55 i ristoranti con una stella, grazie alle new entry: Shota Omakase di Cheng Lin e Bar Miller, omakase dello chef Jeff Miller che presta grande attenzione alla sostenibilità delle materie prime, molte locali; i ristoranti francesi Café Boulud dello chef Daniel Boulud e La Bastide by Andrea Calstier; il messicano Corima dello chef Fidel Caballero con le sue famosissime tortillas, il cinese contemporaneo e contaminato YingTao di Bolun Yao con lo chef Jakub Baster. Due i locali di cucina coreana, a confermare la sempre crescete rilevanza di questa cucina (su un totale di 17 tipi di cucina nei ristoranti stellati): Joo Ok con il suo inconsueto ingresso da un montacarichi che sale per 16 piani e N?ksu dello chef Dae Kim (in foto) che – al contrario – è al piano interrato, nascosto in una stazione della metropolitana a Herald Square, in piena Koreatown. Mentre One White Street riceve la stella verde, che ne premia la filosofia from farm to table, grazie al lavoro di concerto con l’azienda agricola Rigor Hill Farm nella Hudson Valley.
Se anche New York ha fatto come prevedibile la parte del leone (con una selezione di 385 ristoranti) la guida ha distribuito riconoscimenti anche a Chicago e Washington. Chicago (che conta un totale di 112 ristoranti selezionati e 35 tipi di cucina, con i tre stelle Alinea e Smyth e i due stelle Ever e Oriole) ha avuto un nuovo ristorante premiato con una stella, il messicano Cariño (in foto) dello chef Norman Fenton.
Due ristoranti ricevono per la prima volta una stella a Washington dove i locali inseriti in guida sono 116: sono Mita (in foto), con la sua cucina vegetariana di impronta latinoamericana (brasiliana, boliviana e colombiana) degli chef Tatiana Mora e Miguel Guerra e Omakase at Barrack’s Row dello chef Yi “Ricky” Wang, formatosi con Nakazawa prima di gestire dei pop-up, e ora insediatosi in questo spazio industrial-chic. Green star per Oyster Oyster, locale di cucina vegetariana contemporanea dello chef Rob Rubba che lavora cn piccole aziende biologiche che praticano agricoltura sostenibile mentre alcune erbe e verdure arrivano dritte dal proprio orto, il resto lo fanno un approccio zero waste, l’attenzione per l’ambiente, a partire dalla riduzione della plastica e il riuso l’olio di cottura esausto (che diventa cera per candele).
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