«Ai giovani consiglierei che prima di essere creativi bisogna saper fare i conti, guidare la sostenibilità economica del ristorante». A dirlo all’Ansa è stato lo chef Ferran Adrià, fondatore del pluripremiato e pioneristico ristorante elBulli che dalla città di Roses, in Catalogna, ha diffuso la cucina molecolare nel resto del mondo. Secondo il cuoco spagnolo, l’alta cucina «è altamente sfidante, roba da 5-6 campioni al massimo come l’Americàs Cup che si terrà a ottobre in Nuova Zelanda dopo la sfida tra pochissimi equipaggi, tra cui Luna Rossa, in corso a Barcellona per la finale della Louis Vuitton Cup. A fronte di questo ristretto numero di cucine in grado portare innovazione alla cultura gastronomica mondiale, un mestiere elitario quindi, c’è un 99% di chef e cuochi che mediaticamente si presentano come creativi, spesso trascurando la cucina di tradizione. Ma la ristorazione è soprattutto fare impresa, un settore che con l’indotto arriva ad esprimere il 33% del Pil in Spagna».
Adrià, che in questi giorni si trova in Italia, ha parlato anche della nostra cucina durante la seconda edizione di Nutrire l’incontro che si svolge a Roma: «Quella italiana è oggi ad alto livello, ed è logico, naturale che l’Italia punti al riconoscimento Unesco. Non ci dovrebbe essere discussione, e sarebbe inoltre bene che Spagna, Francia, Italia e Grecia facciano squadra come paladini a difesa del grado di civilizzazione apportato dalla cultura gastronomica mediterranea». Oggi alla presidenza di elBullifoundation, Adrià ha sintetizzato dieci anni di ricerca per codificare le migliori espressioni del movimento gastronomico «con metodologia Sapiens, laddove il contributo dell’AI al momento copre appena il 20% delle nozioni. Un contributo che potrà crescere, speriamo a tutela della cucina di tradizione che si sta perdendo perché non considerata molto sui social, media e chat di settore».
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