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I dessert si fanno con il pesce, l'ultima moda dell'alta cucina arriva da Parigi (e non solo)

Caviale, bottarga, scaglie e non solo: da Singapore a Berlino, a Santiago del Cile i dessert si fanno con il pesce

  • 18 Febbraio, 2024

L’ultima tendenza in fatto di dessert è il pesce. Almeno per l’alta cucina. Nei migliori ristoranti del mondo, da Singapore a Berlino, da Santiago del Cile a Parigi, molti chef si stanno cimentando in una versione a dir poco inattesa del dolce. Non è una novità assoluta, ovviamente, basti pensare a ElBulli dove Albert Adrià preparava un piatto utilizzando una lisca di pesce croccante e zucchero filato.

Il dessert con il pesce: il caviale

La parte del leone la fa il caviale: ingrediente feticcio che spesso valica il confine sempre più labile tra salato e dolce. Lo usano in tanti: René Frank di Coda, dessert restaurant di Berlino, impiega ingredienti tradizionalmente appartenenti al mondo salato: pomodori, melanzane, ma anche shitake fermentati e uova di pesce: «Se uso quelle di gallina perché non posso usare quelle di pesce?». Il caviale dà note sapide e iodate: lui usa l’Osietra per rivestire un gelato con lo stecco, gusto vaniglia e topinambur con un cuore di ganache alle noci e copertura di cioccolato (foto di copertina di Claudia Gödke). Sembra un Magnum con palline di cereali al cacao, invece è caviale.

21_02_NOMA_OCEAN_Quince_amazake_oyster. Foto: Ditte Isager

Gelato di mela cotogna e riso fermentato con ostrica e caramello. Noma. Foto: Ditte Isager

Nella Ocean Season 2024 del Noma, poi, c’è la Crostata di latte di nocciole crude, farcita con olio di alghe, caviale e scorza di bergamotto. Non è il primo dolce con il pesce di René Redzepi, nella Ocean Season 2022 c’è stato il gelato di mela cotogna e riso fermentato con ostrica e caramello.

Oolong Tea and Good Memories

Oolong Tea and Good Memories. KOAN

Al KOAN di Copenaghen Kristian Baumann, danese di origine coreana, mixa tecniche nordiche e sapori orientali, l’Oolong Tea and Good Memories è un desserts storico, un soufflé al tè oolong, accompagnato da un gelato alle alghe tostate, con olio di nocciola e caviale.

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Chocolate tart caviar. Foto:  JustinDeSouza

Larry Jayasekara al The Cocochine di Londra, che aprirà in primavera a Mayfair, avrà in menu la Chocolate tart caviar: base leggera simile a un biscotto, crema al cioccolato e uno strato di caviale, con crumble e gelato alla crème fraiche. Anche la pastry chef Aurora Storari ha familiarità con questo prodotto: lo aveva inserito in alcuni dessert di Le Clarince a Parigi, ma nel nuovo progetto condiviso con Flavio Lucarini si spinge oltre: da Hémicycle ci sarà anche un dessert dining in cui darà un’accelerata al suo lavoro sul dolce «il concetto è quello di un pasto a 360 gradi, formulato come un classico degustazione». Il suo paniere è ampio, le tecniche quelle della pasticceria: alghe dissalate leggermente candite, pelle di pollo laccata con il miele – «dà il grasso e il croccante» – tra le proposte un riso cotto nel latticello di recupero del burro home made, mix tra risotto nostrano e risolatte francese, con una nota molto acida, riduzione di panna di fattoria con il 5% zucchero, usata come burro acido di matecatura al levistico. Servito come un risotto, con pistacchi sabbiati e riduzione di barbabietola agrodolce, ha una percezione di base dolce, per le note lattiche, «mi serviva una nota salata: ho pensato bottarga fresca, non troppo stagionata con un leggero retrogusto amaro».

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La frollatura del pesce

In Spagna ovviamente c’è Angel Leon, el chef del mar, che da Aponiente esplora il mondo subacqueo in cerca di meraviglie e di nuove potenzialità gastronomiche legate al mare, frammentando sempre più l’equazione cucina di mare = cucina di pesce. Lo affianca la pasticcera Idoia Lacambra (con lui anche sul palco di Madrid Fusion in una dettagliata lezione sulla pasticceria di pesce), che lavora sul lato dolce della cucina di mare impiegando in modo innovativo tutti gli scarti del pesce del ristorante. Il grasso sgocciolato e decantato per 24 ore si usa per emulsionare il cioccolato in una foresta nera, per una ganache.

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Dessert di Aponiente. Foto: Madrid Fusion

Le scaglie bollite 4 volte, cotte in uno sciroppo e fritte sono usate in barrette con mandorle e sesamo ricoperte di cioccolato, o in una classica torta di San Marcos con bottarga. La cornea degli occhi bolliti, se liofilizzata sa di popcorn.

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Dessert di Aponiente. Foto: Madrid Fusion

Per la pelle usa una deodorazione lattica, marinata con zucchero, cannella e un po’ di sale acquista una consistenza simile al mochi, una volta cotta si usa per un cannolo croccante, ripieno con burro montato di miso e soia e un crumble alle mandorle. Le ali dei calamari trasformate in sfoglie sottili, oleosi, immerse in tuorlo d’uovo e zucchero e coperte di polvere di yuzu, sono una sorta di digestivo, i granchi blu che stanno invadendo anche la costa di Cadice diventano frittelle, oppure – tenuti a bagno nell’anice per due giorni – sono usati in torta di Ines Rosales, con una pasta da croissant e spezie; il mosciame di tonno lavorato per tre settimane nel cacao viene usato in piccole sfoglie accompagnate da gelato alle spezie.

L’elenco è lungo, come lo è per Josh Niland, l’australiano che ha rivoluzionato la cucina di mare codificando la frollatura del pesce, in Fysh, la “seafood steakhouse” aperta a novembre 2023 all’Edition di Singapore propone un canelé con un tocco di caviale. Il locale, glamour come si conviene nella città stato, ripaga le aspettative di una clientela scafata e in cerca di costanti novità.

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Gelato di occhi di pesce

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In una puntata di Masterchef lo chef destò scalpore preparando tre piatti con un unico pesce, tra questi un lamington, tipico dolce australiano, pan di Spagna ricoperto di cioccolato e cocco in scaglie, qui sostituite proprio dal pesce, famoso anche il suo gelato con vaniglia e riso koshihikari realizzato a partire dagli occhi di pesce.

Seaweed lemon pie, caramelized luche and piure

Seaweed lemon pie, caramelized luche and piure

Spostandosi in Cile, Rodolfo Guzman offre una cucina endemica che è parte di un progetto di scoperta, catalogazione, tutela della materia prima locale, un approccio che unisce indagine scientifica e cucina, antropologia, psicologia, botanica creando un vero laboratorio di ricerca alimentare a tutto tondo. Il suo Boragò è una sorprendente immersione nei sapori indigeni di questo lembo di terra selvaggia, stretta tra le alture delle Ande e le profondità dell’Oceano Pacifico. Tra i suoi dessert ce ne è uno a base di frutti di mare, una specie locale estremamente floreale, «è quasi come un riccio di mare, ma molto più pungente molto diverso». Il dolce sembra una conchiglia, è a base di alghe caramellate, mela nera maturata 4 settimane come un blue cheese, e marmellata rossa di piure «sono strani frutti di mare molto antichi. La metà dei cileni lo odia. Noi li amiamo».

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