
Sarà il nuovo Dim Sum Bar a sancire l’inizio di una nuova fase per uno dei ristoranti cinesi più longevi della Capitale. In viale Jonio, zona Montesacro, Dao ha inaugurato nel 2011, con l’idea di offrire una tavola attenta alla tradizione in un ambiente però curato e versatile, moderno, minimale, adatto per un pranzo di lavoro o una cena romantica. Impegno premiato in passato con i Tre Mappamondi del Gambero Rosso – sinonimo di eccellenza per le cucine etniche – poi un po’ appannato per una parentesi che oggi sembra definitivamente lasciata alle spalle, ed è confermata dalla riconquista dei Due Mappamondi sull’edizione 2020 della guida Roma. Con queste premesse, e tenendo sempre a mente l’obiettivo del suo proprietario Jianguo Shu (“Ancora oggi la cucina orientale è sinonimo di basso livello. Con Dao voglio dare risalto alla cucina cinese degna della sua antichissima cultura”), Dao si rinnova nell’ambiente e nella formula, a partire dal 16 luglio, con la consulenza di Ginevra Consulting e la supervisione di Francesca Riganati.
Si comincia dal logo, ridisegnato per comunicare il cambio di passo, come annuncia pure il nuovo pay off “lieto stare”, ispirato da una poesia di Li Bai, poeta taoista cinese dell’VIII secolo. Dell’ampiezza (sono 120 i coperti a disposizione), il locale ha sempre fatto un punto di forza: ora, l’intervento dell’interior designer Cristina Campanini insiste su tappezzerie e colori evocativi della cultura tradizionale cinese. Parte dello spazio – 200 metri quadri in totale – però, è stato riservato al nuovo Dim Sum Bar, che accoglie gli ospiti all’ingresso, con tavoli in resina e piani in finto bronzo decorati a mano. Cuscini in velluto e seta vivacizzano l’ambiente, rendendo più confortevoli le sedute. Mentre un antico kimono e teli realizzati con foglie di bambù separano il bar dalla sala del ristorante, sempre affacciata sulla cucina a vista.
Ma come cambia, quindi, l’offerta di Dao? A pranzo e cena, i clienti troveranno lo stesso menu di sempre, tra grandi classici della cucina cinese, come l’anatra alla pechinese e interpretazioni moderne della tradizione, concertate dallo chef Lan Haijie.
Ma cambia la struttura della carta, che diventa più comprensibile anche per chi è poco pratico di cucina cinese, con la suddivisione in antipasti – tra wonton e Xiao Mai, involtini di farina di grano aperti in cima, tipici della dinastia Qing – primi piatti – dal riso di Yang Zou agli spaghetti di soia, con verdure, carne o gamberi – e secondi, di carne o pesce. Con la possibilità di scegliere tra una pancetta di maiale piccante con funghi cinesi, peperoni, cipolle e un branzino croccante con pinoli in salsa agrodolce.
La vera novità si esprime al meglio all’ora dell’aperitivo, nel Dim Sum Bar: 35 tipologie diverse di dim sum, tra involtini, baozi e ravioli, cotti al vapore o fritti, proposti come bocconi sfiziosi da assaggiare in abbinamento ai cocktail della drink list, che debutta in concomitanza con l’esordio del bar. L’idea è quella di offrire ai clienti una delle esperienze più autentiche della cucina cinese meridionale, quella del dim sum, nata in origine per accompagnare la cerimonia del tè, ma poi sdoganata in ogni momento della giornata. Caratteristica di questo assortimento di piccoli bocconi è quella di alternare pietanze cotte al vapore ad altre fritte consentendo al commensale di assaggiare un’ampia varietà di ripieni (salati e dolci) e consistenze.
Da Dao gli assaggi saranno proposti in cestini di bambù o piattini, valorizzando il ruolo di Wang Pingjiao, che realizza a mano, ogni giorno, involtini, baozi e ravioli, ripieni di carne, pesce o verdure.
Come gli Jaozi, a forma di antica moneta cinese e quindi ritenuti di buon auspicio, farciti con maiale (3,5) o gamberi (4), come si usa nella Cina del Nord, ma anche con perle d’astice (5), branzino e impasto al nero di seppia (4). Ogni porzione comprende 3 pezzi, da condividere con gli altri commensali. O i Wonton (4,5), fritti o al vapore, che racchiudono il ripieno all’interno di una sfoglia sottile di farina, uova, acqua e sale (probabilmente i ravioli cinesi più famosi nel mondo, e in Italia, dove da qualche anno aprono anche locali monoprodotto dedicati a questa specialità, vedi Ravioleria Sarpi a Milano). E ancora Baozi ripieni di carne di maiale alle cinque spezie (3.5 per un pezzo), o Xiao Mai, anche nell’originale variante con capesante, guarniti con uova di pesce volante (4,5 per tre pezzi). Senza escludere proposte più particolari, come la pizza cinese alla griglia, con farina di grano, verdure fermentate e carne (6). Da bere, tra i cocktail proposti in abbinamento (tutti a 7 euro), il Sunset Mule fatto con il Moutai, succo di lime, succo di fragola e ginger beer, il Bocciolo di Rosa con spumante, acqua di rose e lychee, il Lychee Lime Fizz, con vodka, sciroppo di zucchero, lime, foglie di menta, soda e lychee. Al beverage presiede la sommelier Hiromi Nakayama. Ma si può ordinare anche uno dei numerosi tè in carta, per tornare alle origini del rituale del dim sum.
Dao – Roma – viale Jonio, 328-330 – daorestaurant.it
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