L’alta cucina è un lusso, un extra. Roba per benestanti o per palati curiosi, per chi a un guardaroba nuovo preferisce una cena nel locale novità dell’anno. Di alta cucina si parla sempre tanto e il dibattito resta aperto, quel che è certo, però, è che resta un mercato di nicchia.
Eppure, i dati di bilancio dei grandi ristoranti parlano chiaro, e i conti in questo caso tornano eccome. È l’inchiesta di Milano Finanza a fare luce sull’argomento, con il supporto di Jfc, società di consulenza turistica e territoriale che fornisce i numeri: nel 2002, il fatturato dei ristoranti stellati è cresciuto del 26%, passando da 259 a 327 milioni di euro, che segnano un prima e dopo pandemia. Un aumento significativo, soprattutto considerando la crisi che ha investito il settore in tempo di Covid, tra chiusure e ristrettezze varie. Nel dettaglio, i ristoranti con una stella hanno registrato 259.9 milioni di euro, quelli con due stelle 47.12 milioni e i tristellati 11 milioni. Numeri ben più alti rispetto ai risultati precedenti. Naturalmente, l’inflazione gioca un ruolo fondamentale in questa analisi, considerando che tra il 2019 e il 2022 c’è stato un incremento dei prezzi per i ristoranti con una stella del 23.4% (26% per due stelle e 17.3% per tre stelle).
Massimo Bottura. Foto: Paolo Terzi
Maggior margine di guadagno per chi si attesta a una sola stella, quindi: stessa clientela alto spendente, ma costi più contenuti rispetto ai colleghi bi o tristellati. Che stanno vivendo comunque un periodo florido: la famiglia Cerea di Da Vittorio nel 2022 ha sbaragliato la concorrenza con un fatturato di 40 milioni di euro, cifra ampiamente superiore ai tempi pre-Covid, e ben più alta di quella raggiunta da Massimo Bottura, che lo scorso anno ha chiuso con 17 milioni di euro, 7 di più rispetto al 2021. Terzo gradito del podio per i ristoranti più di successo (economicamente parlando) spetta al gruppo Alajmo, con un giro d’affari di 16 milioni. Buoni passi avanti anche per Bartolini e l’Enoteca Pinchiorri, che sono passati da 2 a 5 milioni di euro, più contenuta invece la crescita di Uliassi, che ha comunque chiuso l’anno in positivo passando da 2 a 3 milioni.
Fuori gara, lo chef Heinz Beck: la sua Pergola fa parte dell’Hotel Rome Cavalieri, che nel 2022 è passato da 25 a 58 milioni di fatturato. Un caso non isolato, quello dello chef della Capitale: tanti chef di alta cucina hanno coniugato ristorazione e accoglienza. Un esempio è Villa Crespi nell’omonimo hotel, oppure Piazza Duomo ad Alba con le sue camere, l’esperienza del Reale Casadonna di Niko Romito, imprenditori che possono fare affidamento anche su questo aspetto, che richiede sì dei costi maggiori ma che comporta anche guadagni diversi. A proposito di costi, aumento, e caro-prezzi: nessuno è immune, nemmeno le star dell’alta ristorazione, che sono anzi i professionisti che più di tutti investono nella qualità. Basti pensare che nel 2021 Antonino Cannavacciuolo ha speso 2.5 milioni di euro solamente per le materie prime, stessa cifra che ha poi destinato anche al personale. E il futuro? Sembra che il 2023 sarà un anno migliore del precedente, soprattutto grazie alla tanta clientela internazionale, americani in primis.
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