Si chiama L’Aurum il ristorante d’autore de L’Albereta, in Franciacorta. Laurum come alloro, di cui la collina in cui si inserisce la struttura è ricca, ma L’Aurum anche come oro, a tracciare un richiamo con il Maestro della cucina italiana che qui era di casa, quel Gualtiero Marchesi che inventò il risotto con foglia d’oro cambiando per sempre la visione della cucina italiana. E che oggi trova uno dei suoi (molti) allievi alla tolda di comando. Classe 1990, Alberto Quadrio è il nuovo chef del L’Albereta. I suoi inizi furono con Marchesi – «ricordo perfettamente quando mi accolse alla porta» dice – poi all’estero: Ducasse, Narisawa, Castro, per poi rientrare a casa, a Gattinara e poi al Portrait di Milano, dove la sua pasta in bianco fece scandalo. È stata l’ultima tappa prima dell’approdo in Franciacorta, nella cucina che è stata di Gualtiero Marchesi e di Fabio Abbattista poi (oggi alla prova in solitaria con Abba).
L’Albereta è un edificio di fine ‘800 sulla collina Bellavista trasformato in resort da Vittorio Moretti. Un Relais & Châteaux che ospita diversi outlet gastronomici, dal casual il Leonefelice vista lago, che offre una cucina di facile lettura, immediata e molto dinamica, grazie agli orti che suggeriscono quiotidiani fuori menu, all’healty restaurant dell’Espace Chenot Health Wellness SPA, dalla Filiale, residenza franciacortina di Franco Pepe (tra le migliori pizzerie d’Italia secondo guida del Gambero Rosso), al cocktail bar Stanza 54; e poi c’è L’Aurum, 8 tavoli in uno spazio appena rinnovato: oggi ancora più chiari, luminosi, con la grnde vetrata che crea una continuità tra interno ed esterno e il grande specchio che amplifica l’impressione di essere dentro alla natura, in piena coerenza con la proposta gastronomica. Una cucina del qui e ora, perché racconta il territorio e perché non è frutto di ricordi nostalgici ma esprime una realtà contemporanea sulla scorta delle proprie radici. Quadrio, con un team di 20 persone tra cui il sous Ferdinando Giovetti e la pasticcera Camilla Guarnieri, ha la responsabilità di tutto, dalla colazione al presente lasciato agli ospiti perché portino un po’ di Albereta con sé una volta tornati a casa, con l’idea di tracciare un filo rosso tra tutti gli spazi, pur lasciando a ognuno la propria identità (e qui l’esperienza con Monsieur Ducasse ha il suo peso). Il mandato, pienamente condiviso, è di portare nel piatto quest’angolo d’Italia, rafforzando il dialogo tra ristorante e collina.
Il punto di partenza è il territorio, indagato nei suoi frutti migliori: il vegetale, proveniente dagli orti di proprietà, il pesce d’acqua dolce – «lo prendiamo da Soardi spesso lo peschiamo insieme, per esempio per il coregone preferiamo le femmine che serviamo con le uova essiccate e crema acida di noci di macadamia e olio limoncello» – la pecora gigante bergamasca. «I capi li scegliamo noi direttamente al pascolo così che abbiano esattamente le caratteristiche di grasso che ci interessano». Gli animali si lavorano interi, anche per rispettare il lavoro dei fornitori, compagni di viaggio (correttamente nominati in menu) con cui si condivide anche una parte di lavoro. Così il territorio si trasferisce in cucina per costruire un racconto contemporaneo ma rispettoso della storia di questi luoghi, a partire dal set di benvenuto che richiama il Parco delle Sculture di Franciacorta, il museo en plein air di casa Moretti.
La cucina è legata alle microstagioni, quelle che l’orto esprime di giorno in giorno, alla voglia di tradurre in linguaggio contemporaneo certi canoni classici, così è per Pomodori à la presse, l’insalata di 10 varietà di pomodori, condita con succo concentrato di pomodoro bruciato e passato alla presse. «Una presse de canard che diventa presse del tomarte» fa Quadrio. Oppure nell’omaggio a Gualtiero Marchesi con la foglia d’oro sul peperone apparente, in realtà una anguria cotta alla brace per 24 ore e poi riposata sotto le braci per altre 24 ore. Non manca il risotto oro e zafferano, ma con un tocco di Piemonte, «l’abbiamo chiamato Risotto L’Aurum, per rispetto al signor Marchesi» spiega Quadrio; lo zafferano in salsa circonda il riso color tortora, mantecato con burro di sardina di Montisola, com qualche pagliuzza d’oro al centro, poi le verdure usate in un dripping di marchesiana memoria, a creare un contrasto caldo freddo in una bagna cauda moderna (e senza aglio), «Marchesi diceva che alcuni impiattamenti sembrano quadri, dava quella parte poetica che per un ragazzo di 19 anni come me faceva capire la grandezza del maestro. La sua cucina – continua – è ancora oggi estremamente attuale». L’insegnamento del Maestro è presente in ogni cosa, dai piatti alla visione, dall’idea complessiva di una cucina che è cultura e progetto, come nel caso del menu stampato su carta di foglie di alloro, prodotta dalla storica cartiera di Toscolano Maderno a sottolineare ancora una volta il ruolo del territorio con i suoi beni. Tra questi il vino ha un ruolo da protagonista. E la cantina del L’Aurum ne è fedele espressione: i vini di Franciacorta (e non solo delle aziende dei Moretti) sono rappresentati in modo ampio, anche con due percorsi di abbinamento ai tre menu (Connesisoni, 8 portate, Dialogo da 5, Spunto da 3) ma non manca anche un pairing analcolico firmato da Luca Bisso di Stanza 54, eredità dell’esperienza di Quadrio al Geranium. L’Albereta ha trovato di novo il suo fine dining che guarda alla futuro senza scordare il proprio passato.
L’Albereta Relais & Châteaux – Erbusco (BS) – via Vittorio Emanuele, 23 – www.albereta.it
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