Il legame tra il territorio oggi delimitato tra i confini regionali del Lazio e l’ulivo affonda le radici nei millenni passati. Sono moltissimi, infatti, i reperti archeologici che testimoniano la presenza della pianta nell’areale laziale già a partire dal VII secolo a.C., come ad esempio vasi di diverse dimensioni destinati alla conservazione di olio per uso alimentare. Se i popoli Etruschi e Sabini sono stati i primi ad approcciare alla cura della pianta e alla lavorazione delle olive, ai Romani si deve la diffusione dell’olivicoltura in tutto il bacino del Mediterraneo e il miglioramento delle tecniche colturali. Già nel I secolo d.C. Plinio Il Vecchio, nella sua opera Naturalis Historia, spiegava come approcciare a tecniche agronomiche opportune e come produrre un olio di qualità. Da lì si cominciarono a stabilire quale fosse l’olio di migliori qualità e quindi si approcciò alle prime classificazioni merceologiche. Un elemento per capire l’importanza dell’olio a Roma è dato dal Monte de’ Cocci, un sito archeologico unico al mondo dove sono state ammassate circa 53 milioni di anfore di terracotta destinate alla conservazione dell’olio nel III secolo d.C. e oggi alto 36 metri.
Il Lazio è caratterizzato da terreni collinari di origine vulcanica, prevalentemente tufaceo argillosi a nord e calcareo rocciosi a sud, che ospitano molte varietà autoctone (Itrana, Carboncella, Caninese, Rosciola per citarne alcune tra le più diffuse), integrate da varietà tipiche dell’Italia centrale. Per quanto riguarda l’ultima campagna olearia non si può certo parlare di un’annata positiva a livello quantitativo. Le piogge primaverili hanno influito negativamente sulla fioritura soprattutto sulle zone interne e in generale si è riscontrata una produzione a macchia di leopardo. Questo non ha fermato i tanti produttori che ormai da anni hanno deciso di puntare tutto sulla qualità e che anche quest’anno si sono distinti per produzioni d’eccellenza ben evidenziate nell’ultima edizione della guida Oli d’Italia del Gambero Rosso.
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La più autorevole guida del settore dell’enologia italiana giunge quest’anno alla sua 37sima edizione. Vini d’Italia è il risultato del lavoro di uno straordinario gruppo di degustatori, oltre sessanta, che hanno percorso il Paese in lungo e in largo per selezionare solo i migliori: oltre 25.000 vini recensiti prodotti da 2647 cantine. Indirizzi e contatti, ma anche dimensioni aziendali (ettari vitati e bottiglie prodotte), tipo di viticoltura (convenzionale, biologica, e biodinamica o naturale), informazioni per visitare e acquistare direttamente in azienda, sono solo alcune delle indicazioni che s’intrecciano con le storie dei territori, dei vini, degli stili e dei vignaioli. Ogni etichetta è corredata dall’indicazione del prezzo medio in enoteca, delle fasce di prezzo, e da un giudizio qualitativo che si basa sull’ormai famoso sistema iconografico del Gambero Rosso: da uno fino agli ambiti Tre Bicchieri, simbolo di eccellenza della produzione enologica. che quest’anno sono 498.
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