“I ragazzi che vengono alla nostra scuola non conoscono il cibo. Vivono in famiglie non particolarmente abbienti, frequentano questi corsi in cui possono formarsi gratuitamente, ricevono anche i libri gratuitamente. Soprattutto i ragazzi che vivono in città sono abituati a mangiare wurstel, hamburger a basso costo, petto di pollo e pasta acquistati ai discount e pomodori ai prezzi minimi che trovano… Al massimo si concedono il fast food ogni tanto. Fanno in parte eccezione, per la mia esperienza – ma ne vedo tanti – i ragazzi che vivono in famiglie maghrebine dove in genere le madri cucinano in maniera più sistematica e allora il cibo risulta più complesso e con una storia più radicata”. Il racconto è di Maurizio Camilli, cuoco a Torino alla Piazza dei Mestieri dove gestisce la formazione, il ristorante gourmet, la panetteria e la birreria con annesso birrificio. Una fondazione che punta all’inserimento nella società di persone svantaggiate attraverso la formazione e l’avviamento lavorativo: ogni anno circa 5.000 ragazzi passano dalle strutture di Torino, Milano, Catania per imparare un mestiere e trovare un lavoro. Ecco, sembra questa la migliore risposta al ministro Francesco Lollobrigida quando dice che in Italia i poveri spesso mangiano meglio dei ricchi.
Il 30% degli italiani fa spesa al discount
Forse il ministro-cognato (di Meloni) ha in mente una visione bucolica e idealizzata dell’antica realtà contadina in cui si consumavano prodotti della terra “seri”? Ma forse il ministro non sa quanta povertà e quanta fame ci fossero nelle nostre campagne ancora nel secondo dopoguerra: quando un’aringa appesa al centro del tavolo doveva bastare una settimana per strofinarci una fetta di polenta fredda da insaporire. E non sa, il ministro, neppure che quest’anno un italiano su tre sceglie di fare la spesa in un discount (sondaggio AstraRicerche aprile 2023). Nulla di male, per carità: ma certo non trovi il pollo allevato libero, non trovi la pasta artigianale da 6-7 euro al chilo, né i formaggi di malga e neppure quelli animali alimentati a erba.
In fila alle mense Caritas: +12,5%
Il ministro, poi, non sa neppure – forse – che nel 2022 le persone che hanno chiesto aiuto a parrocchie o centri diocesani sono cresciute del 12,5%. Sono in maggioranza donne. Aumentano le persone che non arrivano a fine mese pur avendo un lavoro (rapporto Caritas 2023). Le persone aiutate dalla Caritas nel 2022 sono state 256 mila: il 51,9%, vive al Nord, il 27 nel Centro e il 21,1 al Sud. Quasi il 30% di queste persone è seguito dalla rete Caritas da più di cinque anni. Sono stati erogati 3,4 milioni di aiuti e interventi. E non sono solo stranieri: il 40% è fatto di italiani. E sono aumentate anche le persone senza fissa dimora. La povertà è trasversale. Anche chi ha un titolo di studio è a rischio povertà, ma resta alto il rapporto fra indigenza e bassa scolarizzazione. Il 48% di chi chiede aiuto è disoccupato e inoccupato, ma un quinto delle persone ha un lavoro. «Molti – dicono dalla Caritas – si rivolgono a noi nonostante abbiano un'occupazione che è spesso sottopagata e precaria. Oltre al salario, pesa il caro affitti e il caro bollette: si tratta di una povertà multidimensionale e questo non ci lascia intravedere un futuro molto roseo». Dati avvalorati – se ce nefosse bisogno – anche dal bilancio dell’Opera San Francesco: quest’anno a Milano, rispetto ai primi tre mesi del 2022, in via Kramer e in piazzale Velázquez sono aumentate del 40% le persone, italiane e straniere, in fila ogni giorno per un pasto. Ma si sa, in Italia i poveri, le persone meno abbienti, mangiano spesso meglio dei ricchi.