World's 50 Best Restaurants 2019. Come cambiano le regole
L'ultimo fotogramma dell'anno scorso, a Bilbao, ritraeva un sorridente Massimo Bottura affiancato da Lara Gilmore, felici per aver riportato all'Osteria Francescana il trofeo più ambito. Ma che quest'anno la cerimonia della World's 50 Best Restaurants sarebbe stata diversa, era una garanzia annunciata da tempo. Perché il palco di Singapore, scelto per ospitare l'edizione 2019 del premio dedicato all'alta ristorazione internazionale, non avrebbe visto trionfare Bottura, né i colleghi che con lui, in questi anni, hanno condiviso la gioia di salire sul gradino più alto del podio (Heston Blumenthal per il Fat Duck, Thomas Keller per The French Laundry, i fratelli Roca e Daniel Humm, oltre a Ferran Adrià, vincitore della prima edizione nel 2002). Per scelta dell'organizzazione, che qualche mese fa ha deciso di cambiare le regole: spazio alle “nuove” leve, i campioni del passato accedono di diritto alla Best of the Best, Hall of fame che riunisce il gotha della gastronomia mondiale secondo la classifica che ha saputo imporsi più di ogni altra, a livello internazionale, per prestigio e fama trasversale (non occorre essere addetti ai lavori per averne sentito parlare almeno una volta). Tutti, tranne René Redzepi, che pure in passato ha raggiunto la vetta, ma oggi si trova a competere con il Noma 2.0, dopo l'anno di stop del 2018. Che questa sia una scelta sensata – perché in fondo sempre della stessa idea di cucina stiamo parlando – è opinabile.
World's 50 Best Restaurants 2019. Cambia anche la giuria: ma cosa premia la classifica?
Inoltre, la top 50 che ci troviamo a commentare oggi, appena svelata nella notte del Sands Theatre di Singapore, è frutto di un sostanziale rimaneggiamento dell'Academy riunita da William Drew, in nome della parità di genere, con un numero di giurate donne pari a quello degli uomini. Una strategia per allentare la polemica sulla ridotta presenza di donne chef in classifica (come se le giurate donne fossero necessariamente più propense a votare chef donne, mah. Quest'anno fanno l'ingresso in top 50 Leonor Espinosa e Dominique Crenn, mentre sale di dieci posizioni Ana Ros), che fa il paio con la scelta, altrettanto discussa, di continuare a riservare un premio al merito del talento femminile, quasi considerandolo categoria protetta (quest'anno la Best Female Chef, già annunciata, è Daniela Soto-Innes, e donna è anche la Best pastry chef, Jessica Prealpato, dalla brigata di Alain Ducasse). Ma, inevitabilmente, anche una decisione capace di scardinare equilibri rimasti pressoché invariati negli ultimi anni, fatta eccezione per poche insegne emergenti premiate di tanto in tanto.
Pur non sottovalutando quella che resta una considerazione sempre valida: la World's 50 Best non si limita a premiare il talento in cucina, tenendo invece conto della mediaticità degli chef, e della loro capacità di proiettarsi sulla scena internazionale, da manager e comunicatori capaci, oltre che come cuochi d'esperienza. Con quanto ne consegue in termini di investimenti in pubbliche relazioni da parte degli stessi chef, meccanismo che innesca pure un controverso (e assai dispendioso, per i ristoranti) circuito di inviti e visite stampa, e fa profondamente dubitare dello sbandierato anonimato dei giurati.
World's 50 Best Restaurants 2019. 51-120
Anche così, probabilmente, si spiega la surreale esclusione dalla top 50 di Niko Romito, attualmente uno dei cuochi più influenti del mondo, che l'anno scorso risaliva col suo Reale fino alla 36esima posizione, e stavolta è il primo degli esclusi, al numero 51, nella parte bassa della classifica, che finisce per estendersi fino al 120esimo piazzamento (in omaggio ai 120 di San Pellegrino, sponsor storico della manifestazione, che quest'anno vede per la prima volta tra i testimonial anche le bollicine italiane di Bellavista). Con lui, nel girone dei 51-120, c'è spazio anche per la prima volta di altri italiani: Mauro Uliassi (al numero 61), Riccardo Camanini (al numero 78, ma Lido84 vince anche il One to watch Award, come astro nascente della ristorazione internazionale), Luca Fantin (107, reduce dalla scalata dell'Asia's 50 Best), Norbert Niederkofler (116).
World's 50 Best Restaurants 2019. Il podio
All'altro estremo della classifica, con un balzo che ci fa tornare subito in vetta, il pronostico più incalzante della vigilia puntava su Mauro Colagreco, che un anno fa si piazzava terzo col suo Mirazur, frapponendosi alla triade che ora accede compatta alla Best of the Best (per gli “eroi” di quella che per alcuni versi ci sembra una gabbia dorata, William Drew chiama l'applauso in avvio di cerimonia). E lo chef italo-argentino di stanza a Mentone non delude le aspettative: è lui, che quest'anno ha conquistato anche le tre stelle Michelin, il primo ristorante in top 50. Colagreco, visibilmente emozionato, con la voce spezzata, sale sul palco facendo un discorso politico, all’insegna dell’apertura e dell'abbattimento dei confini. E omaggiando con quattro bandiere cucite tra loro le quattro nazionalità cruciali per la sua carriera e la sua vita: l’Argentina, dove è nato; l’Italia dove affonda le sue radici - da due anni è anche cittadino onorario di Guardiagrele, in Abruzzo, paese del suo bisnonno - e oltretutto patria di oltre la metà del suo team (il ristorante è esattamente sul confine tra Italia e Francia); il Brasile, Paese di sua moglie, e poi ovviamente la Francia, dove ha sede il Mirazur, e dove stanno crescendo i suoi figli. In nome di tre valori fondamentali: libertà, fratellanza, uguaglianza.
Seguono, sul podio, il nuovo Noma 2.0 di René Redzepi ed Asador Etxebarri di San Sebastian, protagonista di una bella ascesa, dal 10 al 3, dovuta però non tanto alle qualità - beninteso, eccellenti - di questo tempio della cucina alla griglia, bensì al fatto che lo scorso anno la premiazione si è svolta proprio nei Paesi Baschi. Questo ha permesso a molti giurati di visitare questa tavola e dunque ha consentito loro di votarla in ossequio alle regole del premio. Ed ecco spiegato il terzo posto. Per il resto è piuttosto conservatrice la seconda metà della top 10, fatta eccezione per l'ascesa del Geranium (dalla 19 alla 5, posto straordinario ma forse anche trainato dall'effetto Noma visto che molti giurati si sono recati in città e a quel punto hanno fatto l'abbinata) – si consolida così la posizione di Copenaghen sulla scena gastronomica internazionale - e della squadra di Disfrutar da Barcellona (dalla 18 alla 9).
World's 50 Best Restaurants 2019. L'Italia in top 50 tutta in discesa
Oltre all'uscita di Niko Romito, si segnala la discesa dei fratelli Alajmo, che quest'anno ottengono il 31esimo piazzamento per Le Calandre di Rubano (numero 23 nel 2018); e scende anche Enrico Crippa, l'anno scorso protagonista di un'incoraggiante ascesa fino al numero 16, quest'anno fermo alla 29esima posizione con Piazza Duomo. Per l'Italia, dunque, si configurano due tra le cadute più evidenti, insieme ad Ultraviolet di Paul Pairet, Blue Hill di Dan Barber, Quintonil di Jorge Vallejo e Le Bernardin di Eric Ripert.
World's 50 Best Restaurants 2019. New entry e scalate, chi festeggia
Diverse le new entry in top 50, che illuminano diverse città del mondo, dalla Bilbao del Nerua (per i Paesi Baschi entra come novità anche Elkano, un ristorante tradizionale che arrostisce pesci, collocato proprio in mezzo ai due italiani Alajmo e Crippa...) a Lisbona, per la cucina di Belcanto, a San Paolo del Brasile, dove la classifica premia per la prima volta A Casa do Porco. Con loro, festeggiano l'ingresso in classifica anche Benu, Surhing, The Chairman, Don Julio. Protagonisti di grandi risalite sono il parigino Septime di Bertrand Grebaut (dalla 40 alla 15) e il basco Azurmendi di Eneko Atxa (dalla 43 alla 14), salito in maniera verticale per gli stessi identici motivi che dicevamo sopra per Etxebarri.
World's 50 Best Restaurants 2019. La classifica
1 Mirazur, Mentone - FRANCIA
2 Noma, Copenaghen - DANIMARCA
3 Asador Extebarri, Atxondo - SPAGNA
4 Gaggan, Bangkok - THAILANDIA
5 Geranium, Copenaghen - DANIMARCA
6 Central, Lima - PERÙ
7 Mugaritz, San Sebastian - SPAGNA
8 L'Arpege, Parigi (Chef choice Award per Alain Passard) - FRANCIA
9 Disfrutar, Barcellona - SPAGNA
10 Maido - PERÙ
11 Den, Tokyo (Premio per l'ospitalità)
12 Pujol, Città del Messico
13 White Rabbit, Mosca
14 Azurmendi, San Sebastian
15 Septime, Parigi
16 Alain Ducasse a Plaza Athenée, Parigi
17 Steirereck, Vienna
18 Odette, Singapore
19 Twins Garden, Mosca
20 Tickets, Barcellona
21 Frantzen, Stoccolma
22 Narisawa, Tokyo
23 Cosme, New York
24 Quintonil, Città del Messico
25 Pavillon Ledoyen. Parigi
26 Boragò, Santiago del Cile
27 The Clove Club, Londra
28 Blue Hill at Stone Barns, Pochantico Hills
29 Piazza Duomo, Alba
30 Elkano, Getaria
31 Le Calandre, Rubano
32 Nerua, Bilbao
33 Lyle's, Londra
34 Don Julio, Buenos Aires
35 Atelier Crenn, San Francisco
36 Le Bernardin, New York
37 Alinea, Chicago
38 Hisa Franko, Caporetto
39 A Casa do porco, San Paolo
40 Tim Raue, Berlino
41 The Chairman, Hong Kong
42 Belcanto, Lisbona
43 Hof van Cleve, Kruishoutem
44 The Test Kitchen, Città del Capo
45 Suhring, Bangkok
46 The Librije, Zwolle
47 Benu, San Francisco
48 Ultraviolet by Paul Pairet, Shangai
49 Leo, Bogotà
50 Schloss Schauenstein (Premio per la sostenibilità), Furstenau
a cura di Livia Montagnoli